L'arresto del presidente del Consiglio regionale della Calabria

La notizia del clamoroso arresto del Presidente del Consiglio regionale della Calabria Domenico Tallini (Forza Italia), accusato dalla DDA di Catanzaro di una grave collusione con la cosca Grande Arcuri di Cutro (voto di scambio con il controllo del mercato dei farmaci in cambio di forti favori elettorali), non fa altro che confermare quanto il PCL sostiene da tempo.
Questa vicenda è strettamente interconnessa con la crisi sanitaria in Calabria, così che l’emergenza assume connotati di rilievo non solo sotto l’aspetto economico-sociale, ma sotto quello criminale dello strapotere mafioso che si serve trasversalmente di uno squallido ceto politico e di una burocrazia spesso corrotta.
In questo contesto per undici anni sono stati designati dai vari governi nazionali commissari di comodo la cui incapacità è stata permanentemente funzionale all’aggravamento della voragine sanitaria che ha provocato spreco di risorse pubbliche e crollo del servizio (leggi chiusura ospedali, etc.).
Il Partito Comunista dei Lavoratori, nel condannare duramente la pratica del commissariamento, non riconosce nessun titolo ad un ceto politico calabrese che vuole il ritorno alla normalità solo per riottenere mano libera in una scellerata gestione della spesa sanitaria.
Così si spiega la fretta di accelerare il voto regionale, forse per timori di ulteriori sviluppi dell’inchiesta giudiziaria.
Si disegna quindi uno scenario abominevole, emblema del collasso dell’intero sistema capitalistico.
La Calabria è una terra selvaggia, ma proprio per questo motivo le mezze misure non servono: l’impegno del PCL per la difesa della sanità pubblica non è un punto isolato, ma è al contrario un punto fondamentale di una prospettiva generale, quella di un’alternativa socialista.
Proprio perché la coscienza delle masse è oggi intorpidita, è più che mai necessario che il PCL, lavorando controcorrente, si rilevi all’altezza dei compiti.