Interventi

Le piazze della piccola borghesia e l'assenza del proletariato

Per una prospettiva di classe nella crisi sanitaria

14 Novembre 2020
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Nelle scorse settimane si sono susseguite in tutta Italia diverse manifestazioni sull'onda della protesta dei commercianti di Napoli, che la sera del 23 ottobre hanno manifestato contro il lockdown regionale che era stato annunciato da De Luca, avanzando la legittima richiesta di indennizzi a fronte delle chiusure.
Una protesta, quella di Napoli, che esponenti del governo hanno inizialmente liquidato come organizzata da settori criminali rispolverando una strategia comunicativa ormai nota. Fa da contraltare, inoltre, il tentativo del governo e di una parte dei media di mettere sullo stesso piano le manifestazioni negazioniste dei "no mask" e le manifestazioni spontanee che non negano l'esistenza della pandemia ma esprimono il legittimo rifiuto nei confronti di una serrata senza indennizzi e misure di sostegno.

In queste proteste emerge, però, il carattere contraddittorio tipico dei movimenti della piccola borghesia, che in assenza di un forte movimento operaio capace di influenzarla e dirigerla non può che avere come obiettivo quello di salvare sé stessa e la sua proprietà in quanto tale.
Sono piazze in cui c'è di tutto: lavoratori autonomi che si percepiscono come "imprenditori" senza di fatto esserlo davvero, piccoli commercianti che rischiano di finire sul lastrico e chiudere bottega, ma anche veri e propri padroncini il cui vero problema è la prospettiva di guadagnare quest'anno le cifre che di solito dichiarano al fisco, abituati ad approfittarsi della disperazione e della precarietà e a sfruttare nei modi più ingiusti e disonesti i propri dipendenti, che trascinano in piazza con sé.
Se oggi la classe operaia è priva di quella coscienza e di quell'organizzazione che le permetterebbe di esprimere un punto di vista autonomo nella società, la piccola borghesia si dimostra capace di imporre le proprie rivendicazioni immediate come temi all'ordine del giorno per il governo e l'intero paese. Ma se la richiesta di indennizzi in base al principio "se ci chiudi, ci paghi" è legittima, le piazze che si oppongono a ogni misura restrittiva e chiedono di tenere tutto aperto (posizione espressa ad esempio dalla manifestazione al Vomero, sempre a Napoli) confermano che esistono settori della piccola borghesia che oggi concepiscono i propri interessi specifici in aperta contrapposizione agli interessi generali della salute pubblica e dei lavoratori che non vogliono ammalarsi per il profitto dei padroni.

Spesso questa contrapposizione viene apertamente sostenuta con la narrazione che fa apparire tutti i lavoratori salariati, che da anni vedono decimati i loro diritti, come dei veri e propri "privilegiati" con la pancia piena, contrapposti agli imprenditori non garantiti che rischiano tutto mettendo in gioco il loro capitale. Una visione reazionaria che senza alcun dubbio è coerente con l'idea che la piccola borghesia ha di sé, e che in questi giorni trova ampio spazio nei media e nell'informazione.

Oggi il governo PD-M5S-LeU chiede nuovi sacrifici e insiste con la retorica sulla responsabilità individuale. Per settimane la movida è stata indicata tra i contesti a rischio, i giovani irresponsabili come principale veicolo del contagio. Una rappresentazione che si scontra con la realtà, fatta di trasporti affollati e insufficienti misure di sicurezza nei luoghi di lavoro. In fabbrica e nei magazzini si continua a lavorare e si continuerà a farlo anche in assenza di adeguate misure anti-contagio, perché i profitti non si devono toccare. Oggi si continua a viaggiare su metro, bus e treni affollati, perché non c'è alcuna volontà di assicurare un trasporto sicuro per chi è costretto a uscire di casa per andare al lavoro: nei DPCM si parla di tutto, tranne che dei problemi concreti che abbiamo visto e vissuto in queste settimane di preoccupazione.

Di fronte al rischio concreto di saturazione dei reparti ospedalieri e alla curva preoccupante dei contagi, il governo ammette che si tratta di un momento critico ma interviene con misure parziali nella speranza che il vaccino arrivi in fretta. Lo stesso Conte ha affermato che l'obiettivo di azzerare i contagi è "velleitario" e che le misure predisposte dal governo servono a contenere i contagi in vista di una ripresa dei consumi in prossimità delle vacanze natalizie. Ancora una volta a orientare le scelte politiche del governo in una situazione così delicata è la tutela dei profitti e della produttività. La tutela della salute collettiva e il contrasto efficace alla pandemia dovrebbero venire al primo posto, ma a farla da padrone sono considerazioni di opportunità per mantenere saldo il sostegno della Confindustria e delle organizzazioni padronali.
Nel frattempo tutte le misure di sostegno ai padroni varate dal governo, con conseguente aumento del debito pubblico, verranno scaricate direttamente sui lavoratori e gli strati popolari. La gestione della crisi sanitaria e dei suoi risvolti economici non è cambiata dall'inizio dell'emergenza. Per questo motivo oggi assistiamo agli stessi temporeggiamenti e alla stessa retorica, come un déjà-vu fatto di appelli alla coesione e al senso di responsabilità.

Occorre rispedire al mittente gli appelli all'unità nazionale, perché non siamo tutti sulla stessa barca; questi mesi di estrema difficoltà ce lo hanno dimostrato. Il governo chiede nuovi sacrifici, ma a pagare saranno sempre gli stessi, mentre i miliardari italiani in questa crisi hanno fatto affari d'oro aumentando i loro patrimoni e distribuendo dividendi da capogiro.
Se la situazione epidemiologica impone che si prendano delle misure contenitive, queste misure vanno prese. Il profitto dei padroni non è una scusa accettabile per non farlo, e in nessun modo il costo di queste misure deve essere scaricato sui lavoratori e sulle fasce popolari. Si predispongano un reddito di emergenza per i disoccupati, i lavoratori autonomi e i titolari di piccole attività, e tutte le misure necessarie a permettere ai lavoratori dei settori non essenziali di stare a casa con il pieno mantenimento del salario. Si prendano le misure necessarie per garantire davvero il funzionamento della didattica a distanza, e per tutti, per non ripetere il disastro che ha lasciato indietro migliaia di studenti. Si intervenga con un piano nazionale per i trasporti e la sanità, affinché non si ripetano le scene che tutti abbiamo visto. I soldi ci sono, basta fare delle scelte. Bloccare le spese militari folli, tassare i redditi miliardari, espropriare i grandi patrimoni che con la pandemia sono cresciuti. Nel pieno di un'emergenza di questa portata, sarebbe davvero il minimo.

Vincenzo Sardiello

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