Internazionale

Dove va il Cile?

La Costituzione di Pinochet è stata abrogata

29 Ottobre 2020
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Domenica 25 ottobre il referendum sull’abrogazione o meno della vecchia Costituzione di Augusto Pinochet ha riportato il 78,3% dei voti a favore del cambio, con un affluenza al voto del 51% (altissima nella tradizione cilena). È un risultato che esprime la forte domanda di svolta della grande maggioranza della società, a partire dalla classe operaia e dalla giovane generazione.

L’apertura del processo costituente è stato un sottoprodotto della grande sollevazione popolare che ha attraversato il Cile nell’autunno del 2019. “Il paese più stabile dell’America Latina”, come lo aveva definito il Presidente Piñera, fu attraversato in poche settimane da una crisi prerivoluzionaria. Innescata, come spesso accade, da un fatto apparentemente minore: il rincaro del biglietto dei mezzi pubblici. Quando il vaso è colmo basta una goccia a farlo traboccare. La sollevazione ha visto irrompere sullo scenario politico tutte le rivendicazioni sociali e politiche del proletariato cileno e delle masse oppresse del paese: aumento dei salari, calo dei prezzi dei servizi e dei generi di largo consumo, fine delle privatizzazioni nell’istruzione e nella sanità, diritto alle pensioni, rispetto dei diritti di genere, riconoscimento dei diritti delle popolazioni indigene (il 12,8% del paese). Le azioni repressive dei famigerati carabineros contro la protesta popolare (uccisioni, torture, stupri) hanno sollevato uno scandalo nell’opinione pubblica e hanno sospinto a più riprese il processo di radicalizzazione del movimento di massa, con ripetuti scioperi generali. La parola d’ordine “Via Piñera” ha unito sul terreno direttamente politico la domanda di rottura col passato.

Messo alle corde da una sollevazione che minacciava di travolgerlo, Piñera ha cercato di dirottare la pressione sociale su un canale istituzionale. Un itinerario apparentemente “democratico” che gli consentisse di guadagnare tempo e di salvaguardare il potere. L’operazione è riuscita grazie al cosiddetto “Accordo di pace” siglato dal grosso del Parlamento cileno, dai partiti di destra oggi al governo sino alle forze del centrosinistra, incluso il riformista “Frente Amplio”. Il PC stalinista – che esercita un controllo decisivo sulla Confederazione Unitaria dei Lavoratori – si è pudicamente “astenuto”. L’accordo di unità nazionale è stato celebrato naturalmente nel nome della democrazia. L’apertura del processo costituente è la concretizzazione dell’accordo. Per salvarsi da una rivoluzione reale è stata promessa una rivoluzione fittizia.

La convenzione che verrà eletta ad aprile al fine di redigere la nuova costituzione è già condizionata al piede di partenza da forti limiti sul terreno stesso della democrazia. Un terzo dell’assemblea avrà diritto di veto sulle decisioni, assicurando alla destra una possibile rendita di posizione. L’assemblea non potrà intervenire su materie economico-sociali, dove l’attuale Parlamento continuerà ad esercitare poteri sovrani. Anche i trattati internazionali, al pari degli apparati repressivi, saranno estranei alle sue competenze. I lavori della convenzione dureranno due anni. Nel frattempo sarà il Presidente Piñera che continuerà a governare, tenendo sotto controllo i poteri decisivi dello Stato.

Ma la domanda di svolta che si è espressa sul terreno referendario contro la Costituzione di Pinochet rappresenta, ciò nonostante, un problema per la borghesia cilena. Milioni di cileni hanno votato di fatto il 25 ottobre per cancellare il passato. La dinamica esplosiva, radicale e concentrata, di un anno fa è stata contenuta, ma le sue domande non sono rifluite e si sono espresse nel voto. Le masse hanno avanzato non solo una domanda di democrazia ma una richiesta di svolta nelle condizioni materiali della propria esistenza. Il tripudio nelle strade e nelle piazze, con l'interminabile festa popolare, con cui è stato salutato l’esito del voto, rivela l’aspirazione di massa a una nuova vita. Non sarà facile domarla. Piñera è riuscito a rimanere in sella grazie alla politica controrivoluzionaria del Frente Amplio e del PC. Ma il cavallo su cui è seduto non si presenta docile.

La costruzione a sinistra del PC del partito della rivoluzione cilena è il compito dell’avanguardia di classe della nuova generazione operaia e studentesca. Tutta la storia del Cile dell’ultimo mezzo secolo ripropone questo nodo strategico.

Partito Comunista dei Lavoratori

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