Interventi

Mariano habla a noi

23 Ottobre 2020

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione del Collettivo Syntagma sulla figura e la vicenda di Mariano Ferreyra, a dieci anni dal suo assassinio

Ferreyra


Quest’oggi vogliamo commemorare la figura di Mariano Ferreyra, un compagno argentino di cui cade il decimo anniversario della morte. A primo acchito, potrebbe risultare strana la particolare attenzione per questa vicenda; tutto sommato, purtroppo, i compagni morti da commemorare sono innumerevoli. Perché proprio Mariano merita la nostra attenzione? La causa è scritta nel titolo, la sua morte e la sua vita sono un esempio dal quale possiamo trarre delle conclusioni fondamentali per la nostra attività politica e sociale… in questo senso, Mariano “nos puede hablar” [ci può parlare].

Il compagno quando morì aveva 23 anni, però, nonostante la giovane età, era un esperto quadro politico. Detto in altri termini: era in grado di analizzare la situazione sociale del proprio paese e del proprio contesto di vita, per poi individuare una strategia d’azione adeguata, con lo scopo di non fermarsi alla constatazione dei fatti compiuti, ma di contribuire al cambiamento dello scenario politico. Ossia, la padronanza dell’arte della politica rivoluzionaria, una capacità non comune ai ragazzi poco più che ventenni. Non poteva essere che così, tuttavia, per un compagno che a 15 anni debuttò in politica, occupando la fabbrica Sasetru insieme agli operai e al movimento piquetero e, in seguito, diventando uno dei rappresentanti d’istituto della propria scuola. E che proseguì la propria attività politica, come giovane militante universitario, accompagnando ogni conflitto rilevante della classe operaia Argentina, insieme alla generazione della “Fuba piquetera”. La Fuba è la federazione universitaria di Buenos Aires, che per circa 20 anni, dalla crisi rivoluzionaria dell’Argentinazo in poi, è stata diretta da una coalizione composta dal trotskismo e il movimentismo.

“Abitudine” – il partecipare in maniera attiva ai picchetti e alle lotte operaie - che gli costò la vita, infatti - come si poteva presumere dall’età - la morte non è avvenuta per cause naturali, ma come conseguenza di due colpi di pistola, che lo trafissero il 20 ottobre del 2010. Il movente dell’omicidio era la repressione del conflitto e della lotta di classe. Quel giorno, i lavoratori delle ferrovie stavano scioperando ed occupando i binari per reclamare l’assunzione diretta da parte dello Stato; infatti, in Argentina, le grandi aziende pubbliche esternalizzano la gestione della manodopera, subappaltando ad imprese terze, che mantengono i lavoratori precari e sottopagati. Lo sciopero voleva porre termine a questa forma becera di sfruttamento. Le aziende in subappalto, inoltre, erano sotto controllo dei burocrati sindacali, che si arricchivano in maniera indegna – con appartamenti di lusso in Argentina e Miami – sfruttando proprio i lavoratori, che dovevano in linea teorica tutelare. Un negocio troppo caro alla burocrazia sindacale per acconsentire alla classe operaia delle ferrovie e alla gioventù troskista di lottare e difendere i propri interessi di classe. Questo spiega perché la burocrazia arrivò all’estremo tentativo di porre fine agli scioperi, mandando una “patota” (squadraccia) armata che uccise Mariano e ferì un’altra compagna del Polo Obrero, una organizzazione dei disoccupati.
L’astuzia della storia, però, è più forte delle singole coscienze, come la dinamica della lotta di classe è più forte di qualsiasi apparato; proprio l’estrema violenza repressiva, che voleva mettere la parola fine sugli scioperi nel ferrocarril, ha suscitato una ribellione operaia e popolare nei confronti della putrida burocrazia semi-borghese del paese sudamericano. Scioperi improvvisi nei settori di lavoro in cui c’era un’influenza della sinistra sindacale, blocchi stradali degli operai in sciopero col sostegno delle organizzazioni dei disoccupati, una manifestazione, il giorno dopo l’assassinio, di 50.000 persone in Plaza de Mayo, la piazza centrale in cui risiede la Casa Rosada del presidente argentino. Immediatamente, la crisi colpisce il potere politico.

La burocrazia agiva con il benestare del suo principale alleato, il governo “nacional y popular” di Kirchner; l’esponente del peronismo che riuscì ad incanalare nel quadro delle istituzioni la crisi rivoluzionaria del 2001, tramite ad una demagogia sinistrosa sostenuta da politiche assistenziali, che furono possibili da una congiuntura economica positiva, figlia della crescita dei prezzi delle materie prime, che favorirono le esportazioni e l’equilibrio della bilancia commerciale e della moneta locale. La crescita economica è stata la prima base del governo kirchnerista; la seconda consisteva nel controllo delle organizzazioni operaie e dei movimenti sociali tramite la cooptazione della burocrazia sindacale e della sinistra “radicale”, per esempio dello stalinismo e del maoismo argentino, che in cambio di poltrone, aiutarono il governo a contenere il movimento delle donne e dei disoccupati, o del movimentismo che incanalò un settore della gioventù piquetera verso il governo e boicottava lo sviluppo di un serio movimento conflittuale degli studenti.
Il crimine di Mariano commosse il paese perché fece emergere un problema sociale che covava nelle viscere della classe operaia: la collaborazione dei burocrati sindacali con un governo che permetteva lo sfruttamento dei lavoratori nelle fabbriche; gli anni del kirchnerismo, infatti, sono stati anni d’inflazione, disoccupazione permanente - per un settore importante della popolazione, che sopravviveva solo tramite “lavoretti” pubblici da 200 euro al mese - e di lavoro in nero per il trenta percento dei lavoratori. Quando Mariano fu ucciso per ordine di Pedraza, il burocrate del sindacato dei ferrovieri che gestiva le imprese in subappalto, lo sdegno popolare si riversò su Maximo Kirchner, che pochi giorni prima lo aveva definito “un esempio per il sindacalismo argentino”. La crisi politica fu così profonda che il presidente argentino morì d’infarto pochi giorni dopo, forse, s’ipotizza, per non aver retto la pressione dello scandalo.


LA TRAGICA LEZIONE CHE CI LASCIA MARIANO

Ai compagni più attenti non saranno scappate le somiglianze col contesto italiano. La precarietà del lavoro, gli appalti delle grandi aziende pubbliche, le false cooperative gestite dai burocrati sindacali, la repressione violenta della lotta di classe. Le analogie non mancano. La struttura dei due paesi, l’Italia e l’Argentina, sono similari, sia per l’essere dei paesi capitalistici, sia per vivere da decenni una profonda decadenza sociale ed economica, non deve perciò stupire che le sovrastrutture politiche siano affini. Questa è la causa per la quale l’esperienza tragica che hanno vissuto Mariano, i suoi compagni e i familiari, può parlare a noi; perché possiamo capire come intervenire in un contesto sociale analogo a quello che viviamo.

L’intolleranza verso l’oppressione sociale, la dedizione alla causa rivoluzionaria, l’accompagnamento delle lotte operaie, l’abbraccio politico del marxismo rivoluzionario – ossia il trotskismo – sono tutti insegnamenti che possiamo, ma soprattutto dobbiamo trarre dalla vita di Mariano. Compresa la sua morte.
Per dirla con Adorno “non esiste vita bella nella brutta”, non può esistere una propria vita emancipata e pienamente sviluppata, in ogni aspetto dei propri interessi personali, in una società segnata dallo sfruttamento e dall’oppressione sociale e di classe. Il giovane piccoloborghese, che in maniera egoistica, pensa solo alla propria carriera accademica e professionale è francamente una nullità; non capisce la dialettica della vita sociale che ben sintetizza la frase su riportata di Adorno. La gioventù se vuole emanciparsi ha un’unica via: la lotta di classe e la rivoluzione sociale.
Un aspetto da rimarcare è la centralità della lotta di classe. In un’epoca dove il movimentismo ha incanalato la gioventù in lotte parziali ed identitarie, come il femminismo o l’ambientalismo, porre la centralità della lotta di classe non è un vezzo ideologico. La classe operaia è la classe universale non perché, aprioristicamente, “lo ha detto Marx”, al contrario, perché lo conferma ogni giorno la società esistente e i suoi rapporti sociali. Da un punto di vista materiale, queste forme di oppressione solo possono essere risolte dall’abolizione della proprietà privata; pensiamo, per esempio, al problema ambientale: qualcuno può realmente credere, che sia possibile fermare il disboscamento dell’Amazzonia senza l’esproprio delle imprese private che lucrano da esso o che sia possibile sanificare l’Ilva di Taranto senza metterla sotto controllo degli operai, che hanno l’interesse di lavorare senza far “pigliare” un tumore alle loro famiglie?
La gestione collettiva dell’economia, senza l’anarchia degli interessi particolari del profitto, è l’obbiettivo storico della classe operaia perché coincide con la sua liberazione dallo sfruttamento nei posti di lavoro. Mariano e la sua generazione dell’Argentinazo avevano compreso profondamente questa lezione; per questo un ragazzino di 15 anni era determinato ad occupare una fabbrica insieme agli operai e a rischiare la repressione poliziesca, che in Argentina è famosa per la sua brutalità.

Lo sbocco quasi inevitabile di questo percorso interiore, che la coscienza politica e sociale di migliaia di giovani argentini ha vissuto, non poteva essere altro che il sostegno del marxismo rivoluzionario, il trotskismo. Il marxismo è l’espressione cosciente della lotta di classe e dell’indignazione verso l’oppressione. La lotta politica che il trotskismo argentino, il Partido Obrero in cui Mariano militava, ha fatto contro il governo kirchnerista ha permesso ad un settore importante dei lavoratori di lottare per i propri interessi di classe. Senza una delimitazione politica da un governo “di sinistra” l’Argentina sarebbe entrata in una frustrazione politica e ad un reflusso della lotta di classe. In Italia, il sostegno politico al governo Prodi della sinistra istituzionale (PRC, PdCI) e l’incapacità della sinistra rivoluzionaria di creare una opposizione politica rilevante hanno determinato un arretramento della lotta di classe che viviamo ancora ad oggi. L’avanguardia operaia e giovanile, che si era illusa nei confronti del centrosinistra, non ha trovato un canale politico per esprimere la propria rabbia di classe, l’effetto è stata la demoralizzazione politica e sociale; in Argentina, il Partido Obrero, tramite una opposizione sistematica, ha permesso all’avanguardia di radicalizzarsi politicamente nello scontro di classe.

Nel letto di morte Trotsky scrisse il proprio testamento politico, sostenendo che “la vita è bella” e augurandosi che “le prossime generazioni (potessero) liberarla da ogni forma di sfruttamento ed oppressione”. Mariano seguì questo auspicio, che è l’auspicio di ogni autentico rivoluzionario, per tutta la vita fino alla morte, arrivata a soli 23 anni. Il testamento di Mariano, anche se implicito, è scritto da ogni sua singola scelta politica: costruire un partito operaio e socialista che liberi l’umanità dalla miseria della società esistente.
La vita è troppo bella per sprecarla, la rivoluzione sociale è l’unica forma per godersela appieno.

Mariano Ferreyra hasta la victoria siempre!

Collettivo Syntagma

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