Internazionale

Spagna. Governo PSOE-UP, migliore allievo del grande capitale nella crisi del coronavirus

I padroni vogliono tutto, in Italia e altrove. In Spagna il governo "di sinistra" formato da socialisti, Podemos e Izquierda Unida, che tanti sostenitori trova da queste parti, è stato fin da subito esecutore zelante delle richieste padronali

19 Settembre 2020
governo_spagna


A seguito alla crisi del Covid-19 nello stato spagnolo, emergono due conclusioni: da una parte le politiche di privatizzazione e di cassa della sanità sono costate vite umane, dall'altra il capitale poco si preoccupa del colore politico dei governi quando si tratta di salvare i suoi profitti.

L'iniezione di 3,8 miliardi di dollari nel sistema sanitario nazionale per le comunità autonome [le regioni in cui è suddiviso lo stato spagnolo, NdT], annunciata dal capo del governo Pedro Sánchez il 19 marzo, è solo una mezza misura. La sanità privata non è stata coinvolta se non quando gli ospedali pubblici hanno collassato, e ora hanno l'audacia di richiedere dei finanziamenti allo stato!

Le politiche di taglio delle spese, messe in opera sia dal Partito Socialista (PSOE) sia dal Partito Popolare (PP, destra) quando si sono succeduti al governo, hanno smantellato il sistema della sanità pubblica: riduzione dei posti letto (10,7% in meno dal 2008) – sino al punto di non avere più di 297 posti su 100.000 abitanti, quando la raccomandazione del OMS si attesta tra gli 800 e i 1000; riduzione del personale (perdita di più di 12.000 professionisti tre il 2009 e il 2014), riduzione dei costi sanitari (dal 6,77% del PIL nel 2009 al 5,9% di oggi, contro il 7,5% in Europa)... Con un livello elevato di precarietà, i professionisti della sanità hanno messo in pericolo le loro vite. Al 16 luglio lo stato spagnolo registrava 52,470 decessi.


UNA POLITICA DI SOSPENSIONE TEMPORANEA DEL LAVORO AL SERVIZIO DEI PADRONI

La crisi si è tradotta in una marea di licenziamenti nelle prime due settimane del periodo di allerta, alla fine di marzo. Questi licenziamenti sono facilitati dalla riforma del diritto del lavoro del 2012.
I licenziamenti sono stati abilmente giustificati dal governo, dai datori di lavoro e dai media, nelle catene alberghiere come il gruppo Meliá, nelle compagnie aeree Air Europa, Vueling e Ryanair, nelle aziende Nissan, Seat, Ford, Opel, Fujitsu, Kostal Eléctrica, Cortefiel e Inditex, capofila dei subappalti per mense scolastiche, pulizie scolastiche e persino sostegno scolastico di Madrid, Andalusia ed Euskadi...

Il mito della concertazione di classe è stato alimentato dal ministro del Lavoro, Yolanda Díaz, membro della coalizione di “sinistra radicale” Unidas Podemos (UP, essa stessa alleata del governo del PSOE).

In una riunione del 19 marzo, le organizzazioni padronali CEOE e Cepyme, così come le direzioni dei sindacati CCOO e UGT, hanno concordato di presentare al governo una serie di misure per affrontare le conseguenze della pandemia sul posto di lavoro. La risposta governativa è stata quella di rendere più facile per le aziende usufruire di una sospensione temporanea del lavoro, misura che interessa 1,8 milioni di lavoratori e lavoratrici, e di rendere i contratti più flessibili, a discrezione dei padroni, fino alla fine di settembre.

ll governo PSOE-UP non ha smesso di parlare dell'importanza del confinamento e di sottolineare l'irresponsabilità dei vicini che escono per un giro in bicicletta... ma nessuno ha detto nulla sull'irresponsabilità dei padroni delle miniere, di Konecta, di Airbus, di Mercedes-Benz, di Consetino o Correos, proprietari terrieri di Huelva o Almeria e molti altri, che hanno costretto i dipendenti a tornare al lavoro, in settori di attività essenziali o meno.

In quel caso, non importa che centinaia o migliaia di lavoratori e di lavoratrici siano stipati in un unico posto, otto ore al giorno. In questo caso è come se miracolosamente fossero immuni, non contagiosi e non diffondessero il virus!

Nonostante il ruolo conciliatore della leadership sindacale, c'è stata, tuttavia, resistenza. Il 16 marzo nello stabilimento Mercedes di Vitoria e il 27 marzo nello stabilimento di Sidenor nei Paesi Baschi, gli operai hanno interrotto la produzione e hanno manifestato per chiedere la chiusura. Ad Airbus, la CGT ha indetto uno sciopero a tempo indeterminato dal 30 marzo, anche se si trattò più di una posizione propagandistica che di un'azione reale. L'unica protesta autorizzata durante lo stato di allerta è stata quella dei lavoratori e delle lavoratrici di Glovo e Deliveroo a Madrid il 18 aprile.

Fu solo il 30 marzo, approfittando del periodo di ferie, che il governo chiese di fermare la produzione nei "settori non essenziali"... ma per un periodo di 9 giorni.

Un altro vantaggio dei datori di lavoro è stato il “congedo retribuito recuperabile”: le aziende potevano ridurre liberamente la loro forza lavoro a un piccolo gruppo di personale “essenziale” per mantenere un livello di attività “indispensabile”; gli altri lavoratori dovrebbero poi rimborsare ai propri padroni le ore non lavorate.


UN FALSO DIVIETO DI LICENZIAMENTO

Il 27 marzo, Yolanda Díaz ha annunciato il "divieto di licenziamento" dicendo: "Nessuno può approfittare di questa crisi per licenziare le persone".
Ecco cosa era scritto in caratteri cubitali sulla stampa... ma gli articoli in caratteri piccoli in fondo al decreto dicevano un'altra cosa: se i licenziamenti legati allo stato di allerta sono sicuramente ingiustificati, le aziende possono comunque licenziare, a condizioni di pagare l'equivalente di 33 giorni di stipendio per anno di lavoro, invece dei 20 giorni precedentemente previsti. Siamo lontani da una misura radicale!

Izquierda Anticapitalista Revolucionaria - Spagna

CONDIVIDI

FONTE