Interventi

Le giornate dell’entrismo. Le vere ragioni dell’uscita di SCR da Riconquistiamo Tutto

Dopo il comunicato della Commissione sindacale del PCL, pubblichiamo un approfondimento sull’uscita di Sinistra Classe Rivoluzione da RT, l’opposizione CGIL

1 Agosto 2020
entrismo


Riconquistiamo Tutto (RT), l’opposizione CGIL, perde i pezzi. I compagni di Sinistra Classe Rivoluzione (SCR, circa un quarto dei voti complessivi all’ultimo congresso) fondano una nuova corrente (area), che sarà chiamata “Giornate di Marzo”, anche se a sentire Paolo Brini, uno dei tre leader, non si capisce bene se in qualche modo sarà collaterale a RT o del tutto in opposizione anche alla più vecchia opposizione. Più probabile che sarà una costola di RT.


FULMINE A CIEL SERENO?

La scelta viene definita da RT «improvvisa e inaspettata». Eppure come Partito Comunista dei Lavoratori, a dicembre 2019, nella risoluzione politica del CC, a proposito dell’opposizione CGIL, scrivevamo:

«È inoltre importante tener presente il composito quadro politico dell’Area (pur nelle sue ridotte dimensioni), in cui oltre metà dei quadri sindacali e dei gruppi dirigenti non appartiene a nessuna delle organizzazioni di matrice trotskista che l’egemonizzano, come la dinamica impressa da SCR, che ha avviato processi evidenti di sganciamento (a partire dalle sue oggettive posizioni di relativa forza in alcune grandi fabbriche, categorie e territori, anche con diversi funzionari) pur non mettendo per ora politicamente o organizzativamente in discussione l’Area. (grassetto nostro)»

Da dicembre a oggi la dinamica si è accelerata, con alcuni membri di SCR come Iavazzi spesso e volentieri desaparecidos alle riunioni, o con silenzi imbarazzanti laddove SCR vanta una presenza significativa, come nella sanità. In breve, l’uscita di SCR è tutto fuorché inaspettata. Nessuno poteva prevedere il giorno e l’ora, tanto meno il nome fantasioso e surreale, ma certo l’uscita oggi rappresenta semplicemente l’ufficializzazione di un dato di fatto. Chi è rimasto stupito o colto di sorpresa, semplicemente non ha visto più in là del suo naso e ha sbagliato analisi.

Purtroppo non è la prima volta che succede. La verità è che l’opposizione CGIL arriva alla sua seconda grande frattura interna senza averne mai discusso al suo interno. Invece di denunciarlo prontamente, il problema o non è stato visto dal gruppo dirigente o è stato taciuto sperando che non si avverasse.

Anche l’uscita di Bellavita arrivò senza uno straccio di discussione vera, dalla base ai vertici, nonostante se ne parlasse da tempo dietro le quinte delle discussioni ufficiali. Eppure, ora che se ne vanno un po’ tra gli scherni, possiamo anche ricordare il merito maggiore di SCR. Ai tempi di Bellavita i compagni di SCR furono i più solerti a lanciare l’allarme contro la sua deriva “uscista”, deriva che denunciarono ben prima della repressione in FCA e della destituzione di Bellavita che ne accelerò la frattura definitiva con la CGIL.
Quante volte abbiamo sentito o letto, negli scritti di SCR, che era necessario un chiarimento in Area, per capire se dovevamo concentrarci sulla battaglia interna in CGIL oppure andar dietro agli ammiccamenti all’uscita e alla costruzione di un improbabile nuovo sindacato? Quante volte hanno avvertito che sottotraccia, consciamente o inconsciamente, qualcuno spingeva per la frattura? Ecco cosa scrivevano in un ordine del giorno presentato e non accettato all’ultima assemblea con Bellavita:

«La discussione sull’uscita dalla CGIL è una discussione presente da tempo. Non come discussione esplicita in trasparenza ma nei corridoi tra pochi intimi. I presentatori di questo ordine del giorno da oltre un anno, cioè dal seminario di Bellaria della primavera 2015, con documenti scritti a più riprese hanno chiesto che la discussione sull’uscita dalla CGIL fosse esplicitata e si potesse così chiarire politicamente questo punto. Per mesi ci è stato risposto, dal portavoce e da tutti gli altri componenti dell’esecutivo, che stavamo dicendo cose non vere e che nessun compagno aveva in mente di uscire, negando l’evidenza. Come sempre i fatti hanno la testa dura e i nodi prima o poi vengono al pettine. Con la differenza che se avessimo fatto questa discussione un anno fa avremmo potuto tenere un dibattito utile e costruttivo e soprattutto in trasparenza.»

Eppure anche allora il gruppo dirigente che, oggi come allora, è egemonizzato da Sinistra Anticapitalista (SA), Eliana Como in testa, non colse nulla di questa dinamica e arrivò sostanzialmente impreparato agli eventi, anzi avallando tutti gli ammiccamenti continui di Bellavita all’uscita, salvo poi non seguirlo quando dagli ammiccamenti passò direttamente a metterli in pratica.
Oggi che la storia si ripete praticamente paro paro, facciamo lesa maestà se ci domandiamo sommessamente: ma questi “nostri” dirigenti interni all’Area sono all’altezza del compito?


AUTOREFERENZIALI O ENTRISTI?

Colti di sorpresa dall’uscita di SCR, i dirigenti di RT hanno spiegato che la scelta di SCR è dettata dall’autorefenzialità e dall’irresponsabilità. Inoltre, a seguire il dibattito sui social, in particolare le prese di posizione della portavoce Eliana Como, la scelta è figlia del settarismo di gruppo eccetera.
Ora, che SCR sia settaria, autocentrata, e abbia creato una nuova area “proiezione della loro organizzazione politica” è assolutamente vero. Tuttavia l’autoreferenzialità, l’irresponsabilità, eccetera, sono solo un aspetto del problema, e in definitiva spiegano tutto e spiegano niente. Primo, perché se SCR è autoreferenziale oggi che se ne va, ieri che stava dentro era forse non autoreferenziale? Da sempre SCR è autoreferanziale e settaria, come mai quindi esce proprio oggi? È questo che va spiegato.
Secondo, dalla vicenda Piaggio alle altre storture interne dell’Area, di autoreferenzialità e di interesse di gruppo sono in tanti che potrebbero essere accusati, a cominciare dalla stessa portavoce e dal suo partito Sinistra Anticapitalista. In breve, l’accusa di autoreferenzialità è una spiegazione molto superficiale e pure molto pericolosa, perché alla fin fine punta il dito contro l’ingerenza dei partiti all’interno del sindacato, come se quello fosse il male. L’accusa contro l’ingerenza dei partiti è tanto più incomprensibile se si pensa che viene da dirigenti sindacali che militano da anni in un partito. Fossero dirigenti anarchici, o comunque cani sciolti, a dire queste cose, non sarebbe che la logica conclusione di un approccio apartitico; al contrario, che tesi sostanzialmente anarchiche vengano difese e portate avanti da militanti di partito è uno dei sintomi della profonda involuzione dell’Area e della sua arretratezza.

Per noi l’ingerenza non solo non è un male, ma è un bene, perché evidentemente i lavoratori non hanno solo problemi economico-sindacali, ma hanno innanzitutto un problema politico. La coscienza di classe, almeno per chi ha la tessera di un partito, è precisamente la coscienza della necessità del partito rivoluzionario. Più si innalza, più la coscienza è coscienza di partito.
Costruire il sindacato di classe in Italia, come altrove, è quindi sostanzialmente costruire la cinghia di trasmissione col partito. E per cinghia di trasmissione, lo diciamo per i critici più pedanti e noiosi, intendiamo il rapporto più stretto tra sindacato e partito, non certo la subordinazione cieca dell’uno all’altro. Ne segue che gli strali contro gli intergruppi partitici non sono che la demagogia di chi vorrebbe ricostruire sindacato e coscienza di classe, tagliandola. In breve, di chi parla di coscienza di classe avendone poco meno di un briciolo.

Il problema dei partiti interni all’Area, con particolare riferimento ai tre principali gruppi trostkisti (PCL, SA, SCR), non è l'autoreferenzialità di gruppo, ma il fatto che dentro l’Area, lo si voglia o meno, lo si nasconda oppure no, ogni partito porta con sé la sua personale visione della lotta di classe e del conflitto, quindi della costruzione del partito rivoluzionario o anticapitalista che dir si voglia e del relativo sindacato di classe. Come diciamo da anni, il guaio è che questa visione è tenuta regolarmente sottotraccia, quando invece dovrebbe uscire allo scoperto per una sana battaglia di egemonia. Perché tanto, in ogni caso, anche nascondendola, l’egemonia di un partito (in questo caso SA) c’è sempre.

Infine è bene ricordare che senza l’ingerenza dei partiti l’opposizione CGIL manco esisterebbe. L’attuale sinistra sindacale interna a CGIL, infatti, non nasce da chissà quali lotte epocali della classe, ma precisamente dalla resistenza dei militanti più politicizzati al pluridecennale riflusso delle lotte. Prendersela coi partiti non ha quindi alcun senso.

I tre gruppi menzionati nascono da uno stesso ceppo, ma non sono fotocopie. Hanno differenze grandi e piccole che spesso riescono a trovare un amalgama e a convivere, ma a volte, specie nei momenti critici, emergono in maniera dirompente. Si può gridare al tradimento, al regalo alla maggioranza, ma forse sarebbe bene che, prima di condannarle, queste differenze fossero comprese e poi affrontate liberamente in Area con una discussione.

È sopratutto la natura di SCR ad averla fatta uscire da RT, la sua particolare concezione della costruzione del partito rivoluzionario e della relativa cellula sindacale. Mentre SA (al momento) e PCL, pur con tutte le differenze tra loro, sono partiti che bene o male provano a costruire autonomamente le loro forze, non così SCR, che solo apparentemente può essere definita una forza autonoma. SCR viene spesso definito partito, ed anzi l’accusa principale mossa agli scissionisti è di aver anteposto i loro interessi di partito all’interesse dell’Area, ma è singolare che SCR un vero e proprio partito non lo sia. SCR, infatti, sezione italiana della TMI (Tendenza Marxista Internazionale), il cui fulcro è rappresentato dal teorico britannico Alan Woods e dal sito inglese In Defence of Marxism, si costruisce da oltre trent’anni col cosiddetto "entrismo".

L’entrismo, per Trotsky, era una tattica che un piccolo partito marxista poteva praticare per un determinato e breve tempo. Si entrava appunto nell’ala sinistra di un partito riformista (socialdemocratico) per guadagnare militanti e visibilità, e uscirne poco dopo accresciuti spaccando il partito riformista stesso.
Con “Problemi dell'entrismo”, un testo del 1959, Ted Grant, il teorico britannico fondatore della TMI (padre spirituale di Alan woods e suo predecessore), rivoluziona (o controrivoluziona?) l’entrismo, che diventa di lungo periodo e sostanzialmente infinito. Da allora la TMI, e le sue costole come SCR, si costruiscono regolarmente dentro i partiti riformisti (e a volte pure stalinisti) facendone da perno sinistro vagamente marxista. Questa svolta strategica condiziona tutta la loro tattica, sia politica che sindacale.

Non solo. La loro Internazionale è la più classica delle Internazionali cosiddette “frazione”, cioè un’Internazionale costruita tutta con sezioni omologhe in ogni nazione. Nessun gruppo diverso dal loro è ammesso dentro. Nessuna Internazionale è mai stata costruita in siffatta maniera, nemmeno la III di Lenin, che pure, con una rivoluzione alle spalle come quella d’Ottobre, poteva forse aver qualche pretesa in tal senso. Oggi che i trotskisti sono al lumicino, e nessun gruppo ottiene chissà quali risultati, prudenza suggerirebbe di non considerarsi gli unici eredi di Lenin e Trotsky. Invece un’Internazionale siffatta, che si guarda allo specchio e dice: «Io sono il Marxismo Dio tuo, non avrai altro marxismo all’infuori di me», è il più evidente segnale del loro settarismo e del pericolo di scissioni quando, come nel caso dell’opposizione CGIL, la loro visibilità è in pericolo. Per un marxismo da narcisi, il volto dell'entrismo deve essere sempre ben scoperto.

Quando per sessant'anni stai dentro a un altro partito (come ad esempio la TMI nel Labour Party inglese), non sei più tanto autonomo, di fatto sei la frazione “marxista” di un partito riformista. “Marxista” lo mettiamo tra virgolette, perché l’entrismo infinito è sostanzialmente in contraddizione col marxismo, e porta i compagni che lo praticano a delle vere e proprie forzature per farlo stare dentro alla teoria leninista e trotskista come sua naturale evoluzione.
Quella svolta strategica di Ted Grant, per esempio, viene definita dai dirigenti di SCR come svolta tattica, per minimizzare davanti ai loro seguaci la loro sostanziale rottura col metodo di Trotsky. Tuttavia, una vera e propria tattica è qualcosa di contingente, non una specie di prassi “a priori”, come è nei fatti l’entrismo di SCR-TMI.

L’entrismo porta chi lo fa a far regolarmente pressione perché i dirigenti riformisti del partito in cui si è entrati si spostino a sinistra. Naturalmente, l’entrismo ha anche un altro scopo: costruire se stesso, la propria frazione, fino a diventare abbastanza grande da uscire e correre da solo. Ma poiché il tempo per una tale crescita è pressoché infinito – anche per l’insanabile contraddizione che mentre costruisci te stesso contribuisci pure alla crescita dei partiti riformisti, la futura uscita appare più come il programma massimo per la domenica dei socialdemocratici.

Nei fatti, la spinta a sinistra dei dirigenti riformisti è il succo concentrato dell’entrismo. Quando questo avviene, come nel caso di Corbyn, di Tsipras o di Chávez, per cause tra l’altro totalmente indipendenti dal gruppo entrista, troppo piccolo per averlo determinato, l’entrismo diventa nei fatti il tifoso più indiavolato del partito riformista. Naturalmente, poiché in generale – fatte salve queste contraddizioni insanabili – TMI-SCR ha un marxismo nel complesso robusto, gli entristi sono in grado anche di segnalare più di una contraddizione nei programmi riformisti dei leader sostenuti.
Ma essere intrappolati in un partito che non è veramente il loro, e che in quel momento ha un programma spostato a sinistra, rende pressoché impossibile ai compagni entristi non essere, a questo o a quel livello, risucchiati dalla dinamica riformista. È così che il militante rivoluzionario può aprire i loro giornali sedicenti marxisti e trovare roboanti meraviglie come “Per il trionfo di Corbyn!” che è come se la Pravda di Lenin avesse titolato “Tutto il potere a Kerenskij”, oppure slogan patetici come “Portare a termine la rivoluzione di Chávez!”, come se il succo del problema in Venezuela non fosse proprio che Chávez la rivoluzione non ha mai voluto farla, e di conseguenza il processo è inesorabilmente tornato indietro. Portare davvero a termine l’opera di Chávez, se le affermazioni avessero davvero un senso, significherebbe accettare l’involuzione di Maduro. Chi fa le rivoluzioni a metà, come Chávez, infatti, si scava la fossa di Maduro, proprio come avrebbe detto più o meno Saint Just (nota: abbiamo ricostruito i titoli a memoria, senza bisogno della precisione scientifica di una citazione millimetrica. Il lettore più scettico scorra i siti della TMI-SCR e troverà bizzeffe di titoli analoghi, e avrà solo l’imbarazzo della scelta per trovare quello più adatto per darci ragione).


GLI "ENTRISTI" IN CGIL

A livello sindacale, la concezione eternamente entrista del partito, revisionata, si manifesta con un’oscillazione continua tra rottura coi burocrati riformisti e tentativi di ricomposizione, sempre in chiave entrista, cioè mai in piena fusione o capitolazione ma sempre con demarcazione frazionista per spingere a sinistra i dirigenti.
Quando ai tempi di Bellavita lo scontro in FCA tra la minoranza e la maggioranza CGIL si fece particolarmente aspro, con l’esclusione burocratica di alcuni compagni dell’Area dalla possibilità di elezione, chi non ricorda le lamentele di SCR per una critica più prudente? Una rottura troppo marcata con l’ala sinistra della maggioranza genera sempre il mal di pancia nei compagni entristi, perché rischia di compromettere il loro lavoro di costruzione “entrista” del partito e del sindacato.
Il voto favorevole alla piattaforma dei metalmeccanici non rappresenta l’adesione al modello contrattuale fatto di welfare e deroghe, come scrive il comunicato RT (se così fosse, l’astensione sarebbe una mezza adesione, ma non è affatto così. E se non abbiamo mezzo aderito noi astenendoci, non vediamo perché debbano aderivi in toto loro, votandola. Spesso e volentieri il voto determina quello che sei, ma non sempre: a volte la realtà è più complessa di un sì o di un no), ma la ricaduta nella loro eterna speranza illusoria: lo spostamento a sinistra dei riformisti.

Tutte le piattaforme varate prima del Covid da CGIL-CISL-UIL si sono caratterizzate per richieste salariali importanti, o per lo meno in rottura con l’indice IPCA, notevolmente più alte. Per gli entristi era il segnale che aspettavano. "La burocrazia si sposta a sinistra! Evviva! Bisogna sostenerla e incalzarla perché si sposti ancora più a sinistra con la pressione dei lavoratori". Così pensano gli entristi, e per questo hanno votato a favore della piattaforma metalmeccanica. Non per adesioni immaginarie ad analisi sbagliate di RT.

Dal momento del loro sostegno critico (o acritico?) alla burocrazia virata o presunta virata a sinistra, l’entrismo entra in un’ulteriore contraddizione con sé stesso. Incalzare e spingere a parole i dirigenti a sinistra diventa in pratica per lo più minimizzare le differenze e non entrare troppo in contrasto con la burocrazia. L’accusa sacrosanta che RT rivolge ai compagni di SCR di non aver praticamente proferito parola proprio durante le giornate di marzo tanto strumentalizzate, proviene non solo da quello che abbiamo riportato, e cioè dallo stato avanzato e già in atto da un anno del loro progressivo abbandono di RT, ma proprio dal fatto che è anche da un anno che avendo intravisto chissà quale spostamento a sinistra della burocrazia, SCR, votando a favore delle piattaforme, è entrata in stato di semiparalisi.

Chiunque abbia lottato gomito a gomito con SCR – e le testimonianze in proposito sono parecchie – spesso ne è uscito disgustato: «sono degli opportunisti!». È una frase che abbiamo sentito mille volte, anche da nostri compagni, e in questa lamentela è riassunta tutta la contraddittorietà di SCR, che mentre spinge alla lotta, rischia sempre di essere risucchiata dalla burocrazia quando questa si sposta a sinistra. Non crediamo che la parola “opportunisti” sia appropriata, perché se fossero opportunisti veri e propri sarebbero già da tempo con la maggioranza. Molte volte hanno sostenuto battaglie che opportunisti non si sarebbero sognati di sostenere (nella FILT di Milano o nel recente accordo in Ferrari che ha portato al pagamento del 100% dei salari durante la quarantena). La parola giusta è proprio “entristi”, con tutto il carico di contraddizioni che abbiamo fin qui delineato e che SCR si porta dietro.

A riprova di quanto andiamo dicendo, aggiungiamo che quando c’era ancora Cremaschi, e la "Rete 28 Aprile" si riformò dopo la confluenza disastrosa ne "La Cgil che vogliamo" in vista del congresso che riconfermò Camusso (2014), SCR confluì con noi nell’opposizione. Un po’ strano per degli opportunisti. E tuttavia, da veri entristi, la loro speranza fino all’ultimo era stata che Landini sfidasse Camusso facendosi paladino di un’unica opposizione. In quel caso loro avrebbero sostenuto il documento Landini, sempre in modo critico e con demarcazioni da “entristi marxisti”. Poi Landini abbracciò Camusso, e SCR si rassegnò al documento alternativo de "Il sindacato è un’altra cosa", che divenne "Riconquistiamo tutto".

L’uscita di Cremaschi prima e di Bellavita poi hanno progressivamente minato l’opposizione. Nel 2018, dopo il congresso CGIL, la perdita di un membro nel direttivo nazionale, pur nel quadro di una complessiva tenuta dell’opposizione, hanno sancito la progressiva dissoluzione di RT. Anche prima dell’uscita di SCR, le prospettive di RT erano poca cosa; la possibilità tra un paio d’anni di presentare al congresso CGIL un documento alternativo erano legate a un mezzo miracolo. Sempre più impalpabile, RT si sta trasformando in un fantasma. Il rischio, per i compagni di SCR, era che all’interno di un’Area in disfacimento, anche la “cellula entrista”, così vitale per loro per la costruzione settaria del partito e del sindacato di classe, fosse sempre meno visibile. La nascita della nuova opposizione “Giornate di marzo” risponde proprio a questa esigenza di visibilità narcisistica.

Facciamo anche notare che in Rifondazione Comunista fecero la stessa cosa: quando Rifondazione cominciò a ridursi fino praticamente a scomparire, SCR la dichiarò morta e uscì. In effetti l’entrismo, per aver senso, deve essere fatto in qualche gruppo o partito significativamente più grande. Quando la cellula entrista rischia di diventare simile o addirittura più grande del gruppo stesso in cui si sta dentro, l’entrismo cessa di avere senso ed esce. Ed esce, esattamente come in Rifondazione, senza un bilancio. O meglio esce con un bilancio degli altri, Rifondazione o RT, ma mai il proprio, come tutte le sette. Perché un bilancio degli altri è facile farlo, il proprio un po’ meno. L’Area è morta, hanno detto, non ha combinato niente! Bene, ne prendiamo atto, ma voi compagni di SCR che strabilianti successi avete ottenuto? Non è dato sapere. Quindi il bilancio di SCR tocca farlo a noi, tanto più che è semplicissimo: Rifondazione è morta, RT è in coma, e anche SCR non si sente tanto bene....

L’uscita di SCR da RT è sostanzialmente tutta qui. Si può condannare finché si vuole questa scelta, specialmente nel metodo, per la mancanza di rispetto verso i vecchi compagni, manco avvisati per correttezza. Tuttavia bisogna anche provare a giudicarla dal loro punto di vista. Ebbene, è giusta la scissione dal punto di vista della concezione “entrista” della lotta di classe? È difficile valutare. D’istinto diremmo di no, o per lo meno che è molto prematura anche per degli entristi, stante che SCR è pur sempre un mezzo fantasma anche lei, come tutta l’estrema sinistra. Tuttavia il fatto che abbiano rotto e contemporaneamente offerto il fronte unico a quel che resta di RT dimostra che scelta puramente settaria e di interesse di gruppo non è. Anzi, il fronte unico dimostra che hanno ragionato per la classe, non per sé stessi. Certo, hanno ragionato per la classe nei limiti di SCR, cioè con la testa cocciuta e settaria degli entristi. Ma questo sono, e non si può pretendere che siano altro. Chi ha ragionato per sé stessa e non per la classe è al contrario la portavoce Como, che alla proposta di fronte unico così risponde:

«I compagni che sabato hanno improvvisamente deciso di uscire da RT per costituire una nuova Area, ieri ci hanno scritto: «È una scelta che assumiamo senza alcuna polemica e nella chiarezza che saremo sempre disponibili a sviluppare fronti comuni su singole battaglie nell’organizzazione, e azioni di fronte unico quando ci ritroveremo nelle lotte dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori».
«Senza polemica» ... Suvvia! Non si rompe un lavoro collettivo di punto in bianco, senza mai discuterne e senza nemmeno una telefonata per poi dire «senza polemica». E guardate, fa un po’ ridere anche la disponibilità al «fronte unico»: avete prodotto l’ennesima inutile, pulviscolare e ridondante divisione per poi proporre il fronte unico!?
Lo dico, con amarezza, soprattutto per alcuni delegati che ho sempre stimato. Però è proprio il caso di voltare pagina e guardare avanti.» (testo corretto di refusi e improprietà da social, nda)

Abbiamo appena visto come è finita col fronte unico alla prima uscita della nuova opposizione nel CC FIOM. Tralasciando però per un attimo l'esordio con doppio capitombolo delle due opposizioni, in questa risposta c’è senz’altro molta rabbia e delusione della compagna Como. Tuttavia, anche senza questo, c’è tutto lo spirito e i limiti della portavoce, che resta forse la miglior oratrice dell’Area, ma è pressoché nulla in materia di comprensione di teoria politica, e questo porta tutti i suoi ragionamenti ad avere sempre respiro corto, mai in grado di una elaborazione dalle prospettive più ampie. Nella risposta di Como c’è insomma la sua consueta impostazione tutta ripiegata sul personale, ed è per questo che è grave, perché di fronte a una scissione così importante e dannosa rispondere in base agli umori personali significa non essere all’altezza della situazione, come in tutti i momenti cruciali dell’Area.

Nonostante la fuga in avanti della portavoce, RT dovrà per forza guardare di lato, cioè al centro, dove si schiereranno le “Giornate di Marzo” (anche se loro spacciano l’uscita per una uscita da sinistra). Perché il fronte unico non è questione personale, non si fa o non si fa in base a quanto si è offesi, si fa in base all’interesse di classe. E dove sarà possibile, pur tenendo conto della loro semiparesi da burocrazia spostantesi a sinistra, coi compagni della nuova area daremo battaglia. Perché le “Giornate di Marzo” non si schierano con la maggioranza, come pensa qualcuno che ipotizza chissà quale accordo sottobanco. Non serve la dietrologia per comprendere la nascita della nuova opposizione. Basta capire la differenza tra le giornate di marzo e le giornate dell’entrismo.

Lorenzo Mortara

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