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Rizzo, Togliatti e Zuckerberg

Le lezioni di uno sfortunato comizio

3 Giugno 2020
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2 giugno, Festa della Repubblica. Il PC manifesta perché «la Repubblica deve tornare ai lavoratori». Quale Repubblica? Quella della Costituzione del 1948. Ma si può “dare ai lavoratori” una repubblica borghese? Nel tentativo di sposare la tradizione riformista con la nuova propaganda “socialista”, il PC rimuove ogni domanda scomoda. L'importante è il comizio del Segretario Generale, il resto è dettaglio. E Marco Rizzo ha sfoderato il 2 giugno tutto il suo armamentario, che è molto interessante approfondire.

Intanto ci ha colpito la conclusione del comizio: «Come è successo dopo la seconda guerra mondiale, saranno i comunisti che salveranno il nostro paese». Il PCI di Togliatti salvò in realtà il capitalismo italiano a braccetto di De Gasperi, su mandato di Stalin, e con l'appoggio di Secchia. Marco Rizzo nell'area di governo c'è già stato con Prodi e D'Alema, votando l'introduzione del lavoro interinale, il record delle privatizzazioni in Europa, la parificazione tra scuola pubblica e scuola privata, i bombardamenti su Belgrado. Di certo non ha «salvato» i lavoratori, semmai ha beneficiato i capitalisti. Ci preoccupa si candidi ad altri “salvataggi” futuri... del «nostro paese».


IL MEGAFONO DELLA PICCOLA BORGHESIA

Ma l'aspetto più rilevante del suo comizio è l'impostazione generale. Non una frase dal sen fuggita, ma la ragione sociale che Rizzo ha scelto e la confezione ideologica con cui l'ha avvolta.

Mentre gli interventi prima di lui, dei suoi compagni e compagne di partito, hanno toccato bene o male le condizioni del lavoro salariato, il Segretario Generale si è fatto megafono della piccola borghesia proprietaria vittima della globalizzazione: commercianti, piccoli imprenditori, artigiani, liberi professionisti, albergatori e padroncini della ristorazione... Il popolo delle partite Iva che per decenni ha dichiarato al fisco meno di quanto dichiarato dai propri dipendenti (spesso in nero) e che oggi è colpito dalla grande crisi. «Sono ventidue su ventisette i paesi europei che hanno detto che i turisti italiani non possono entrare... Il segnale che volevano dare era quello contro il turismo italiano, lo capite? Perché se l'italiano non può andare in un altro paese, è chiaro che i turisti stranieri non vengono in italia!» dichiara Rizzo, «abbiamo un governo incapace!», che consuma i pantaloni per inginocchiarsi a Bruxelles.

Da questa denuncia del tradimento patrio, una lunga dissertazione sull'onnipotenza della globalizzazione, secondo cui le grandi multinazionali hanno più poteri degli stati, la UE è il braccio tentacolare delle multinazionali, il governo italiano sarebbe servo della UE (non è chiaro se “tedesca” o “americana”), bisogna salvare la piccola borghesia da questo “governo di incapaci che prende ordini dalla UE”.
È la visione del mondo di Diego Fusaro, in versione nazionalpopolare. La classe operaia scolora nel “popolo”, il popolo è il mondo delle classi medie tradite dalle banche che non fanno credito, le banche si risolvono in una finanza anonima e indistinta del capitale globale. Gli stati nazionali evaporano, inclusi gli stati imperialisti.


UNA RAPPRESENTAZIONE FALSATA DEL MONDO

È una rappresentazione del mondo che non ha nulla a che vedere con Marx, men che meno con Lenin, ma soprattutto con la realtà. Che oggi vi siano al mondo multinazionali gigantesche non deve spiegarcelo Rizzo. Ma sono tutt'altro che multinazionali senza Stato. Facebook, Apple, Google, Amazon non sarebbero divenute tali senza disporre della potenza statale dell'imperialismo USA che ne difende gli interessi nel mondo, inclusa la colossale evasione fiscale. Così come Alibaba e Huawei non avrebbero accumulato le loro immense fortune senza disporre del sostegno della potenza statale cinese (che Rizzo da un anno a questa parte considera “socialista”).
La lotta a coltello tra Stati Uniti e Cina per l'egemonia su scala planetaria sarebbe incomprensibile senza capire le radici statali dei rispettivi imperialismi.
Lo stesso vale su scala europea. Volkswagen si avvale dello stato tedesco, Renault del sostegno dello stato francese, FCA dell'aiuto, generoso, dello stato italiano. L'Unione Europea non è altro che il patto di concertazione degli stati imperialisti del continente, nel nome del comune interesse sul mercato mondiale e per sottrarsi alla tenaglia tra USA e Cina. In questo patto ci sono anche contraddizioni e tensioni (tra Francia e Italia in Nord Africa, tra Italia e Germania nei Balcani, tra Spagna, Francia e Italia in America Latina...), come le reciproche concessioni a vantaggio dei rispettivi monopoli, paradisi fiscali inclusi. Il vero interesse comune è lo sfruttamento dei rispettivi proletariati.

In questo quadro l'Italia partecipa della UE non perché serva della Germania, ma nel suo proprio interesse imperialista.
Tutte le misure antioperaie varate dall'Unione Europea sono state concordate dalla borghesia italiana nell'interesse proprio. Il grosso del debito pubblico italiano sta nella pancia delle banche italiane, non delle banche tedesche. I tagli alla sanità per pagare gli interessi sul debito sono stati dettati da Unicredit e Banca Intesa, ben più che dalla Bundesbank. La precarizzazione del lavoro negli ultimi trent'anni (da quella votata da Rizzo fino all'abolizione dell'articolo 18) ha ingrassato innanzitutto i capitalisti tricolore, non Bruxelles. Oggi Recovery fund e “nuovo” MES sono grandi operazioni di indebitamento per coprire di miliardi la borghesia italiana, la stessa che invoca la cancellazione dell'IRAP a spese dei salariati, e della sanità.


POPOLO CONTRO FINANZA O PROLETARI CONTRO I CAPITALISTI?
L'AMBIGUITÀ RICERCATA CON LA CULTURA DELLE DESTRE


Un partito comunista non dovrebbe forse denunciare controcorrente questa verità ai propri salariati, contro l'europeismo liberale ma anche contro il sovranismo reazionario? Marco Rizzo fa l'opposto. Fa il verso alla propaganda nazionalista ritoccandola con tinte sociali. Non i salariati contro i capitalisti, innanzitutto i propri. Ma l'Italia contro Bruxelles, il popolo contro la finanza, la nazione contro “la globalizzazione”.
Il vero elemento di scandalo non sta nel fatto di incunearsi anche nelle contraddizioni tra piccola borghesia e capitale, perché anche un partito rivoluzionario dovrebbe farlo. Sta nel fatto di assumere in proprio la rappresentazione del mondo della piccola borghesia reazionaria, e dunque di concorrere a subordinare ad essa i proletari.

La stessa critica che Rizzo ha fatto durante il comizio alle destre di Salvini e Meloni conferma clamorosamente tutto questo. Salvini e Meloni non sono accusati di sostenere gli interessi dei capitalisti italiani (cancellazione dell'IRAP, liberalizzazione degli appalti, mano libera sul lavoro...) ma di non tutelare l'interesse nazionale dell'Italia in Europa e di limitarsi ad una “opposizione di cartone”. Non si denuncia il loro sovranismo, ma l'incoerenza nel perseguirlo.
Il vero sovranista sono io: questa è l'essenza del comizio del 2 giugno. Il resto segue. Inclusa la contestazione della regolarizzazione dei migranti (invece di denunciare i suoi limiti), o la derisione pubblica delle ragioni di genere (invece di denunciare la loro distorsione borghese): una contrapposizione dei diritti sociali ai diritti democratici che è propria storicamente della cultura reazionaria, e su un altro versante della vulgata staliniana. Non certo della tradizione leninista: se solo si pensa che l'URSS di Lenin e di Trotsky fu il primo paese al mondo a introdurre la libertà dell'aborto e i diritti degli omosessuali, poi cancellati da Stalin negli anni Trenta.


LO SCIOPERO DEI SALARIATI DI FACEBOOK E L'INFORTUNIO DI RIZZO

Ma come spesso succede, le rappresentazioni retoriche roboanti inciampano su fatti minuti. Così è accaduto a Rizzo con Trump e Zuckerberg.
Di cosa si tratta? Molto semplice. Volendo sostenere la teoria di Fusaro della globalizzazione delle multinazionali che inghiottirebbe gli Stati, Rizzo ha voluto strafare: «Ma voi avreste mai immaginato John Fitzgerald Kennedy che si chinava o doveva discutere con una qualunque azienda del suo paese? Oggi il presidente Trump, per quanto ci possa fare schifo, deve stare a discutere con Twitter».
Persino Trump dunque è accusato da Rizzo di... capitolare alla globalizzazione. Di non essere, insomma, sufficientemente sovranista. Sennonché, disgraziatamente, il giorno stesso accade che Mark Zuckerberg, a capo di Facebook, rifiuta di intervenire contro il post reazionario di Trump rivolto ai manifestanti (“se saccheggiate noi spariamo”), nell'intento di salvaguardare le relazioni con il Presidente. E dichiara di “provare una reazione visceralmente negativa per la retorica incendiaria” dei manifestanti. A questo punto seicento salariati di Facebook entrano in sciopero esprimendo disappunto e vergogna per la posizione di Zuckerberg, e solidarietà con le manifestazioni in corso.

Ecco, questo piccolo fatto riporta le cose alla realtà: i più grandi capitalisti si tengono stretti i propri stati imperialisti di riferimento e i loro presidenti di turno, ma devono fare i conti, prima o poi, coi propri salariati. Non col “popolo”, ma con la classe. Accade non solo alla General Motors, ma anche a Facebook. Col permesso di Fusaro e di chi lo ricopia. Anche quando si definisce comunista.

Partito Comunista dei Lavoratori

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