Dalla tragedia alla farsa. Lo stalinismo ieri e oggi

Replica a Concetto Solano e a Red Militant

28 Maggio 2020
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Il compagno Grisolia ha risposto con un ampio testo ad un articolo di un tal Concetto Solano apparso nel sito L’Ordine Nuovo, che costituiva un incredibile testo stalinista di calunnie e falsificazioni contro il bolscevismo e i suoi martiri, oltre che nei riguardi dei comunisti (e anarchici) italiani rifugiati in URSS e vittime di Stalin.

Solano ci ha risposto con un comunicato pieno di insulti, cosa che non costituisce alcun problema per noi, visto anche da dove provengono tali insulti.

Messo in difficoltà di fronte ai fatti innegabili che il compagno Grisolia ha riportato ed argomentato, Solano non risponde su nulla, limitandosi a definire – anche qui con tipico metodo stalinista – «prive di qualunque valore scientifico» le prove del testo del nostro compagno. Ma lo scienziato Solano non dice una sola parola per argomentare la sua apodittica affermazione. E c’è un altro punto che differenzia il nostro metodo da quello di Solano. Nel nostro testo c’è il link al testo di Solano, per cui chiunque volesse può vedere il suo testo, perché non abbiamo certo paura di far conoscere le posizioni che contrastiamo, anche se si tratta di infami sciocchezze come in questo caso. Solano si guarda bene dal fare lo stesso; ovviamente non gli converrebbe far conoscere ai suoi lettori le nostre argomentazioni.

Ma se non risponde nulla di concreto al testo del compagno Grisolia, di cosa parla dunque il testo di Solano?
Come un giocatore di calcio che si trova chiuso senza possibilità di conservare la palla la butta fuori campo, così il nostro scienziato invece di rispondere agli argomenti del compagno Grisolia parla d’altro.
Poiché cerca di fare un po’ di distorsione su due questioni del passato, noi, che non abbiamo niente da nascondere, prendiamo il tempo di rispondergli, lasciando questioni più serie.

La questione storica più lontana riguarda il compagno Livio Maitan, presentato come «il padre politico del trotskismo italiano», condannato per la partecipazione alla fondazione del PSLI (Partito Socialista dei Lavoratori Italiani) con Giuseppe Saragat, all’inizio del 1947.

Ora, precisiamo che per noi Livio Maitan non può essere considerato come il padre del trotskismo italiano. Per noi il trotskismo italiano ha i suoi padri nei tre dirigenti del PCd’I, Leonetti, Ravazzoli e Tresso, espulsi per trotskismo nel 1930 e che costituirono, sia pure nell’emigrazione, il primo gruppo italiano del nostro movimento, e in particolare Tresso, dirigente della Quarta Internazionale assassinato nel 1943 nella resistenza francese dagli stalinisti.
Certo Maitan ebbe il merito di raggruppare nel 1949 un gruppo di militanti della precedente sezione della Quarta Internazionale (Partito Operaio Comunista, che in maggioranza ruppe con l’Internazionale perché contraria alla sua posizione, che essa mantenne fino al crollo del 1991, di difesa incondizionata dell’URSS nonostante il regime stalinista) e un settore di giovani socialisti passati su posizioni marxiste rivoluzionarie (Maitan era stato il segretario nazionale della gioventù sia nel PSI sia nel PSLI). Tuttavia sin dal 1951 si schierò con la corrente revisionista del trotskismo, che con il segretario dell'Internazionale, Michel Pablo (da cui i termini pablismo e pablisti) conquistò la maggioranza dell’organizzazione su un programma che negava nei fatti la costruzione di partiti marxisti rivoluzionari indipendenti come nuove direzioni del movimento operaio e trasformava le organizzazioni trotskiste in gruppi di pressione su dirigenti considerati “stalinisti di sinistra” (e in alcuni casi anche socialdemocratici di sinistra o centristi, come ad esempio in Italia Ingrao, poi Sofri, poi Bertinotti).
Ciò provocò la scissione della Quarta Internazionale nel 1953, con l’uscita dei troskisti “ortodossi” che si costituirono in organizzazione separata. Per cui Livio Maitan non è il nostro padre politico, ma quello dei centristi di Sinistra Anticapitalista.

Chiarito questo, veniamo alla fondazione del PSLI.
Nell’immediato dopoguerra il partito socialista, che aveva preso il nome di PSIUP, era diviso in varie correnti, in particolare in riferimento al rapporto da avere con il PCI. Dobbiamo ricordare che in quegli anni, fino alla primavera del 1947, vi era un governo tripartito DC-PSIUP-PCI, in cui la sinistra non era costituita dal PCI togliattiano (si pensi all’amnistia ai fascisti, al voto all’articolo 7 della Costituzione, alla collaborazione coi grandi capitalisti per ristabilire il loro pieno controllo nelle fabbriche), ma semmai dal PSIUP.
Tra le correnti dello PSIUP due erano contrarie, in questo quadro, ad un blocco stretto col PCI. A destra la piccola area di Saragat (Critica Sociale), a sinistra la più importante (oltre il 25% del partito) corrente centrista Iniziativa Socialista, che chiedeva la rottura col governo o almeno un atteggiamento più critico. La maggioranza della gioventù socialista, con appunto Maitan come segretario, era con Iniziativa. Quando un congresso nazionale alla fine del 1946 sancì la vittoria dei “blocchisti” e governativi ad oltranza capeggiati da Nenni, le due correnti decisero di uscire e, con una decisione folle da parte di Iniziativa Socialista, di costruire insieme un nuovo partito, i cui membri in parlamento passarono all’opposizione – apparentemente da sinistra – del governo tripartito. Quale fu la base di questa scelta folle dei “giovani turchi” (così chiamati anche per la giovane età dei loro principali dirigenti) di Iniziativa Socialista? In quel momento essenzialmente una: la stalinofobia. Con questo termine noi trotskisti conseguenti intendiamo la posizione di chi, partendo da un giusto odio per lo stalinismo e il suo totalitarismo e criminalità, dimentica la natura sociale postcapitalistica dell’URSS e il fatto che i partiti comunisti non comprendono solo la cricca dirigente ma una massa di militanti, a volte soggettivamente rivoluzionari, e che quindi i partiti comunisti e le organizzazioni da essi controllate fanno parte, sia pure contraddittoriamente, così come i partiti socialdemocratici, del movimento operaio.
La lotta contro la stalinofobia fu, non a caso, l’ultima grande battaglia che Trotsky realizzò in riferimento alla sezione statunitense della Quarta Internazionale, allora una delle più importanti, dove una significativa minoranza, a partire dal patto Hitler-Stalin voleva porre in questione la tradizionale posizione di sostegno incondizionato all’URSS malgrado il regime staliniano, rispetto all'occupazione della Polonia orientale e alla guerra alla Finlandia (si veda a questo proposito la raccolta di scritti di Trotsky In difesa del marxismo).
E ancora, possiamo ricordare che proprio rispetto al rapporto con i partiti comunisti, Trotsky cercò di convincere i compagni della maggioranza della sezione americana, dopo che gli stalinofobi avevano abbandonato il partito, di appoggiare alle elezioni presidenziali del novembre 1940 il candidato del Partito Comunista, nonostante il problema che questo poneva per l’avanguardia più larga degli operai americani, ostili agli stalinisti in un momento in cui in nome dell'alleanza tra URSS e Germania per il patto, essi in tutto il mondo e quindi anche negli USA attaccavano solo gli imperialismi occidentali e giustificavano Hitler [per esempio giustificando la sua invasione della Norvegia o, in Francia, all’inizio dell'occupazione, chiedendo (senza ottenerla, per decisione di Berlino) la possibilità di pubblicare legalmente il loro quotidiano L’Humanité per (testualmente) “incitare i lavoratori francesi alla fraternizzazione con i soldati tedeschi” (mentre l’organo clandestino dei trotskisti francesi La Verité già usciva, potendo così fregiarsi alla liberazione del titolo di "primo organo della resistenza")].

Tornando all’Italia, Saragat, che con la sua grande intelligenza e spregiudicatezza sapeva che il vero vincitore della scissione era lui e che anche se Iniziativa Socialista portava il doppio degli iscritti in breve il partito sarebbe stato nelle sue mani (anche per l’appoggio politico e materiale dei sindacati socialimperialisti americani), non si peritò di fare grandi concessioni organizzative e verbali ai “rivoluzionari” di IS. Il documento di costituzione del partito dichiarava ad esempio: “In un partito socialista che voglia svolgere una funzione democratica e concretamente socialista debbono essere rappresentate tutte le correnti e gamme del pensiero marxista, dalla riformista alla leninista rivoluzionaria” (sic!); “Si illudono coloro che pensano che il nostro movimento possa in un modo o nell’altro orientarsi verso forme di lotta anticomunista. Mai potremo assumere un atteggiamento di ostilità nei confronti dei comunisti”; “[rifiutiamo] la gestione degli interessi di un mondo capitalistico condannato dalla storia e dagli uomini”.
Parole che sarebbero state smentite rapidamente dai fatti. Dopo la scelta della DC nel maggio 1947 di cacciare comunisti e socialisti dal governo, il PSLI era rimasto all’opposizione per qualche mese. Poi a dicembre, con il voto contrario in Direzione solamente di Maitan e Lucio Libertini, aveva deciso di entrare in un nuovo governo De Gasperi. Dalla loro stalinofobia e rivoluzionarismo a parole, i dirigenti di Iniziativa Socialista erano passati al pieno tradimento politico e anche morale. È chiaro che per un rivoluzionario, anche se non proprio conseguente, come Livio Maitan, l’errore era stato totale e disastroso.

Per la stragrande maggioranza dei pochi che conoscono o conoscevano il percorso di Maitan nei decenni successivi al ’68, le cose erano chiare. Commesso questo ingiustificabile errore nel 1947, marginalizzato nel PSLI, dopo le elezioni del 18 aprile del 1948 con la sconfitta delle liste del Fronte Democratico Popolare, egli aveva aderito alla Quarta Internazionale.
E invece le cose erano state più complesse. Appena il PSLI e i vecchi di Iniziativa Socialista si erano manifestati per quello che erano, cioè socialdemocratici collaborazionisti, Maitan, con l’appoggio della maggioranza della gioventù e di una piccola area sinistra del partito (non però Libertini, che restò nel PSLI) ruppe con il partito costituendo all’inizio del 1948 una organizzazione che si chiamò Movimento Socialista di Unità Proletaria. Siccome il Fronte Democratico Popolare non era costituito solo dal PSI (i nenniani avevano ripreso il vecchio nome) e dal PCI ma anche da varie organizzazioni di massa e da organizzazioni politiche minori, il MSUP, rovesciando ogni politica stalinofoba, chiede ed ottiene di aderirvi. Maitan è inserito nella sua direzione nazionale.
Quindi Maitan passa le settimane precedenti alle elezioni del 18 aprile girando l’Italia a fare comizi per il Fronte (nella rossa Reggio Emilia di fronte a cinquantamila persone). Ecco quindi l’importante realtà, contrariamente all’equivoco dei più: Maitan affrontò il confronto centrale di quegli anni non accanto a Saragat, ma accanto a Togliatti e Nenni. Una bella differenza, signor Solano.

Certo, Maitan (che aderì individualmente alla Quarta Internazionale nel maggio del 1948 e portò poi i quadri del MSUP alla costituzione della sezione italiana della Quarta Internazionale nel 1949) ha una responsabilità: pur sapendo che il suo percorso nel 1945/'48 non era chiaro a moltissimi, non fece nulla per chiarire apertamente i fatti. Crediamo sia stato per quella timidezza politica che lo ha sempre contraddistinto e che tanti problemi ha causato al trotskismo in Italia. Per esempio nel 1998 cadevano i cinquant’anni dall’esperienza del Fronte Popolare, e per quanto sapevamo Maitan era l’unico membro della direzione del Fronte ancora in vita. All’epoca eravamo insieme in Rifondazione Comunista, sebbene in due tendenze diverse e per certi versi opposte. Poiché però i nostri rapporti personali col vecchio Livio erano molto buoni, alcuni di noi (in particolare Franco Grisolia, ma anche Marco Ferrando) da amici gli consigliarono di fare una piccola campagna sulla cosa, facendosi intervistare in primis da Liberazione, quotidiano del PRC, e poi anche da altri giornali e media che avrebbero potuto essere interessati a tornare sull’episodio storico, e così le maldicenze sul suo passato sarebbero finite, o almeno si sarebbero ridotte. Come temevamo (per lui, non per noi), Livio respinse la proposta, dicendo che si trattava di cose del passato, che non era politicamente e personalmente logico ricordare. Non essendo un nostro compagno di tendenza, prendemmo atto e non insistemmo. Probabilmente, oltre alla ricordata timidezza politica, pensiamo che Maitan avesse paura di disturbare il nuovista Bertinotti, verso cui aveva un vero e proprio innamoramento politico.

La seconda scusante distorta del signor Solano per non rispondere alle nostre incontestabili argomentazioni sullo stalinismo riguarda la firma che ci diede nel lontano 2008 Giorgio Carta, un deputato dell’ormai microscopico PSDI, per permetterci di essere presenti alle elezioni politiche di quell’anno.
Chiariamo anche qui la cosa. Nato nel 2006, il nostro partito si trovò ad affrontare la prima prova elettorale due anni dopo. Si conosce, all’estrema sinistra, la difficoltà di raccogliere in tutte le circoscrizioni le firme necessarie per la presentazione. In quella occasione noi ci riuscimmo in circa i due terzi delle circoscrizioni. Ma per noi era importante essere presenti in tutta Italia. Una leggina passata proprio prima della fine della legislatura prevedeva che per quelle elezioni ci si potesse presentare ovunque senza raccogliere le firme se si avevano due firme di deputati o senatori uscenti. Cercammo quindi queste due firme per bypassare norme antidemocratiche fatte per impedire la partecipazione ai piccoli partiti. Naturalmente le cercammo nell’ambito dei deputati eletti nella coalizione di centrosinistra (l'Unione, ex Ulivo), visto che bolscevichi in parlamento non ce ne erano. Ovviamente era del tutto chiaro e affermato che la firma non implicava alcuna simpatia o sostegno politico, ma solo un gesto a carattere democratico. La cosa non fu facile. Un senatore che conoscevamo, il verde di sinistra Mauro Bulgarelli, ci diede la prima firma. I radicali pannelliani ci fecero un “pacco”, promettendo una firma e poi ritirando la cosa. All’ultimo momento proprio Bulgarelli ci mise in contatto con il deputato Giorgio Carta (che noi non conoscevamo), come lui eletto nelle liste del centrosinistra, e come lui proveniente dalla Sardegna. Carta, saputa la scelta di Bulgarelli, accettò di darci la seconda firma. Perché avremmo dovuto rifiutare? Non c’era nessun accordo politico o altro, e ci permetteva una presentazione generale.
Che su questo terreno non esista problema politico è indicato dal fatto che alle elezioni europee dell’anno successivo (per le quali il numero di firme richieste è semplicemente esorbitante) cercammo di bypassare il problema con la firma di Giulietto Chiesa, deputato europeo uscente. Ciò ci permise di essere presenti in tre delle cinque circoscrizioni in cui è divisa l’Italia (in altre due la nostra interpretazione “estensiva” della presentazione con la firma del solo Chiesa fu respinta).
Ovviamente Chiesa era su posizioni diverse e opposte a quelle di Carta, e certo meno lontane dalle nostre. Tuttavia nulla avevamo a che fare col suo radicalismo democratico e con il suo campismo filoputiniano. Ma ancora una volta si trattava di un puro fatto tecnico e di un aiuto democratico contro norme reazionarie, senza alcun contraccambio. Né nel 2008 né nel 2009, dunque, abbiamo niente di cui vergognarci o da nascondere.

Potremmo chiudere qui la cosa, ma non possiamo non aggiungere qualcosa che mostri la disonesta sconcezza del signor Solano.
È incredibile che accuse di questo tipo ci vengano rivolte da chi, richiamandosi allo stalinismo, rivendica il vergognoso patto Hitler-Stalin (o Ribbentrop-Molotov che dir si voglia) che nel 1939 prevedeva un accordo militare ed economico con grandi forniture di materie prime dall’URSS alla Germania nazista, con treni che passarono il confine fino a tre ore prima dell’aggressione del 22 giugno 1941.
Senza andare così lontano nel tempo, si può considerare la storia del partito che rappresenta in questo momento il faro di partiti, organizzazioni e gruppi stalinisti, perlomeno in Europa: il Partito Comunista Greco (KKE). Nel 1989 questo partito non si peritò di andare a governare per conto della borghesia greca in coalizione con il partito di destra Nuova Democrazia (quello che è al governo adesso); con Floriakis, segretario generale del KKE, vice primo ministro. La scusa era che bisognava combattere il clientelismo e la corruzione del PASOK, il partito socialista di Papandreu. Che si trattasse di una scusa per coprire gli appetiti di governismo borghese del KKE lo dimostra il fatto che sei mesi dopo lo stesso KKE accettò, dopo nuove elezioni senza chiari vincitori, di partecipare ad un governo di unità nazionale a tre fra KKE, Nuova Democrazia e... PASOK. Purtroppo per i nostri poltronari stalinisti riformisti, dopo altri sei mesi le contraddizioni politiche portarono ad elezioni anticipate, in cui la destra vinse e poté governare da sola (e il KKE andò indietro, avendo anche perso a sinistra la maggioranza della sua gioventù).

Ma su tutte queste sconcezze politiche staliniste Solano non ha ovviamente da dire, come nulla ha da dire sul nostro testo che chiariva senza possibilità di replica il carattere reazionario dello stalinismo con il massacro quasi totale della vecchia guardia bolscevica e dei giovani sinceramente comunisti.
No, signor Concetto Solano, non abbiamo niente da aggiungere alle conclusioni del nostro precedente testo, rivolto a lei e allo stalinismo. “Via, al vostro posto, nella pattumiera della storia!

Partito Comunista dei Lavoratori

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