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Il mondo capovolto del capitalismo

Precipita l'economia, volano i bond aziendali americani

13 Maggio 2020
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L'economia americana precipita dentro la recessione mondiale e il calo annunciato del commercio internazionale, una recessione ben più profonda di quella “storica” del 2008/2009, sia negli USA che nel mondo.
Privi persino (dello straccio) delle protezioni sociali e sanitarie europee, gli Stati Uniti sono esposti all'onda d'urto della crisi più di ogni altro paese imperialista. La china della recessione è stata tanto più ripida perché preceduta dalla più lunga stagione positiva nella storia economica USA (2010-2020). Venti milioni di nuovi disoccupati nel solo arco di poche settimane misurano la tragedia sociale che la crisi trascina con sé. Ed è solo l'inizio.

In un quadro tanto drammatico ci si attenderebbe una caduta generale di tutti i valori economici. Così non è. I bond aziendali americani stanno conoscendo proprio oggi un autentico boom, attraendo investimenti finanziari da tutto il mondo, banche italiane incluse. A cosa si deve tanto successo? Alle politiche finanziarie della Federal Reserve, quella che europeisti borghesi e sovranisti di casa nostra additano ad esempio virtuoso in contrapposizione alla BCE.
Dopo aver acquistato in soli due mesi 1500 miliardi di titoli di stato USA ed altri 600 miliardi di bond legati ai mutui, la Fed ha iniziato ad acquistare a mani basse i bond emessi dalle aziende USA: cioè i titoli finanziari che i capitalisti americani mettono sul mercato per rifarsi del calo dei profitti prodotto dalla crisi. Se la Fed dirotta una pioggia di miliardi verso i bond aziendali, i bond vedono salire il proprio valore alle stelle, e dunque attraggono come una calamita speculatori e affaristi di tutto il mondo. Il grande flusso degli acquirenti esteri moltiplica a sua volta il valore dei bond, con comprensibile soddisfazione dei grandi azionisti che li emettono, i quali investono il ricavato nell'acquisto delle proprie azioni (buy-back) per sostenere il loro valore di Borsa a Wall Street.

Nulla potrebbe spiegare meglio la follia del capitalismo quanto il divario tra produzione e finanza. Da un lato sovrapproduzione di merci, chiusure di aziende, licenziamento di milioni di lavoratori e lavoratrici. Dall'altro il casinò del mercato finanziario nel quale gli stessi capitalisti che distruggono il lavoro reale arricchiscono le proprie fortune. È una divaricazione che può innescare alla lunga nuovi crolli, premessa di possibili riprese. Ciò che in ogni caso misura è il parassitismo delle classi dominanti. Non solo quello dei capitalisti americani, ma dei capitalisti del mondo intero.

Molti economisti borghesi cosiddetti progressisti parlano di economia reale e della finanza come di due mondi separati; il primo virtuoso, il secondo patologico. Nella sostanza si tratterebbe di proteggere l'economia capitalista dalle esagerazioni e turbolenze del mercato finanziario. La stessa lettura della crisi del 2008 è stata piegata a questa rappresentazione di comodo. Ma le cose stanno altrimenti. L'enorme espansione del parassitismo finanziario è alimentata dalla crisi dell'economia reale, dalla sovrapproduzione di merci e capitali. È la caduta del saggio di profitto nell'economia reale a spingere i capitali in eccesso in direzione della speculazione finanziaria. Lenin inquadrava questo aspetto nella natura stessa dell'imperialismo moderno. Un secolo dopo, il raggio di espansione del parassitismo capitalista ha conosciuto un ampliamento enorme, come in nessuna altra epoca precedente.

È un indice di maturità della rivoluzione socialista quale unica soluzione della crisi dell'umanità.
Costruire la coscienza di questa verità nelle lotte di classe di ogni giorno è il compito internazionale dei comunisti.

Partito Comunista dei Lavoratori

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