Dalle sezioni del PCL

Le passerelle di Bucci, Toti e Conte non nasconderanno la vergogna

30 Aprile 2020
contebuccitoti


L'ultima parte dell'impalcato del nuovo ponte che sostituisce il ponte Morandi è stata innalzata il 28 aprile. Presenti il Presidente del Consiglio Conte, la ministra De Micheli, il Presidente della regione Toti, il commissario/sindaco Bucci, direttori dei lavori ed un discreto “assembramento” di aventi diritto a vario titolo, nonostante i dati allarmanti della pandemia in Liguria, ultima regione nel nord Italia per percentuale di tamponi e con una delle mortalità più alte. Una celebrazione definita sobria, ma stridente non solo per l'attuale emergenza sanitaria, ma anche per la trasformazione del fallimento del crollo di un ponte in una celebrazione dello sforzo istituzionale nella ricostruzione e in un trampolino di lancio per una città agonizzante che ha tutto il sapore di campagna elettorale.

A questo scopo la ricostruzione è stata scandita da innumerevoli inaugurazioni, in cui ministri e politici di ogni schieramento politico hanno sfilato esaltando il "modello Genova", un modello che ha azzerato il codice degli appalti ed esautorato controlli e verifiche istituzionali, sindacali e soprattutto dei diretti interessati, ossia gli abitanti e i loro comitati e associazioni; un modello che ha consegnato ogni potere decisionale ad un commissario munito di numerose deroghe legali e amministrative. Si è affermato il modello dell'uomo solo al comando, sostenuto da tutte le forze politiche, come esempio per eliminare lacci e lacciuoli e aggirare la “burocrazia”, che già di per sé non forniva una piena garanzia di controllo democratico contro corruzione, infiltrazioni mafiose e speculazioni, come potrebbe invece il controllo popolare e dei lavoratori.

Non c'è niente da celebrare in una ricostruzione dovuta, perché nulla cancellerà mai la vergogna di quanto successo il 14 agosto 2018, frutto della gestione di servizi e beni pubblici che per decenni ha tutelato gli interessi del profitto, della rendita e della speculazione. In nome di questi interessi, ceto politico e classe imprenditoriale hanno depredato e fatto scempio del lavoro, del territorio, dello stato sociale, dell'ambiente, della salute e della sicurezza. Hanno privatizzato infrastrutture e servizi essenziali: autostrade, ferrovie, trasporti, scuola, sanità, edilizia popolare, utenze e servizi (telefonia, acqua, luce, gas, poste etc.). In poche parole: costi scaricati sulla collettività e sui lavoratori, profitti e utili indirizzati nelle tasche di pochi, in nome di una maggior efficienza la cui illusione è crollata col ponte.

Ci si è limitati a ricostruire un ponte, ma si continuano a garantire gli interessi economici dei grandi gruppi responsabili di questa rapina, senza rimuovere le cause che creano tragedie, disservizi, disuguaglianze e sfruttamento. Mentre si celebrava l'innalzamento dell'ultimo impalcato, Atlantia metteva sul piatto del governo 2,9 miliardi per chiudere la partita delle concessioni. Così, nell'attesa di una inconcludente e infinita giustizia penale, chi ha causato il disastro può continuare a fare profitti sporchi di sangue, con il beneplacito del governo.

È necessario invertire la rotta, non per un ritorno allo Stato parassitario né per affidare patrimoni, beni e servizi pubblici a nuovi padroni, ma per una nazionalizzazione efficace, senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori e della collettività.
Occorre investire sulla manutenzione delle infrastrutture, su un piano di risanamento idrogeologico e ambientale e sulla sanità pubblica. Solo così si garantiscono occupazione dignitosa, servizi pubblici universali e sottratti al profitto privato. Solo così ci sarà giustizia per le vittime del ponte, per i lavoratori, per la popolazione.

Partito Comunista dei Lavoratori - sezione di Genova

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