Emergenza coronavirus

Novus ordo naturalis

10 Aprile 2020
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Esiste una legge universale, una legge che da 14 miliardi di anni governa tutto quello che conosciamo, ma anche tantissime cose che ancora non riusciamo a capire. La legge naturale.
Del rapporto tra uomo e natura, tra capitale e ambiente, e tra ambiente e uomo, abbiamo scritto molto, ma in questo momento, più che in altri nella nostra vita, che paragonata ai tempi della natura è poco più di un battito di ciglia, c’è bisogno di ricordare certe cose per comprendere che altro non siamo se non passeggeri senza biglietto su un autobus, pronti per essere sbattuti fuori.

Il nostro universo esiste da circa 14 miliardi di anni, il nostro pianeta da 4 miliardi, la vita sulla terra da 2,5 miliardi, noi solo da 300 mila anni.
L’intero sistema della vita è basato su un concetto molto semplice, ma che racchiude meccanismi e dinamiche molto complesse, l’ecosistema (spesso percepito da noi come estraneo, nell’immaginario comune si pensa a un bosco o ai fondali oceanici). Per spiegarlo a un bambino, si può sostenere che l’ecosistema è il rapporto tra un ambiente e gli esseri viventi che in quell’ambiente vivono.

Naturalmente non si tratta di un rapporto statico, ma dinamico, all’interno del quale ogni cambiamento ha la sua ragione di essere. Nel momento stesso in cui una specie diventa inutile all’interno del suo ecosistema, la natura vuole che venga eliminata. Per citare Montaigne, “neppure l’inutilità è inutile in natura”. Un esempio oramai accademico è rappresentato dai castori, le dighe dei quali (costruite come protezione dai predatori), spesso impediscono a fondo valle le inondazioni, rendendo vasti territori adatti alla vita di altre specie, animali e vegetali. Per generalizzare la regola, in un ecosistema ogni comportamento è utile non solo per chi ne fa parte, ma anche per altre forme di vita che indirettamente ne beneficiano.

Chiunque abbia studiato la storia della vita sulla Terra, si rende conto che in ogni momento ci sono state forme di vita predominanti. Ci fu il tempo dei cianobatteri, che immisero nell’atmosfera grandi quantità di ossigeno consentendo lo sviluppo di forme di vita più complesse; poi, forme di vita complesse. 600 milioni di anni fa, appena le condizioni dopo l’ultima delle “big five” furono ottimali, ci fu la cosiddetta “esplosione cambriana”, che ha fu l’epoca di più grande varietà biologica della storia del nostro pianeta.

L’Homo sapiens ora è la forma di vita predominante sul nostro pianeta. Conta poco più di 7 miliardi di individui.
Se pensiamo al contributo (naturalmente in termini ecologici) che ogni specie apporta all’ecosistema, ci rendiamo conto di essere quasi solamente dannosi. Nel 1830, in piena rivoluzione industriale inglese, all’alba dell’era dell’industria e del conseguente inquinamento, la Biston betularia, un lepidottero molto diffuso in Europa e dal tipico manto chiaro “color betulla”, nel corso di pochi anni si colorò (Biston betularia carbonaria) per mimetizzarsi sui tronchi di betulla anneriti dalle grandissime emissioni di polveri di carbone. Ed è solo un esempio; né il primo né l’ultimo. Basti pensare alla quasi totale estinzione dei capodogli per l’estrazione dello spermaceti, un ricco prodotto cosmetico in uso dal 1700 fino alla metà del 1900.

Ora, facendo un balzo in avanti di almeno 200 anni, arriviamo alla seconda decade del secondo millennio.

Per renderci conto dell’entità del problema, vediamo un elenco contenente solo una parte (meno della metà) delle specie dichiarate estinte nell’ultimo decennio a causa dell’influenza negativa dell’uomo sulla natura.


• Acrocephalus luscinius

• Acrocephalus musae

• Acrocephalus nijoi

• Acrocephalus yamashinae

• Akialoa ellisiana

• Akialoa stejnegeri

• Alinea luciae

• Aphanius splendens

• Aplonis ulietensis

• Bermuteo avivorus

• Bettongia anhydra

• Bythinella gibbosa

• Calathus vicenteorum

• Centrobunus braueri

• Chelonoidis abingdonii

• Chenonetta finschi

• Clelia errabunda

• Colaptes oceanicus

• Columba thiriouxi

• Conilurus capricornensis

• Contomastix charrua

• Copeoglossum redondae

• Cyprinodon arcuatus

• Dryolimnas augusti

• Dusicyon avus

• Foudia delloni

• Galba vancouverensis

• Hirstienus nanus

• Islamia ateni

• Labidura herculeana

• Leiolopisma ceciliae

• Leporillus apicalis

• Macrobrachium leptodactylus

• Margatteoidea amoena

• Melanoplus spretus

• Melomys rubicola

• Nactus soniae

• Neoplanorbis tantillus

• Nesoenas Cicur

• Notomys robustus

• Orthomorpha crinita

• Pacifastacus nigrescens

• Pennatomys nivalis

• Peromona erinacea

• Pipilo naufragus

• Pipistrellus murrayi

• Platytropius siamensis

• Pleorotus braueri

• Pleurobema perovatum

• Procambarus angustatus

• Pseudophoxinus handlirschi

• Scelotes guentheri

• Stipax triangulifer

• Sus bucculentus

• Thomasettia seychellana

• Tokea orthostichon

• Unio madagascariensis

• Zonites santoriniensis

• Zonites siphnicus


Dobbiamo ora chiederci se la logica del profitto e della sfrenata produzione al solo scopo di produrre sia utile. Da un mese circa ci siamo fermati per prevenire il contagio da Covid-19, e già l’ecosistema ha ricavato enormi benefici.
Basti pensare al ritorno dei delfini nel porto di Cagliari, cacciati da vent'anni dal forte traffico nautico e dal criminale inquinamento del porto, o del ritorno dei pesci nella laguna veneziana.

La Cina ha dichiarato che nel mese di quarantena, da gennaio a febbraio, la qualità dell’aria è migliorata in maniera considerevole e che negli ultimi vent'anni non si erano mai registrati livelli di inquinamento così bassi.
Numerose specie animali hanno ricominciato a popolare le nostre città, ad esempio i cinghiali che scendono dai monti per la prima volta dopo vari decenni.

Quando usciremo da questa epidemia, dovremo risolvere una gravissima crisi economica. La domanda che però dovremmo porci, prima di pensare a colonizzare il sistema solare, o prima di inviare altre sonde nello spazio è: Homo sapiens ha capito qual è il suo posto nel mondo?

Partito Comunista dei Lavoratori - sezione Romagna

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