Emergenza coronavirus

Il coronavirus e le macerie dell'UE

Per una risposta internazionalista alla crisi

23 Aprile 2020
coronavEU


Lo sviluppo della pandemia Covid-19 è uno straordinario moltiplicatore delle contraddizioni che sotto molteplici aspetti caratterizzano il mondo contemporaneo.
Un’immagine emblematica è il modo con cui la pandemia ha proceduto nella città di New York, con le zone più povere falcidiate in maniera spaventosa con centinaia di cadaveri scaraventati in anonimi cimiteri.
Un altro aspetto della schizofrenia oggi imperante è la tragica ilarità che provocano gli appelli martellanti che invitano a restare a casa, e la corsa alla fase due, cioè alla ripresa delle attività produttive per riaprire tutto e subito senza garanzia alcuna per la salute. Vale a dire che gli stessi uomini e le stesse donne che devono stare a casa per mantenere il distanziamento sociale sono, al tempo stesso, vittime sacrificali da immolare al Moloch del profitto nei templi delle fabbriche capitalistiche.

Un’altra vicenda molto significativa è il modo con cui l’Unione Europea cerca di fronteggiare la pandemia. Quando parliamo di Unione Europea, ovviamente, non parliamo di un’entità metafisica; al contrario parliamo di un sistema di relazioni sociali, di gerarchie politiche, di rigidità economiche apertamente e radicalmente classiste. In questo quadro la pandemia non solo non cancella l’inconciliabile contrapposizione tra capitalisti e proletari ma, al tempo stesso, amplia le molteplici contraddizioni che mettono l’uno contro l’altro armate le diverse borghesie nazionali dei vari paesi europei.
L’Europa unita, nata come ancora di salvezza per tutelare le borghesie del vecchio continente travolte da due catastrofici conflitti mondiali e resa più debole dall’ascesa dei nuovi soggetti egemoni del mondo, non è stata in grado di eliminare i conflitti interimperialistici presenti al suo interno. Lo sviluppo della pandemia si svolge dentro questo scenario al tempo stesso ben definito ma anche carico di elementi di marcata instabilità.
Così avviene in occasione della richiesta avanzata dal governo italiano alla Commissione Europea di emettere i cosiddetti coronabond per cercare di fronteggiare la pandemia. Ciò comporterebbe l’adozione di un provvedimento i cui costi sarebbero a carico di tutta l’Unione nella sua interezza. La richiesta ha incontrato la ferma opposizione dell’Olanda e della Germania che, al contrario, puntavano al ricorso al cosiddetto fondo salva Stati con oneri che sarebbero ricaduti sulle spalle dei paesi che avrebbero beneficiato dei finanziamenti europei. Un’operazione di aperto strozzinaggio, che riproporrebbe i meccanismi di saccheggio e di devastazione sociale già usati qualche tempo addietro per ridurre al lastrico le masse popolari della Grecia.
Si è così arrivati a una scelta che destina all’Italia risorse limitate e strettamente vincolate all’emergenza sanitaria, con la realistica prospettiva che la stessa Italia debba passare poi all’utilizzo del fondo salva Stati.

Tutto ciò ha comportato per l’Italia un vero e proprio sconvolgimento politico con ricadute sulle precaria stabilità del suo quadro politico. Nella maggioranza il PD e LeU si sono dichiarati disponibili all’adozione di questo meccanismo. In particolare il PD, dopo una prima ipotesi di una contenuta patrimoniale formulata dai presidenti dei gruppi parlamentari e lasciata cadere immediatamente, ha accettato la condivisione della linea della Commissione Europea.
Nella stessa maggioranza, però, il Movimento 5 Stelle le oppone un netto rifiuto sulla base di un populismo demagogico fondamentalmente reazionario.
Il Presidente del Consiglio Conte cerca di mediare nel tentativo di salvare la continuità del governo.

Nel campo dell’opposizione emerge la stessa dinamica. Lega e Fratelli d’Italia alzano la bandiera di un'opposizione demagogica e nazionalista, mentre Forza Italia, sulla base degli interessi materiali del suo elettorato, si dichiara favorevole all’ipotesi formulata dalla Commissione Europea.
Tanto nella maggioranza quanto nell’opposizione parallelamente si costruiscono un’area europeista e un’area populista chiaramente di segno reazionario.

Più in generale emerge anche qui l’estrema debolezza che da decenni caratterizza il movimento dei lavoratori, oggi destinato ad essere totalmente subalterno ai giochi dei vari settori della borghesia. Tutto ciò con una ricaduta straordinariamente pesante, che spianerebbe la strada non solo a una sconvolgente devastazione sociale ma anche a quella del consolidamento dei modelli di gestione politica reazionari e autoritari. I pieni poteri di Orban rischiano di essere la prima manifestazione di una nuova e tragica marea nera che soffocherebbe la masse europee.

Come marxisti rivoluzionari non possiamo chiudere gli occhi di fronte a questo scenario. Al contrario, dobbiamo parlare con la necessaria chiarezza ai lavoratori.
Enormi masse saranno ridotte all’indigenza, la forza strutturale del movimento operaio rischia di subire un colpo mortale. La crisi produrrà un impoverimento generale e precipiterà nella condizione di un sottoproletariato disperato e disposto a qualsiasi avventura milioni di lavoratori. Li renderà ancora più subalterni a un consorzio di padroni senza scrupoli, banchieri, mafiosi e criminali di ogni genere che hanno la forza di detenere le leve del comando reale di economia e società. L’Europa si trasformerà in un Meridione gigantesco se negherà a molte generazioni il diritto a una vita vivibile. È questa la barbarie in cui rischia di essere precipitata l’umanità.

Come marxisti rivoluzionari dobbiamo capire che da questo terreno non si può scappare. Dobbiamo chiamare tutte le forze di avanguardia a costituire un argine di resistenza comune, dobbiamo evidenziare la necessità di salvaguardare un’identità di classe e di costruire attorno al movimento dei lavoratori un blocco che salvi tutte le masse povere ed esasperate.
Il PCL deve essere un soggetto attivamente impegnato su questo terreno riproponendo, a un livello più ampio e più alto, l’esperienza del coordinamento delle forze della sinistra di opposizione in Italia. Un coordinamento europeo delle forze di opposizione per fare pagare ai capitalisti il costo di questa crisi, con un programma chiaro: annullare il debito pubblico, non più spese militari e per grandi opere, una vera tassa patrimoniale, un programma di nazionalizzazioni controllate dalla società che colpisca banchieri, speculatori, mafia e grande criminalità e che reperisca le risorse per lo sviluppo della sanità e della ricerca, per il risanamento generale dell’Europa e, oggi, per garantire la sopravvivenza di massa visto che l’emergenza non è finita.
Una rete di comitati di lotta che porti in avanti questi obiettivi potrebbe essere la via per andare verso un'Europa socialista.

È chiaro che questi compiti sono tremendamente giganteschi. È evidente lo stato di grande debolezza in cui attualmente il movimento dei lavoratori in Europa versa.
La catastrofe che la pandemia rischia di provocare è anche, sul terreno politico, figlia di decenni oscuri in cui riformisti e burocrati di ogni risma hanno disarmato il movimento operaio, e hanno cancellato l’autonomia di classe e ogni riferimento all’internazionalismo.
Ma è altrettanto chiaro, di fronte a un oggi drammatico e a un futuro tenebroso, che oggettivamente la società è sempre più divisa in classi contrapposte, e sempre più chiaro che solo la dittatura rivoluzionaria del proletariato può salvare l’umanità.
È sempre più chiaro che tutte le risposte progressive non possono non svilupparsi su un terreno internazionale. Di fronte al precipizio della crisi del coronavirus sono ancora più attuali le parole di Marx ed Engels: “Proletari di tutti i paesi unitevi!”.
Rompere le catene che ci legano è oggi la sola condizione per salvare l’umanità e il pianeta in cui viviamo. Pur nei suoi odierni limiti, il PCL ha il dovere di sventolare con più forza questa bandiera rossa per raggruppare le migliori energie della società attorno a un programma rivoluzionario.

Pino Siclari

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