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Il massacro nelle residenze per anziani

La vita degli anziani e il profitto delle RSA

17 Aprile 2020
PAT


In una società organizzata attorno al profitto e non in funzione del genere umano, l'anziano è una figura residuale. Non una persona cui rivolgere maggiori attenzioni, ma essenzialmente un costo.
Si eleva l'età pensionabile per ridurre questo costo, ma l'alzarsi delle aspettative di vita ripropone disgraziatamente il “problema”. La riduzione della spesa dev'essere dunque perseguita per altra via. Una di queste è relegare al privato l'assistenza degli anziani: la famiglia, soprattutto la donna, su cui si scarica il “peso” dell'assistenza; o le case di riposo, le famose residenze per gli anziani di cui si occupano le cronache di questi giorni. Cronache sanitarie ma anche giudiziarie.

Le residenze per anziani sono in larga misure strutture private, in parte religiose, in parte laiche, in ogni caso votate al profitto. Spesso controllate da grandi padroni immobiliari che attorno ad esse hanno costruito un impero. Le stesse residenze per anziani a volte controllano grandi cliniche private attraverso intrecci azionari di varia natura e/o che hanno interessi nell'industria farmaceutica. Per entrambe gli anziani sono un mercato, anzi il principale mercato. E sul mercato si compra e si vende di tutto, perché tutto può fare profitto: il fine vita e persino la morte.

Nella vicenda del coronavirus le residenze per anziani si sono trasformate, com'è noto, nel luogo di un massacro. Una sorta di fossa comune. È accaduto a Milano, ma anche a Torino, a Genova, in Toscana, in Campania. E non solo in Italia, ma anche in Spagna e in Francia.
L'argomento per cui la cosa è naturale in quanto “il virus colpisce prevalentemente gli anziani, a maggior ragione se già sofferenti” non riesce a spiegare i numeri abnormi della strage. Lo spiegano invece altri fattori. Ad esempio la volontà di trasferire nelle case di riposo i malati dimessi dagli ospedali. Dimessi ma non guariti, dunque veicolo di contagio presso i degenti delle case di riposo e il loro personale, tanto più in assenza degli strumenti di protezione più elementari. In Lombardia quindici case per anziani hanno accolto a braccia aperte i malati dimessi dagli ospedali. Addirittura il 30% dei malati dimessi nel mese di marzo hanno trovato ospitalità presso le residenze, a seguito della delibera regionale dell'8 marzo. È il dato riconosciuto dalla Regione Lombardia, quindi al di sopra di ogni sospetto. Bene. Nel solo Pio Albergo Trivulzio, sacra istituzione milanese, 230 anziani in poche settimane hanno tolto il disturbo. Ma dopo aver reso, loro malgrado, l'ultimo servizio al profitto. La Regione paga infatti 150 euro al giorno la degenza nella RSA di un malato di Covid-19, a fronte di un contributo che oscilla tra i 29 e i 49 euro per i degenti di altre patologie. Un guadagno netto di 100 e 120 euro al giorno per ogni ospite affetto da coronavirus. Questo vale, dunque, la vita di un anziano per i padroni delle RSA?

Solo una rivoluzione può fare pulizia.

Partito Comunista dei Lavoratori

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