Internazionale

Intervista al compagno Zhang Shuchi sul coronavirus in Cina

14 Aprile 2020
zhang


La generale crisi sanitaria legata al Covid-19 è partita in Cina. Almeno per il momento, sembra che la Cina sia stata anche uno dei paesi che abbia reagito meglio, e che sia riuscito per primo a portare la situazione sotto controllo. Ma è davvero così? E se sì, perché?
Cercheremo di capirlo facendo qualche domanda al compagno cinese Zhang Shuchi, che abbiamo già intervistato in passato. Zhang Shuchi è ricercatore e collaboratore del Centro di Assistenza Legale e di Ricerca sul Lavoro "Yilian" di Pechino. È una ONG del lavoro, cioè una specie di surrogato di un sindacato indipendente (cosa in Cina formalmente vietata). Zhang Shuchi collabora anche con la rivista Made in China Journal. È un esperto in fatto di legislazione sui diritti umani.


Compagno Zhang, grazie per averci concesso questa intervista, che è già la seconda. Cominciamo con la prima domanda. Il coronavirus che ormai impazza in tutto il mondo è nato in Cina. Nell’era dei complottismi, non poteva mancare la teoria di una sua intenzionale creazione in laboratorio. Che ne pensi di questa teoria?

Grazie per l’opportunità! Per quanto ne so, c’è stata solo una ricerca non ufficiale dell’Istituto Indiano di Tecnologia che suggeriva che il coronavirus potesse essere opera dell’uomo, ma la sua credibilità è stata largamente messa in discussione da scienziati in prima linea e l’articolo è stato ritirato. Però, a causa del fatto che il “paziente zero” rimane ancora non trovato in Cina o altrove, la supposizione che il coronavirus, anche se non creato dall’uomo, sia stato rilasciato da un laboratorio militare ha attirato un po’ di attenzione (1). Secondo me, anche ammesso che ci sia una possibilità del genere, il pubblico potrebbe non avere mai la possibilità di ottenere abbastanza materiali di prima mano per provarla, perché le autorità li bloccherebbero.


Qual è stato l’impatto del coronavirus sulla Cina?

Più di 80.000 persone sono state infettate, 3.000 sono morte e l’intero paese è rimasto bloccato per oltre due mesi. Senza dubbio, l’impatto sociale ed economico in Cina è enorme. Adesso non possiamo dirlo con certezza, perché le statistiche per il primo trimestre del 2020 non sono state ancora pubblicate. D’altra parte, ci sono anche cambiamenti positivi, dato che questa tragedia ha risvegliato la consapevolezza pubblica sulle epidemie dopo la SARS nel 2003, la società è stata mobilitata e così si sono scoperti gli anelli deboli, la gente ha riconosciuto più profondamente l’importanza della produttività industriale e dell’organizzazione di primo livello, ecc.


Quali sono state, nel complesso, le misure prese dalle autorità per fronteggiare la crisi? Secondo te sono state efficaci? Sono state molto autoritarie?

Dobbiamo stare attenti a un certo tipo di abuso neoliberista nella terminologia. L’incendio selvaggio in Australia è stato gestito “liberalmente”? L’incidente di Fukushima è stato gestito “democraticamente”? Questa deriva dei significati è un travestimento dell’evasione dalla responsabilità, usata da tutti gli stati profondi, in tutto il mondo. Ci hanno diretto attraverso un ordine del giorno stabilito dai media: il “governo” dovrebbe avere pretese su tutto e usare la scusa del “governo limitato” allo stesso tempo. La gente sente persino di essere critica in questi momenti, mentre i veri detentori di responsabilità, compresi il capitale transnazionale, le principali multinazionali e i loro delegati, dietro il concetto astratto di “governo” ne escono illesi. Ancora peggio, cercano di presentare ogni problema sociale ed emergenza pubblica in maniera dualistica, cioè “democrazia versus dittatura”, così che il sacrificio forzato di vite umane e di stato sociale per il bene del capitale sarà ignorato, e le critiche zittite. Siamo di fronte a un virus mortale che non ha colori, come fermarlo è una questione scientifica piuttosto che ideologica, e lo standard di una questione scientifica implica necessità piuttosto che altro. Le misure della Cina sinora si sono dimostrate efficaci, certamente moltissimi problemi al suo interno hanno ancora bisogno di essere migliorati. Speriamo di vedere questo meccanismo adottato e aggiornato da più parti del mondo per fermare la pandemia.


Com’è organizzato il sistema sanitario cinese? Secondo te ha retto bene alla crisi?

Veramente, su questo ho solo conoscenze limitate. Secondo le loro possibilità ed attrezzature, tutti gli ospedali del paese sono classificati in tre livelli, e ogni livello è a sua volta classificato in tre ranghi. Ci sono ospedali pubblici che dipendono da finanziamenti governativi, e ospedali privati. Negli ultimi anni c’è stata una riforma di mercato del sistema sanitario che sosteneva che dobbiamo estendere quelli privati e limitare quelli pubblici, magari perfino abbandonarli. Ma questa volta la pandemia ha mostrato l’importanza degli ospedali pubblici nella mobilitazione e nel contenimento, quindi molte persone stanno cambiando le loro precedenti vedute.
I centri per la prevenzione e il controllo delle malattie in Cina stanno lavorando sotto il ministero della sanità, e hanno giocato un ruolo centrale lungo tutto la crisi. Il loro problema principale, come annunciato dall’accademico Zhong Nanshan che è il più prestigioso esperto epidemiologo in Cina, è che hanno bisogno dell’approvazione delle autorità superiori per rilasciare informazioni e lanciare politiche. Il ritardo iniziale del contenimento a Wuhan ha avuto molto a che fare con questo problema.
Data questa crisi specifica, ci sono due tratti unici nei quali la Cina è in vantaggio. Uno è il controllo della diffusione esponenziale del virus. La cosa fondamentale è non solo ammettere tutti i pazienti e tutti i portatori negli ospedali esistenti, ma anche tagliare drasticamente tutte le attività non necessarie nelle comunità, e concentrare e isolare tutte le persone infette, con o senza sintomi. La Cina ha un’organizzazione sociale di primo livello per questo, oltre alla capacità industriale per costruire nuovi ospedali in breve tempo.
Secondo, la profondità strategica della Cina ha impedito che il sistema sanitario locale collassasse. Il governo centrale ha mobilitato tutte le province per mandare squadre mediche e risorse per aiutare rispettivamente ogni sistema medico municipale nella provincia dello Hubei. In totale, ci sono stati oltre 38.000 squadre mediche ed enormi risorse mandate allo Hubei. Ciò si è dimostrato fondamentale per fermare il disastro e mitigare il numero delle vittime.


Passiamo al ruolo dei lavoratori cinesi, e di certe vulgate che spesso si diffondono sui “cinesi” in quanto tali. Seconda una diffusa vulgata, voi cinesi avete una mentalità collettivistica e asservita, cioè siete naturalmente portati a ubbidire alle autorità, e questo porterebbe a spiegare l’enorme sviluppo economico cinese. Ebbene, come hanno reagito i lavoratori cinesi alla crisi e alle misure per fronteggiarla? Le avete seguite passivamente, o ci sono state critiche, proteste?

Da materialisti storici e marxisti, sappiamo tutti che cose come il “carattere nazionale” o la “predisposizione naturale” di un popolo non esistono, e che né la schiavitù né nessuna cultura specifica, sia collettivista o individualista, potranno mai spiegare lo sviluppo economico. C’è solo costruzione sociale, circostanze, e una struttura che dobbiamo analizzare per poter arrivare a conclusioni sensate. Infatti questa pandemia rivela l’importanza della relazione fra l’industria manifatturiera e il livello di organizzazione sociale. Questa volta la Cina è fortunata ad avere la scala industriale più grande, la capacità e l’integrità della catena industriale. Ciò ha dotato la maggioranza dei membri sociali di atteggiamenti e abitudini realistici e scientifici nelle loro vite quotidiane, per seguire le istruzioni fornite dagli esperti e applicate dal governo. Inoltre, in confronto a società che dipendono principalmente dall’agricoltura e dal settore dei servizi, la società industriale ha bisogno di un livello di organizzazione molto più alto, che si incarna in diverse forme di diversi organi e norme sociali. Immaginate di trovarvi di fronte a un incendio selvaggio. Certamente libertà non significa ignorarlo e fare finta che non stia succedendo niente, o criticare e protestare contro le misure prese dai pompieri (ovviamente fanno anche degli errori), ma seguire “attivamente” le loro istruzioni e aiutarli il più possibile.


Nello specifico la tua ONG del lavoro con la quale collabori – o altre – hanno avuto un ruolo nella gestione della crisi? O magari nel protestare contro delle misure ritenute sbagliate o insufficienti?

Non moltissimo. Ci sono stati attivisti singoli (non Fang Fang, la presidente dell’associazione locale degli scrittori) che lavoravano a Wuhan e che hanno tenuto un blog per diffondere informazioni utili e per comunicare i progressi alla gente, ma principalmente non sotto forma di protesta. Anche se ho vissuto la pandemia solo in Cina, ci sono due aspetti che sento ampiamente differenti nel modo di affrontarla qui e in Occidente. Primo, qui non è messa alla maniera di “libertà individuale versus oppressione governativa”, per adattarsi alla narrazione neoliberale. Secondo, diversamente da quanto possano suggerire i grandi media, non tutto è controllato, organizzato e gestito solo dal governo. Piuttosto, somiglia più a una enorme sincronizzazione per tutti i diversi livelli e attori, all’interno dei quali il governo stabilisce solo la piattaforma politica di base e le risorse. Per esempio, ho letto di un volontario che si chiama Wang Yong che lavorava come fattorino, che ha contribuito grandemente, e penso che la sua mentalità e il suo paradigma di comportamento appartengano a molte altre persone sotto la descrizione comune di “collettivismo”. Qui (2) c’è un filmato introduttivo su di lui che ho trovato on line.


I sindacati di Stato hanno avuto un qualche ruolo nella crisi?

No, neanche. Anche loro si sono comportati in una maniera simile a quella descritta sopra: hanno aiutato i lavoratori dei trasporti a consegnare materiali, si sono curati delle famiglie dei pazienti, hanno assistito gli operatori sociali comunitari con ispezioni, registrazioni, spiegazioni e altre cose.


Di fronte a una crisi del genere è forte la tentazione di reagire in modi estremamente opposti. Uno è il panico, l’altro è la minimizzazione. Secondo alcuni pseudoesperti del web, il coronavirus non sarebbe particolarmente pericoloso, dato che non avrebbe una mortalità superiore a quello della normale influenza. La tua esperienza in Cina cosa ti dice?

Adesso tutti noi possiamo essere definitivamente d’accordo che questa non è un’influenza. Il numero di vittime è relativamente basso solo quando le informazioni e le istruzioni scientifiche sono distribuite in modo centralizzato, la politica di quarantena è applicata severamente e scrupolosamente con l’aiuto dal basso dell’organizzazione sociale, le protezioni individuali sono abbondanti e corrette, l’assistenza nell’intero paese è disponibile. Tutto ciò assicura l’efficienza del sistema sanitario. La ragione per minimizzare il virus in molti paesi ha delle basi economiche per le multinazionali. Penso che la gente abbia davvero bisogno di valutare la manipolazione dell’informazione, e la mentalità politica e sociale che ne consegue.


È recente la notizia dell’espulsione dei giornalisti stranieri dalla Cina. Qual è il motivo di questa scelta? È collegata con il coronavirus?

Se guardiamo la cronologia dello scoppio e paragoniamo la proporzione fra la serietà della situazione e le misure adottate, possiamo chiaramente dire che il ritardo del contenimento in altri paesi non è dovuto a disinformazione da parte della Cina ma alla misteriosa negligenza dei loro governi, perché a punti molto simili nella cronologia la Cina ha sempre implementato politiche più restrittive. Questa sottovalutazione è stata in gran parte causata dal fallimento dei media stranieri in Cina che coprivano questi temi. Ma ovviamente non sono stati espulsi per questo, la ragione diretta è una rappresaglia per l’espulsione di giornalisti cinesi da parte degli USA durante la cosiddetta “guerra dell’opinione pubblica” fra loro.


Permettici, sul piano più generale, una domanda sul marxismo e sul comunismo. Secondo te, nel modo in cui il Partito Comunista Cinese e i cinesi in generale hanno reagito alla crisi, c’è stata qualche traccia di approccio comunista o marxista (importanza della collettività, ecc.)? Oppure di nazionalismo patriottico (“Noi cinesi dobbiamo combattere per sconfiggere questo nemico”)?

In superficie entrambe le narrazioni sono utilizzate per mobilitare la società. Ma se andiamo un po’ più in profondità, le narrazioni e i discorsi non possono fare tutto il lavoro da soli, ci dev’essere qualche ragione strutturalmente e istituzionalmente “fisica” per motivare le cose, al di là di cosa la gente stesse davvero pensando al momento. Penso che questo sia uno dei punti chiave nel marxismo, che anche gli antimarxisti devono obbedire alla legge marxista, come Tolomeo doveva seguire la legge della gravità di Newton. Anche se a una fase molto preliminare, tendo a pensare che il sistema di pesi e contrappesi dello status quo fra il sistema governativo e il potere sociale del capitale abbia avuto un ruolo importante. Il PCC può anche non progettare e mantenere coscientemente questa struttura di fatto, anche se deriva in gran parte dall’eredità della Rivoluzione cinese. In breve, ciò vuol dire che in termini di realtà, né il governo né il capitale, che rispettivamente hanno risorse indipendenti e logiche interne per operare, sono naturalmente dominanti, perché devono competere l’un con l’altro. Invece nei sistemi politici con pesi e contrappesi formali i tre rami del potere governativo in senso stretto non osano dire veramente di no al capitale dietro le quinte. Se questo è un approccio “comunista/marxista” in qualsivoglia senso, allora sì.


L’Italia è oggi uno dei paesi più colpiti, con centinaia di morti al giorno. Molti, invece, guardano all’approccio cinese come a un grande successo. Secondo te, il PCC sta cercando di capitalizzare intenzionalmente questo successo?

Innanzitutto, permettetemi di esprimere stima e rispetto sinceri per il grande sforzo e sacrificio del popolo italiano in questa battaglia che abbiamo combattuto nella stessa trincea. Questa crisi ha rivelato la seria ingiustificabilità della attuale globalizzazione nella divisione economica e sociale, principalmente guidata dal capitale transnazionale. Credo che la moderna produttività industriale e l’organizzazione che ne segue, come detto prima, siano fattori chiave per affrontare una crisi avvenuta nello stesso processo della modernità. Ma la sua distribuzione è fatalmente sbilanciata dalla prospettiva del benessere delle persone piuttosto che dal saggio di profitto del capitale globale. Se ci sono dei successi, non appartengono e nessun governo, partito o forma politica specifici, ma alle persone che sono fortunatamente attrezzate con questi fattori. D’altra parte, certamente il capitale globale non è né in grado né intenzionato ad accollarsi la responsabilità del governo globale, ma preferisce nascondersi sotto sistemi governativi inefficaci e frammentati mascherati da nazionalità. Credo fermamente che questo problema dovrebbe essere smascherato e affrontato nei prossimi decenni, questo potrebbe essere uno dei temi maggiori per i marxisti della nostra generazione.


Nello sconforto e nella paura generale, alcuni stanno cercando delle spiegazioni scientifiche sul perché il coronavirus abbia colpito zone come Wuhan e la Pianura padana. Una ipotesi da dimostrare sarebbe l’altissimo inquinamento di queste aree, come se un sistema respiratorio minato dall’inquinamento fosse più debole nei confronti del virus. In Cina si parla di questa ipotesi? Ci sono scienziati cinesi che la prendono in considerazione?

Per quanto ne so, non ancora. Ma questa è un’ipotesi davvero molto euristica che potrebbe essere provata in seguito. In Cina, la maggior parte di noi suggerisce che è stata l’importante centralità come nodo dei trasporti di entrambe queste zone a renderle il centro dello scoppio. Wuhan è localizzata nel bel mezzo della Cina orientale ed era ben nota come “la porta alle nove province” anche nei tempi antichi. La Pianura padana è alla congiunzione della regione alpina che connette diverse nazioni circostanti ed è una delle più importanti regioni industriali non solo per l’Italia ma anche per l’intera Europa. Oggi reti ferroviarie ad altra velocità, l’aviazione e la navigazione portano enormi trasporti di personale e carichi attraverso queste aree. Devo ammettere che all’inizio io ero come tanti altri, consideravo questa pandemia “solo un altro virus”, che sarebbe arrivato e se ne sarebbe andato proprio come in ogni anno recente. Questo mostra ancora la nascosta emergenza quotidiana del tardo capitalismo globale nel nostro tempo. Il nostro sistema è ancora più fragile di quanto pensassimo. Il nostro orologio ticchetta ma il nostro futuro potrebbe essere grande e luminoso, se unissimo le nostre mani e andassimo all’assalto attraverso questa Valle di Kafdin [espressione comunista cinese: “Valle di Kafdin” sta per “capitalismo”, ndr].





(1) "March 20 2020 Meet Wuhan CoronaVirus Patient One Maatje Benassi", https://www.youtube.com/watch?v=Y4Xdw1bYryk; "The Coronavirus CONSPIRACY - Did COVID-19 Come from America?", https://www.youtube.com/watch?v=3J6zm6zgah0&t=63s

(2) https://www.youtube.com/watch?v=TfzjRyy44IY

Partito Comunista dei Lavoratori

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