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A chi vanno i quattrocento miliardi? E chi li paga?

Il “poderoso” intervento del governo a favore delle banche e a spese dei salariati

7 Aprile 2020

Le imprese vengono garantite dalle banche. Che vengono garantite dallo Stato. Che viene garantito da... lavoratori dipendenti e pensionati

contegualtieri


«Un volume di fuoco mai visto», «l'intervento più poderoso della storia d'Italia». Le iperboli si sprecano sulla bocca del Presidente del Consiglio per magnificare le misure economiche varate ieri. Al netto della propaganda tronfia, c'è un nucleo di verità nelle parole di Conte, perché l'intervento è davvero poderoso. Ma a favore di quale classe? E chi è chiamato a pagare il conto? Questi interrogativi elementari sgonfiano il pallone della retorica e riportano le cose alla realtà. Realtà purtroppo assai miserabile. Nella più grande crisi sanitaria e sociale del dopoguerra, il governo italiano ha stanziato 3,5 miliardi per la sanità mentre ha posto 400 miliardi di risorse pubbliche a garanzia delle banche e a favore delle imprese, incluse naturalmente le imprese della sanità privata, che destinano l'1% alle terapie intensive perché poco remunerative. Oppure le imprese che gestiscono il ricco business delle residenze per anziani e case di riposo dove si sono condannati a morte in stato di abbandono centinaia di ospiti indifesi.


LA GIOIA DEI CAPITALISTI

Ma è bene andare più nel dettaglio. Garantire la liquidità alle imprese è la parola d'ordine di tutti i partiti borghesi, al governo e all'opposizione. La liquidità la garantiscono le banche attraverso i prestiti. Ma le banche devono essere garantite a loro volta dal rischio, tutt'altro che remoto, che le imprese non ripaghino il debito contratto. Chi, dunque, garantisce le banche? Lo Stato, che mette una montagna di miliardi pubblici a copertura dei loro prestiti. Il messaggio è esplicito: prestate pure alle imprese “senza valutazione andamentale”, cioè senza far loro i conti in tasca. I conti in tasca fateli a un cassaintegrato, a un precario, a un disoccupato che non sa come pagare affitto o mutuo, e a cui infatti negate il credito. Ma ai capitalisti no, a quelli dovete dar soldi a prescindere, con un tasso più basso e a lunga scadenza (6 anni), perché sulle imprese avete le spalle coperte dallo Stato. Il quale stanzia peraltro altri trenta miliardi a copertura delle proprie garanzie. Ma chi copre a sua volta, di grazia, le spalle allo Stato? I contribuenti, naturalmente. Cioè in primo luogo i lavoratori dipendenti e i pensionati che reggono sulle proprie spalle l'80% del carico fiscale, mentre le tasse sui profitti (Ires) sono passate in poco più di dieci anni dal 34% al 20%. Qui il cerchio si chiude. Il «più poderoso intervento economico del dopoguerra» è a carico dei lavoratori e delle lavoratrici: quelli che vengono mandati in fabbrica, negli ospedali, nei supermercati, senza protezioni e sicurezza, dalle stesse imprese che intascano il malloppo. Chi può meravigliarsi se ieri la borsa di Milano è esplosa di gioia al solo annuncio di queste misure? Nello stesso giorno in cui la città contava 112 morti di coronavirus in ventiquattr'ore, Piazza Affari brindava a champagne. Del resto gli affari sono affari, e la pecunia certo non olet.


IL SORRISO DELLE BANCHE

Intascano i padroni di ogni taglia. I padroni piccoli e medi (fino a 499 dipendenti) con le garanzie offerte da un apposito fondo, ma anche i grandi padroni (da 500 dipendenti in su) grazie al sostegno della SACE, controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti. Intascano soprattutto le banche, che possono prestar soldi à gogo senza rischiare praticamente nulla.

Già, le banche. C'è una ragione di fondo che spiega la protezione delle banche da parte dello Stato. Le banche sono le detentrici del debito pubblico italiano. Sono quelle che assieme alle assicurazioni comprano la maggior quantità di titoli pubblici emessi dallo Stato. Quando si parla di debito pubblico si parla del debito dello Stato verso le banche. E non le banche tedesche, come vorrebbe la propaganda sovranista un tanto al chilo, che purtroppo furoreggia anche in ambienti della sinistra. Ma le banche italiane: Unicredit, Banca Intesa, le grandi banche del salotto buono, quelle che controllano con propri pacchetti azionari parecchi organi di stampa. Più lo Stato ha tagliato le tasse sui capitalisti, più ha dovuto indebitarsi sul mercato finanziario con le banche (anch'esse beneficiarie a loro volta dei tagli fiscali ai profitti), pagando ogni anno gli interessi sul debito, da 60 a 80 miliardi annui. Interessi che cumulandosi gli uni sugli altri hanno trascinato un debito pubblico mostruoso, che oggi si attesta sul 130% sul Pil, ma che ora, gravato dai nuovi sostegni alle imprese, veleggia verso il 150%. Coprire le spalle alle banche è allora coprire le spalle ai propri creditori, mentre le banche trovano nello Stato il proprio cliente preferito, quello che può mettere a loro disposizione una montagna di risorse pubbliche pagate da tutti. Il poderoso intervento del governo ha innanzitutto questo significato.


L'ASSISTENZA PUBBLICA DEL PROFITTO PRIVATO

Contro le favole raccontate a sinistra sul primato del capitalismo “liberista”, da correggere con l'intervento dello Stato (“più Stato, meno mercato”), il capitalismo è più che mai un capitalismo assistito. In ogni paese e continente. Né le imprese né tanto meno le banche potrebbero mai fare a meno della montagna di miliardi che lo Stato mette a loro disposizione prelevandoli dal portafoglio dei salariati o tagliando la sanità, le pensioni, l'istruzione. Così è stato in particolare dopo la grande crisi del 2008, così sarà a fronte della nuova grande recessione che si annuncia.

Questa verità è rivoluzionaria. Se grandi imprese e banche vivono di assistenza pubblica, salvo portare in Lussemburgo o in Olanda la residenza fiscale, per quale ragione non dovrebbero essere nazionalizzate sotto il controllo dei lavoratori? Per quale ragione l'intera società deve essere salassata per continuare a sorreggere un piccolo mondo parassitario di tagliatori di cedole? Per quale ragione le risorse pubbliche debbono porsi al servizio del profitto privato invece che dei bisogni della collettività, della salute, del lavoro?

L'esperienze delle politiche borghesi, sullo sfondo del coronavirus, ripropone una volta di più la prospettiva anticapitalista e rivoluzionaria quale unica soluzione razionale dei grandi problemi della società. L'unica via che possa restituirle l'umanità.

Partito Comunista dei Lavoratori

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