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La condizione degli eroi

I lavoratori e le lavoratrici della sanità e il cinismo ipocrita dei capitalisti

27 Marzo 2020
InfermieraSpossata


Medici, infermieri, barellieri, personale di cucina e delle pulizie, un popolo. Il popolo della sanità, oggi al fronte. C'è un naturale sentimento di ammirazione e ringraziamento da parte di tutti per il lavoro del personale sanitario sul fronte di guerra del coronavirus. C'è in quel lavoro una componente di generosità e di coraggio, la consapevolezza di un ruolo sociale e solidale verso altri esseri umani, che è merce rara dopo tanti anni di reazione politica e culturale. Una merce che invece è assente ai piani alti della società borghese. Ciò che più indigna infatti è il trattamento cinico che le classi dirigenti riservano proprio ai lavoratori e alla lavoratrici della sanità.

Tutti conoscono ormai gli orari di lavoro massacranti cui questi lavoratori sono oggi costretti, dalle dodici alle quindici ore giornaliere: un carico “obbligato” non solo dal numero dei ricoveri e degli assistiti, ma anche e soprattutto dal taglio di decine di migliaia di posti di lavoro negli ospedali italiani nel corso degli ultimi 30 anni, sotto i governi di ogni colore, per pagare il debito pubblico alle banche ed elargire miliardi alle imprese. Incluse ovviamente le imprese della sanità privata.

Così tutti sanno della mancanza di dispositivi di sicurezza adeguati per il personale, con operatori costretti a indossare per diversi giorni la stessa mascherina o gli stessi guanti persino nei reparti della terapia intensiva, proprio dove l'esposizione al contagio è più diretta. Ciò che spiega l'altissima percentuale di morti tra medici e infermieri, non solo in Italia, ma anche in Spagna e in Francia.

Invece non tutti conoscono altri aspetti della loro condizione. Un numero esorbitante di contratti a termine, stipendi miserabili, mancato rinnovo contrattuale (nella sanità privata da ben 13 anni!), pochissime ore di formazione professionale per tagliare i costi aziendali, divieto di congedo parentale, impossibilità di denunciare pubblicamente la propria condizione di servizio senza incorrere nel reato di procurato danno all'azienda, ciò che significa licenziamento certo. Insomma, una situazione di ricatto e di impotenza, resa oggi ancor più pesante non solo dal numero delle ore di lavoro, ma dallo stress emotivo della relazione quotidiana con persone in pericolo di vita, disperatamente sole, per le quali il medico e l'infermiere non è solamente tale ma diventa spesso l'unica presenza affettiva disponibile. Solo se si guarda complessivamente a questa situazione di lavoro si comprendono le conseguenze gravi che a volte ne discendono: la scelta delle dimissioni, in qualche caso estremo persino il suicidio.

Ora, di fronte a tutto questo, fa veramente ribrezzo che la grande stampa borghese, quella che ha predicato per decenni i tagli alla sanità, riservi a questi lavoratori la patente di “eroi”. Tanto più se viene affibbiata, come ieri è accaduto, dal presidente di Confindustria lombarda Bonometti, primo responsabile della strage quotidiana di Bergamo e di Brescia, escluse per sua volontà dalle misure di Codogno per non turbare produzione e profitti delle imprese metalmeccaniche. Quanto al governo, il prezzo attribuito ai lavoratori della sanità, come ad altri, è un premio di 100 euro in più in busta paga. Un eroismo davvero a basso costo, non c'è che dire. Nulla a confronto dei grassi dividendi di oltre 5 miliardi che le grandi banche tricolore (Intesa Sanpaolo, Banco BPM, UBI, BPER, Unicredit) riservano proprio nella giornata di oggi ai rispettivi grandi azionisti. Respingendo oltretutto l’invito della Federazione bancaria europea (EBF) a rinviare la spartizione degli utili a un momento più “consono”.

Sì, siamo in guerra. Una grande guerra. Coi generali che mandano la truppa a crepare in trincea mentre loro si spartiscono il bottino. Ma i dopoguerra riservano a volte spiacevoli sorprese agli stati maggiori. Così è stato nel secolo scorso, così potrebbe succedere domani.

Partito Comunista dei Lavoratori

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