Dalle sezioni del PCL

A casa e pagati: la lotta paga alla YKK

18 Marzo 2020
YKK


Alla YKK (multinazionale giapponese delle cerniere per vestiti, 300 addetti) di Prarolo (Vercelli) mercoledì 11 marzo, verso l'una di notte, la direzione ci annuncia unilateralmente, con un sms, della necessità immediata di un giorno di chiusura.

Subito si fa largo tra i lavoratori il sospetto di un caso di coronavirus (ora sono ufficialmente due). La direzione mercoledì sera con un altro sms avvisa tutti i dipendenti che ha sanificato tutta la fabbrica e che quindi, il giorno dopo, giovedì 12, si può riprendere tutto come prima. La RSU si impunta e chiede di stare a casa anche giovedì e venerdì con PAR (Permesso Annuo Retribuito) collettivi. Al rifiuto segue uno sciopero di 2 giorni con adesione pressoché al 100%. L'azienda si piega e comunica, sempre via sms, che siccome ci tiene più di tutto alla salute dei dipendenti (24 ore prima dello sciopero teneva ancora solo al profitto!), staremo a casa fino a domenica 22, senza specificare come saremo pagati.

Ora lo sappiamo: la lotta ha pagato. Eccome se ha pagato. La direzione se l'è fatta nei calzoni e oggi 18 marzo ha siglato un accordo.

Mercoledì scorso saremo pagati con un PAR extra. Poi da mercoledì prossimo ci alterneremo con turni settimanali da 6 ore pagati 8. La settimana che saremo a casa (come anche questa) saremo pagati con la cassa integrazione retribuita al 100%.

L'YKK al momento indica la strada. Troppa è ancora la rassegnazione nei direttivi FIOM. Prevale purtroppo l'idea che per salvarsi dal coronavirus ci si debba rimettere comunque nel salario. Non è così. La vicenda YKK lo dimostra. E se avessimo scioperato anche due mesi fa, oggi avremmo anche il premio, anziché un pugno di mosche in welfare.

Impariamo la splendida lezione di questa lotta vittoriosa. Per l'immediato avvenire.

Lorenzo Mortara - Operaio YKK, Direttivo FIOM Vercelli

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