Interventi

La malafede recidiva di sedicenti antimperialisti

31 Gennaio 2020
volant.guer.coord.



Un tal Vincenzo Brandi trae spunto dalla manifestazione pacifista del 25 gennaio a Roma per accusare il PCL in quanto trotskista di condividere assieme al PD «un’ideologia neo-colonialista secondo cui solo i paesi occidentali possono essere portatori di istanze democratiche, per cui sono giustificate tutte le operazioni militari di peace-keeping, magari sotto le bandiere dell’ONU, e gli “interventi umanitari”, magari a suon di bombe, contro paesi ex-coloniali, considerati “dittature”».

Da qui l'invito a «chi si trova su posizioni genuinamente antimperialiste, nella tradizione di Lenin» a «prendere le distanze dai falsi pacifisti».

Ora, agli sciocchi non è necessario rispondere. Alla malafede invece sì, specie se recidiva.

L'autore dell'articolo ben conosce le posizioni del PCL. La nostra opposizione di principio a ogni intervento imperialista. La nostra polemica costante contro ogni forma di imperialismo democratico e umanitario. La nostra critica pubblica proprio degli argomenti da “imperialismo democratico” presenti purtroppo nell'appello di convocazione della manifestazione contro la guerra del 25 gennaio. Se dunque il nostro sente l'esigenza di falsificare consapevolmente le posizioni del nostro partito (e non è la prima volta) ci chiediamo perché.
È vero che il metodo della calunnia è proprio della tradizione staliniana cui il nostro autore probabilmente si richiama. Ed è stato esercitato nella storia, contro i comunisti rivoluzionari, con metodi ben più pesanti di quelli che oggi si può consentire un Brandi qualunque. Ma è solo l'abitudine della calunnia e il livore antitrotskista a dettare questa grossolana falsificazione? Non è escluso, ma non lo sappiamo.

Ciò che invece sappiamo è che “gli interventi imperialisti a suon di bombe” sono stati sostenuti nel passato non dai trotskisti ma da ben altri ambienti. Pensiamo ai bombardamenti democratici del governo imperialista francese in Algeria (40000 morti nel maggio 1945) o in Vietnam (nel 1946), con sostegno dei ministri del Partito Comunista Francese. Oppure ai più recenti bombardamenti umanitari in Serbia del governo imperialista di Massimo D'Alema sostenuto da Cossutta, Diliberto, Rizzo. Oppure al finanziamento della missione imperialista in Afghanistan dell'ultimo governo Prodi, col voto favorevole del Partito della Rifondazione Comunista. Ecco, se Brandi cerca “imperialisti democratici” guardi in quella direzione, e magari troverà tra loro qualche estimatore delle sue attuali elucubrazioni antitrotskiste.

Quanto a noi, ciò che realmente ci differenzia dal nostro e dalla sua scuola di pensiero – chiamiamola così – non è l'opposizione agli interventi imperialisti, e neppure la difesa doverosa di ogni paese dipendente ex coloniale che sia fatto oggetto di quegli interventi. Abbiamo difeso incondizionatamente l'Iraq contro gli USA, la Serbia contro la NATO, l'Argentina contro la Thatcher, come oggi difenderemmo l'Iran da una aggressione USA. Ciò che ci separa è proprio una barriera di classe. È il rifiuto di un sostegno politico ai regimi dominanti di quei paesi. Regimi dittatoriali che reprimono le lotte operaie, mettono in galera i sindacalisti, rifiutano i diritti democratici alle donne, opprimono le minoranze nazionali. Sì, noi stiamo dalla parte delle rivolte di massa contro quei regimi, in piena autonomia dalle loro direzioni liberali o piccolo-borghesi, nel nome di una una prospettiva antimperialista e socialista. È la tradizione comunista e rivoluzionaria. Quella che portava Lenin a sostenere la Turchia contro l'imperialismo inglese senza cessare di denunciare e combattere un regime turco che impiccava i comunisti.

Ma forse per il nostro sono esempi troppo sofisticati. È più facile pensare che a confrontarsi al mondo non siano le classi ma i "campi", e che le rivolte di massa in Algeria, in Iraq, in Libano, o in Egitto (tra gli esempi sfortunati che il nostro porta) siano tutte «indotte dall’esterno dai servizi segreti occidentali» onnipotenti. Salvo chiedersi, a questo punto, come sarà mai possibile una rivoluzione socialista in un mondo in cui tutto è plasmato dalla CIA.
Ma forse è proprio la rivoluzione che non interessa. Molto più facile calunniare i trotskisti e il PCL.

Partito Comunista dei Lavoratori

CONDIVIDI

FONTE