Rassegna stampa
La sinistra resta a guardare
da Il Manifesto
23 Gennaio 2008
Sì alla fiducia con dubbi Mussi (Sd) e Giordano (Prc): «Poi andiamo uniti qualsiasi sia la legge elettorale». Diliberto (Pdci): «No al governo istituzionale, meglio andare subito al voto»
«La maggioranza non è mica un minestrone in cui ci butti dentro quello che ti pare». Al termine di una segreteria cupa, il segretario di Rifondazione Franco Giordano respinge seccamente l'assalto dei cronisti che gli chiedono lumi su un'eventuale allargamento della maggioranza e su un possibile governo istituzionale. Oltre al Pd, infatti, sulla graticola ci sono i partiti che più di tutti si sono spesi per la riforma della legge elettorale, cioè l'Udc e Rifondazione.
A un partito incerto, quasi sfiancato dal sostegno a un governo che sente sempre più distante, Fausto Bertinotti ha indicato la linea ancora prima del Professore, con un'intervista alla Stampa in cui ha difeso a chiare lettere la possibilità di un governo ponte che faccia le riforme. Nel partito però le cose non sono così semplici. «Vedremo, per ora sono chiacchiere», dice brutalmente Giordano interpellato dai cronisti. Domenica il Prc ha indetto una «giornata straordinaria di mobilitazione, con iniziative, dibattiti, presenze nel territorio da costruire nel modo più unitario con le altre forze della sinistra, associazioni, movimenti». E sabato è convocata una riunione della direzione e dell'esecutivo nazionali allargato ai gruppi parlamentari.
L'analisi della crisi è chiara: è maturata «nel ventre molle del centro moderato, prima hanno boicottato il programma dell'Unione, poi hanno bloccato la redistribuzione sociale», dice il segretario.
A sinistra i volti sono cupi. Sulla linea della trattativa indicata da Bertinotti si sono detti prudenti, a porte chiuse, sia il segretario che i dirigenti vicini al ministro Paolo Ferrero, che ha lasciato anzitempo la segreteria. Difficile, infatti, assicurarsi che un governo tecnico si limiti solo alla legge elettorale. E in caso di «macelleria sociale» sarebbe difficilissimo presentarsi alle urne con un volto credibile.
Per uscire dal vicolo cieco, Mussi e Giordano concordano su un doppio binario: da un lato chiarire a Prodi - in guerra con Veltroni per la leadership della coalizione in caso di nuove elezioni - che non può essere lui il candidato premier della Sinistra-Arcobaleno. Dall'altro accelerare a tavoletta verso un'unità della sinistra mai così in bilico. «Qualunque sia lo sviluppo della crisi e la legge elettorale con cui si andrà alle urne dobbiamo presentarci uniti»», dice Fabio Mussi per Sd. Si ipotizza un'unica delegazione al Quirinale e uno speaker unico ma anche sul piano simbolico è tutto in alto mare. «Quando c'era da trattare con Veltroni sulla legge elettorale eravamo contro il voto anticipato e rimproveravamo Verdi e Pdci. Ora che si avvicina un referendum che ci cancellerebbe siamo pronti a rovesciare il tavolo. Bella coerenza», attacca un dirigente della minoranza del partito.
Pdci e Verdi intanto vanno avanti per la loro strada e puntano tutto sul Professore o sul voto con il «porcellum» che non cancella i piccoli.
«Prodi è stato impeccabile dal punto di vista istituzionale ed ha fatto un intervento da leader della maggioranza», dice soddisfatto il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, che ha evitato per il rotto della cuffia il voto di sfiducia individuale di oggi in senato. Sulla stessa linea Oliviero Diliberto: «Spero proprio che Prodi ce la faccia. Altrimenti si deve andare al voto. Il Pdci non è disponibile ad alcun 'pateracchio' e non parteciperà mai a un governo istituzionale o quant'altro». Bertinotti è servito.
Spietate le analisi a sinistra della sinistra. «Sono come i marinai che per fedeltà al capitano affondano con la propria nave», attacca Marco Ferrando, del Partito comunista dei lavoratori. «Ed è ancora più grave la rinnovata apertura di Bertinotti a uno scenario di governo istituzionale con Berlusconi. Sarebbe quello il governo del risarcimento sociale a difesa degli operai?». Di «epilogo desolante» parla la Sinistra critica di Cannavò e Turigliatto, che in aula voterà contro Prodi. «La sinistra di governo in questi due anni ha avallato le peggiori politiche in cambio di niente e oggi è costretta a continuare a dare la fiducia a un governo che non ha più niente da dire».