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Si è svolto il quinto congresso nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori

Report sintetico e documento approvato

20 Novembre 2019
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Dal 1° al 3 novembre si è svolto a Rimini il quinto congresso nazionale del PCL. Si è realizzato in solo tre giorni perché il tema dei nostri rapporti internazionali si era già affrontato in una conferenza nazionale a febbraio. Il congresso nazionale è stato il punto di approdo di un percorso congressuale aperto a luglio con il varo delle proposte congressuali da parte del Comitato Centrale, e che ha coinvolto nei mesi di settembre e ottobre l'insieme delle sezioni territoriali del partito. Il cambio di scenario politico ad agosto, naturalmente, ha introdotto nella discussione elementi importanti di aggiornamento.

Lo svolgimento del congresso nazionale ha visto, dopo l'elezione delle commissioni congressuali (commissione politica e commissione statuto), un'ampia discussione politica attorno all'ordine del giorno del congresso: la situazione politica, nazionale e internazionale, i nostri compiti di intervento nella lotta di classe, gli aspetti politici e organizzativi della costruzione del PCL.

La discussione si è posta nel quadro di una cornice politica comune, sia in relazione all'analisi di alcuni aspetti dello scenario mondiale (carattere strutturale della crisi capitalistica, rilancio delle contraddizioni interimperialiste attorno al confronto centrale tra imperialismo USA e neoimperialismo cinese, crisi dell'Unione Europea, crisi del movimento operaio e sviluppo dei populismi reazionari), sia rispetto alla lettura della situazione politica italiana e al forte ripiegamento della classe lavoratrice, dei suoi livelli di mobilitazione e di coscienza. Comune il riferimento alle responsabilità decisive delle direzioni sindacali e dei gruppi dirigenti della sinistra politica in ordine a questo ripiegamento, e alle conseguenze politiche non solo sindacali delle loro scelte (forte sviluppo del populismo reazionario tra i lavoratori). Comune il richiamo di fondo alla prospettiva anticapitalista e rivoluzionaria.

Entro questa cornice comune, nello spirito della democrazia rivoluzionaria, si sono confrontati elementi diversi di impostazione: sulla dinamica della lotta di classe internazionale, sull'articolazione dell'intervento nella classe in relazione all'uso del metodo transitorio, sull'importanza della battaglia politica a sinistra, sul rapporto tra propaganda e agitazione, sui risvolti organizzativi delle impostazioni a confronto.

Il PCL, secondo la vera tradizione leninista, basa la sua vita sui principi del centralismo democratico (massima libertà di discussione interna, massima unità nell’azione esterna). Sulla base di questi principi sono stati presentati alla discussione e al voto di tutti i compagni e le compagne, a partire dalle sezioni, quattro documenti tra loro alternativi, uno presentato dalla maggioranza del Comitato Centrale uscente, gli altri da tre diverse minoranze del CC stesso.
Il primo, intitolato Non un passo indietro sulla strada della rivoluzione, ha avuto tra i firmatari Federico Bacchiocchi, Francesco Doro, Marco Ferrando, Franco Grisolia, e ha ottenuto il 65,5% dei voti; il secondo, intitolato Lotta di classe e rivoluzione, tra i firmatari Cristian Briozzo, Tiziana Mantovani, Luca Scacchi, ha ottenuto il 17,5%; il terzo, tra i firmatari Eugenio Gemmo, L’unica strada possibile, il 14%; il quarto, tra i firmatari Michele Terra, Un aggiornamento teorico per un rilancio politico e organizzativo, il 2,9%.
Il Congresso ha eletto un Comitato Centrale rappresentativo democraticamente, su basi proporzionali, dei primi tre documenti a confronto. Infatti i delegati del quarto documento hanno deciso di non essere presenti al congresso nazionale, e quindi nel voto finale dei delegati (determinante, perché secondo le tradizioni leniniste nel PCL non esiste mandato imperativo) ha avuto zero voti. Quindi il voto finale tra i delegati è stato, in percentuale, il 67,3 per il primo documento; il 18,2 per il secondo, 14,5 per il terzo.

I compagni e le compagne possono vedere il testo congressuale approvato in allegato a questa nota.
Ulteriormente, di seguito, si possono vedere pubblicati in allegato ad una breve nota i documenti congressuali respinti.
Infine, in tempi rapidi, i rappresentanti nei nostri organismi dei diversi documenti vedranno pubblicato, su basi paritarie, il proprio bilancio del congresso.
Il tutto per consentire all'insieme delle avanguardie che seguono il nostro partito di avere una piena conoscenza della realtà del suo confronto.

Qui ci limiteremo dunque ad esporre in estrema sintesi la scelta di fondo compiuta dal congresso attorno alla linea di proposta del primo documento, che i compagni trovano integralmente in coda a questa introduzione.

Il primo documento, Non un passo indietro sulla strada della rivoluzione, parte da un’analisi della situazione internazionale che ha visto da decenni una progressiva offensiva della borghesia contro il proletariato largamente vincente. Tuttavia questa offensiva non è priva di contraddizioni e controtendenze. Proprio quest’anno sono esplose in vari paesi e scacchieri del mondo (Algeria, Sudan, Hong Kong, Iraq, Haiti, Ecuador, Cile, etc.) movimenti di massa che hanno portato a situazioni prerivoluzionarie o addirittura rivoluzionarie.
In questo quadro la situazione italiana resta una delle più negative al mondo, con la sconfitta non solo sociale del proletariato, ma con una sua deriva politica profonda, con il passaggio di vasti settori operai al voto alla Lega e ai Cinque stelle. Questa situazione di arretramento progressivo della lotta di classe, della coscienza e dei livelli di mobilitazione dell’avanguardia stessa, non poteva che riflettersi su un partito come il nostro, che è tutto il contrario di una setta, e determinare le sue difficoltà. A questo si sono aggiunte alcune piccole scissioni, in prevalenza settarie, che hanno penalizzato il partito. Ma accanto alle ragioni oggettive e a quelle delle scissioni, ci sono stati certamente errori del gruppo dirigente nella gestione del partito che vanno corretti, nell’ambito del mantenimento della linea politica e strategica precedente. Per questo il PCL deve essere più, e non meno, un'organizzazione di propaganda combattiva, capace di rivendicare la prospettiva della rivoluzione socialista, anche in netta polemica con le altre organizzazioni di sinistra, spesso sedicenti “comuniste”; un'organizzazione capace di legare l’intervento nella classe e nei movimenti (propagandistico e, ove possibile, agitatorio) alla prospettiva del governo dei lavoratori e delle lavoratrici, attraverso il metodo transitorio. Naturalmente la piena difesa dell'autonomia politica del partito non contraddice la proposta centrale del fronte unico e la pratica dell'unità d'azione con altre organizzazioni della sinistra (come ad esempio l'iniziativa unitaria del prossimo 7 dicembre, che ha visto il nostro partito tra i promotori, con un ruolo importante). Semplicemente, evita di combinarla con forme di subordinazione o autocensura.

In questo quadro generale, il congresso ha sottolineato l'esigenza sviluppare in particolare l’intervento di "tendenza" nelle organizzazioni di massa (sindacati e altro) e di investire più che in passato nella formazione teorica e politica degli iscritti e iscritte del PCL. Questo con un partito certo segnato dalla massima libertà di discussione interna (come è sempre stato), ma in cui tutti e tutte rispettino le decisioni democratiche prese dalla maggioranza degli organismi o dei militanti.

Nell'ambito di questo impianto complessivo, il congresso ha manifestato la forte determinazione a rilanciare il Partito Comunista dei Lavoratori e la sua costruzione.

Partito Comunista dei Lavoratori

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