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Quale futuro per decine di migliaia di precari della scuola?

15 Settembre 2019
scuola_precari


LE ATTESE E GLI INIZI

Questa settimana vedrà in gran parte delle regioni italiane la ripresa dell'anno scolastico. A fianco dell'attesa dei genitori e degli studenti, c'è però anche un'altra attesa, ben più amara e angosciosa. Quella dei docenti che ancora non sono di ruolo, più comunemente definiti precari. Docenti che ogni anno costituiscono sempre più un settore consistente dell'insegnamento italiano, e grazie ai quali la stragrande maggioranza delle scuole in diverse regioni italiane, soprattutto al centro-nord, può iniziare e terminare un anno scolastico.
Finita la festa, gabbato lo santo.
Così si dice al sud. E così è anche per le migliaia di docenti che sanno dove terminano un anno scolastico ma restano nella profonda incertezza su dove ricominceranno. Spesso dovendo ricominciare puntualmente tutto da capo in termini di rapporti di lavoro, metodiche di insegnamento e rapporti con nuove platee genitoriali e studentesche.


DIVIDE ET IMPERA. LE MILLE SOTTOCATEGORIE

Dagli anni Novanta la scuola italiana ha visto un susseguirsi di riforme (Berlinguer, Gelmini, Buona scuola renziana) che hanno sempre più prodotto uno scollamento dei docenti dal resto della società italiana, penalizzando sempre più la figura del docente e dividendo la categoria in mille sottocategorie. Ultimo in tale logica appare la creazione di un Tfa (tirocinio formativo attivo) riservato ai docenti di sostegno, che a differenza dei precedenti non comporterà l'inserimento dei frequentanti nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto, dove per legge sono presenti i docenti abilitati, ma essendo classificato come "specializzante" collocherà i docenti che hanno speso migliaia di euro ed un notevole monte ore in una zona grigia (ai primi posti delle terze fasce ma solo per ciò che concerne i posti di sostegno nelle graduatorie di istituto). Una sempre maggiore differenziazione interna alla categoria, che oltre alla confusione ha come risultato la sempre maggiore frammentazione del corpo docente. Frammentazione che negli ultimi anni, soprattutto tra i docenti precari, è aumentata considerevolmente per lo spuntare di associazioni di categoria e studi legali che propongono ricorsi per ogni tipo di problematica inerente il mondo del lavoro scolastico. Basti pensare che il solo ricorso riguardante gli insegnanti con diploma magistrale, volto a rendere quest'ultimo (se conseguito entro il 2001) abilitante in maniera definitiva, ha visto un giro di più di venti milioni di euro.


QUOTA CENTO E SCUOLE VUOTE

La quota di cattedre e posti di sostegno che verranno ricoperti da docenti precari vedrà quest'anno un corposo aumento, anche per le conseguenze dovute all'applicazione della “quota 100”, che ha incrementato la quantità dei pensionamenti: saranno 17.807 per effetto del provvedimento voluto dal governo precedente, a cui si sono aggiunti 15.371 pensionamenti ordinari. Un numero destinato a salire, anche perché l'età media dei docenti italiani è tra le più alte d'Europa. I posti lasciati vacanti dai pensionamenti dovuti alla "quota 100" non verranno coperti da assunzioni con personale di ruolo. Si prevedono per quest'anno scolastico ben 120.000 posti vuoti nelle scuole italiane. Una cifra da emergenza sociale, che penalizza ulteriormente un sistema scolastico che vede la figura del docente perdere sempre più dignità. Basti pensare al fatto che i salari dei docenti italiani sono tra i più bassi d'Europa.


IL "SALVARECARI" E QUELLO SCIOPERO CHE S'AVEVA DA FARE

La scorsa primavera ha visto l'accenno di un ritorno dI fiamma del protagonismo dei docenti. Questioni che minano la scuola, come appunto il precariato e l'autonomia diffusa, avevano fatto da collante per un ampio fronte che andava dai principali sindacati (CGIL, CISL, UIL, Gilda e SNALS) ai Cobas fino alle molte associazioni di insegnanti democratici, come il Manifesto dei 500. Una unità che raramente si sarebbe vista nel mondo della scuola. L'intesa sottoscritta però la sera del 23 aprile dai principali sindacati della scuola, confederali e non, ha bloccato sul nascere la ripresa di un movimento di lotta nella scuola. Unica pillola dolce è stata il varo di un accordo mirante al miglioramento della situazione dei docenti ancora non di ruolo, il "Salva precari" appunto. Decreto che, come abbiamo denunciato anche come area di opposizione all'interno della FLC-CGIL, pur apportando degli effettivi miglioramenti, non eliminerebbe alla radice il problema del precariato nella scuola italiana. Nonostante ciò, 55.000 docenti con 36 mesi di servizio avrebbero avuto la possibilità di accedere ad un percorso abilitante speciale (PAS) come nel 2013, o partecipare ad un concorso con prova scritta selettiva e prova orale non selettiva. La crisi di governo ha minato anche questa opportunità per i precari. Il neoministro Fioramonti, nonostante le belle parole verso i precari, preannuncia per il 2020 un concorso straordinario per i precari con criteri di selezione all'ingresso maggiormente rigorosi. Tale logica si pone, nei fatti, nel senso di ignorare i sacrifici e l'impegno di 60.000 docenti, che in questi anni hanno garantito il funzionamento di migliaia di scuole italiane.


IL PRECARIATO E I COMUNISTI

Per le motivazioni finora esposte, dinnanzi ad una problematica che si sta progressivamente trasformando in emergenza sociale,diventa fondamentale l'intervento delle avanguardie per stimolare una presa di coscienza nelle migliaia di lavoratori della scuola vittime di questo sistema errato di gestione. Compito dei compagni del PCL sarà, nei prossimi mesi, quello di intervenire nelle strutture sindacali dove essi sono presenti per stimolare la creazione di strutture di coordinamento e lotta dei precari della scuola, affiancando a ciò la propaganda e la denuncia di tale problematica. Consapevoli che le rivendicazioni dei lavoratori saranno accettate solo sotto la loro pressione, perché fin quando vigeranno tali rapporti di produzione i lavoratori non potranno avere governi amici.

Vincenzo Cimmino, Assemblea generale FLC-CGIL

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