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Il capitale finanziario vota la fiducia al governo M5S-PD

3 Settembre 2019
dimaio_boccia


Non conta il voto scontato sulla piattaforma Rousseau, conta il voto decisivo della Borsa e del capitale finanziario. Raggiunto l'accordo M5S-PD, crollano i tassi di interesse sui titoli di Stato, le banche italiane ed estere acquistano festose nuovi titoli, il loro valore sale, l'interesse sul debito scende. Nulla più di questo fatto spiega la natura sociale del nuovo governo.

Il grande capitale, finanziario e industriale, domina da sempre la società italiana, ma non sempre nelle stesse forme. Dopo il 4 marzo 2018 la crisi politica l'aveva costretto a governare attraverso partiti populisti che non gli appartengono direttamente (Lega e M5S) ma che gli portano in dote il consenso di un vasto blocco sociale, tra cui (purtroppo) la maggioranza assoluta dei salariati. Ora il ritorno al governo del PD è il ritorno della rappresentanza diretta del grande capitale ai vertici del potere esecutivo. Il PD è il partito organico di sistema, più rodato e sperimentato di ogni altro partito. Gli investitori finanziari non leggono il lungo programma di parole alate con cui Zingaretti e Di Maio celebrano il proprio matrimonio. A loro interessa il programma reale, e quello si sintetizza in due sole lettere: PD. È un partito che votano a scatola chiusa. È il partito che non credevano potesse tornare al governo così rapidamente, dopo i tracolli subiti, e che a maggior ragione risalutano con entusiasmo. Di più: è il partito cui affidano il compito di normalizzare il M5S, di ripulirlo delle scorie piccolo-borghesi e ribelliste, di assimilarlo alla gestione della normale stabilità capitalista. Mattarella, Franceschini, gli ambienti prodiani del PD fanno di questa operazione la loro nuova missione strategica. Nell'"interesse del Paese", naturalmente, cioè della Borsa. Se poi la nuova maggioranza nel 2022 eleggerà Prodi come Presidente della Repubblica, tanto meglio. Per Prodi naturalmente, ma anche per i circoli dominanti.

Reggerà il governo annunciato? Nessuno lo può prevedere, neppure la borghesia italiana. Perché davvero “del doman non c'è certezza” nel ginepraio dell'instabilità mondiale. Ma intanto il capitale afferra la nuova occasione per i propri affari, e brinda; mentre Salvini e Meloni preparano l'opposizione reazionaria al «governo delle élite». Solo un'opposizione del movimento operaio sul proprio versante di classe può spezzare questa tenaglia e aprire il varco di un'alternativa vera.

Partito Comunista dei Lavoratori

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