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La crisi politica a un passaggio cruciale. Verso un governo PD-M5S?

22 Agosto 2019
zingamaio


La crisi politica aperta da Matteo Salvini è giunta a un passaggio cruciale.
La dinamica della crisi è ormai scoperta. Salvini ha rotto col M5S, dietro la rassicurazione fornitagli da Zingaretti che il PD gli avrebbe fatto sponda. E Zingaretti avrebbe fatto volentieri sponda a Salvini nella corsa alle elezioni per cambiare i gruppi parlamentari del PD, oggi a trazione renziana.
Ma qui ha fatto irruzione la più imprevedibile delle variabili: il capovolgimento di posizione da parte di Renzi verso l'accordo di governo col M5S, in funzione della salvaguardia dei “propri” gruppi parlamentari e della conquista di tempo prezioso per costruire il proprio partito. Questo clamoroso fatto politico ha mutato lo scenario della crisi, aprendo la possibilità reale di un governo PD-M5S; possibilità sdoganata parallelamente da Casaleggio e Grillo, entrati direttamente in scena.

È presto per dire se questa soluzione decollerà e giungerà al suo approdo. Restano sul campo diversi scogli: i tempi stretti richiesti dal Quirinale, al fine di evitare l'esercizio provvisorio del bilancio; il difficile punto di equilibrio tra PD e M5S nella ricerca della soluzione di premiership e composizione ministeriale (tra richiesta della presidenza Conte da parte del M5S e la sua difficile accettazione da parte del PD); i diversi interessi politici di Zingaretti e Di Maio impegnati in prima persona nella trattativa e al tempo stesso paradossalmente possibili vittime del suo successo nei rispettivi campi (finendo entrambi in quel caso sub iudice dei renziani, determinanti nella eventuale maggioranza parlamentare).

L'unica cosa certa è che non esiste alcun ostacolo programmatico dirimente tra le due forze politiche in questione. Le cosiddette "cinque condizioni” poste da Zingaretti alla base del negoziato, nella loro indeterminata fumosità, sono emblematiche. Come è significativo il giudizio positivo immediatamente fornito dal M5S sulle condizioni del PD. È naturale: il PD è il principale partito dell'establishment, legato organicamente a doppio filo al grande capitale, agli ambienti UE, all'alta burocrazia statale. Il suo insperato approdo di governo sarebbe un'occasione decisiva per recuperare la rappresentanza diretta dei poteri forti, nel segno di una “normale” governabilità di sistema. Sull'altro versante, il M5S ha come scopo principale la propria sopravvivenza politica e istituzionale. La ricomposizione di governo col PD, un anno fa bloccata da Renzi ed oggi liberata proprio da Renzi, sarebbe l'occasione di una definitiva legittimazione agli occhi dell'establishment nazionale ed europeo. Il recente ingresso del M5S nella cosiddetta "maggioranza Ursula" a livello UE va nella stessa direzione. Altro che “governo di svolta", come lo chiama Zingaretti! Basterebbe il richiamo esplicito tra le sue condizioni a “solidarietà, legalità, sicurezza” nella gestione dell'immigrazione per capire che persino sul terreno democratico più elementare si ripartirà da Minniti, che il Fatto Quotidiano oggi reclama a gran voce (non a caso) come futuro ministro dell'interno.

Certo, la formazione di un governo PD-M5S bloccherebbe temporaneamente la corsa di Salvini alle urne. Ma al tempo stesso gli fornirebbe la rendita dell'unica opposizione al governo "dell'inciucio”, lungo la linea di una campagna già iniziata in queste ore, col rischio di creare le condizioni di un consolidamento del suo blocco sociale reazionario.

Per tutto questo il pubblico sostegno di Sinistra Italiana e del Partito della Rifondazione Comunista alla prospettiva di un governo PD-M5S non è solo l'ennesimo appoggio a una soluzione borghese di governo che subordina i lavoratori e le lavoratrici agli interessi sociali dei loro avversari, ma è anche un disarmo del movimento operaio nella contrapposizione alla reazione. Tanto più grave a fronte dello sfondamento del salvinismo tra i lavoratori salariati nell'ultimo anno.

Solo una linea di opposizione di classe a tutti i governi del capitale, solo il rilancio di una mobilitazione di massa attorno a un programma di rivendicazioni sociali unificanti possono disgregare i blocchi sociali reazionari e sgombrare la via di un'alternativa vera. Ogni altra politica ripercorre sentieri già battuti e già falliti: un disastro per i lavoratori e le sinistre.

Marco Ferrando

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