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Landini, Furlan, Barbagallo... Così è se vi pare

15 Agosto 2019
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Mentre la crisi di governo si aggroviglia, la burocrazia sindacale piatisce una sponda politico istituzionale purchessia.
Nessuna piattaforma di lotta, nessuna rivendicazione chiara, nessuna linea di demarcazione di classe. Ma una lunga nota unitaria targata CGIL CISL UIL (13 agosto) con la quale i dirigenti sindacali esprimono «preoccupazione per la situazione di instabilità politica».

Curioso. In un anno di governo “stabile” guidato da Salvini e Di Maio, le direzioni sindacali hanno fatto tappezzeria, tra balbettii, connivenze (Ilva), critiche di velluto, con l'unica preoccupazione di ottenere la propria legittimazione presso il governo. Al punto di accorrere incredibilmente all'invito politico di Salvini, nelle vesti di segretario della Lega, presso le sale del Viminale. E già prima, di magnificare l'accordo Ilva, a vantaggio di Di Maio, e di revocare uno sciopero della scuola, già convocato, col pubblico ringraziamento del ministro leghista dell'istruzione.

Ora, dopo che questa linea subalterna ha ingrassato il consenso attorno a Salvini presso milioni di salariati, consentendogli di invocare pieni poteri, le burocrazie sindacali, spaventate, manifestano «preoccupazione», chiedono un «un governo nel pieno delle sue funzioni», dichiarano «sostegno incondizionato» a Mattarella, individuato al solito come figura salvifica. Ma i governi “nel pieno delle loro funzioni” (Prodi, Berlusconi, Monti, Renzi, Letta, Gentiloni, Conte) sono quelli che negli ultimi tredici anni hanno colpito il lavoro, hanno privatizzato, hanno tagliato la sanità e la scuola, per tutelare i profitti degli industriali e delle banche, col sostegno attivo (Napolitano) o passivo (Mattarella) dei Presidenti della Repubblica (...e la complicità dei sindacati). La “piena funzione” dei governi è quella di comitati d'affari dei capitalisti. La “piena funzione” dei sindacati dovrebbe essere quella di difendere i lavoratori, non di augurarsi governi “stabili” dei loro avversari.

Ma il contorsionismo della nota confederale va più in là. Siccome non è chiaro quale sarà lo sbocco politico della crisi in corso, la nota di CGIL CISL UIL si premura di risultare equanime e sibillina, all'insegna del “così è se vi pare”. Da un lato biasima l'instabilità e chi l'ha provocata, fornendo sponda a PD e M5S e alla possibile formazione di un loro governo (che in realtà fornirebbe nuovo grasso alla crescita di Salvini). Ma dall'altro, per paura di precludersi rapporti futuri, evita di chiamare per nome il progetto reazionario del “capitano”, e si limita a richiedere «una indispensabile forma di governo» e «in tempi utili».
L'importante insomma è un governo a breve purchessia con cui interloquire. Su tutto infatti primeggia l'unica vera rivendicazione incondizionata: «il coinvolgimento delle parti sociali» nella «definizione della prossima legge di stabilità» per «contribuire a delineare nuove politiche europee che escano dalla logica dell'austerità» (formulazione retorica vuota che potrebbero sottoscrivere tutti, europeisti borghesi e sovranisti).
La verità è che la sola bussola della burocrazia sindacale è proteggere il proprio patto sociale con Confindustria, mettendolo al riparo della crisi politica. Quale che sia il futuro governo, l'essenziale sarà sedere al suo tavolo in compagnia degli industriali attorno a richieste comuni: innanzitutto la riduzione del cuneo fiscale (a carico dell'erario pubblico e/o delle pensioni future, dunque dei lavoratori) e le grandi opere infrastrutturali, TAV in primis.

Per 17 milioni di lavoratori salariati nessuna rivendicazione e prospettiva autonoma. Chi può meravigliarsi se Salvini pascola liberamente nel nostro campo sociale?

Partito Comunista dei Lavoratori

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