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Landini & Salvini

I burocrati sindacali fanno tappezzeria a una cerimonia della Lega

16 Luglio 2019
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Il punto non è se Salvini invita i sindacati alla corte del ministero degli interni. Il punto è se i sindacati ci vanno.

L'incontro di ieri non era affatto un incontro negoziale tra governo e sindacati. Era l'incontro voluto dalla Lega con sindacati e padronato, a esclusivo interesse politico della Lega (e dei padroni). Evidenti gli obiettivi: consolidare l'immagine di Salvini come Presidente del Consiglio in pectore, rafforzare la Lega nell'equilibrio negoziale con Di Maio, distrarre l'attenzione dai rubli russi, coprire con un abito “sociale” il ruolo di sceriffo reazionario, ribadire l'asse della Lega col padronato del centro-nord. In altri termini: rafforzare il peso politico e istituzionale del ministro degli interni quale baricentro dello scenario nazionale, lo stesso ministro degli Interni in divisa di polizia che vuole costruire un regime orbaniano in Italia.

Che Confindustria e associazioni padronali siano accorse all'invito di Salvini è comprensibile: hanno omaggiato il loro principale referente oggi, e il possibile capo del (proprio) governo domani, cogliendo lo spunto oltretutto per ricordare alla Lega le sue promesse. Ma che ci faceva a quel tavolo Maurizio Landini? Fare tappezzeria alla cerimonia imbandita dal ministro degli interni più reazionario dell'ultimo mezzo secolo non è stato forse un passaggio penoso?

Penoso, ma non casuale. Se i padroni vanno da Salvini, meglio seguirli per evitare malintesi. È la linea del "patto per la fabbrica", già inaugurato con l'appello congiunto tra burocrazie sindacali e Confindustria in occasione delle elezioni europee, con la celebrazione dell'accordo Ilva, con la richiesta comune di una riduzione del cuneo fiscale, a spese dell'erario e a tutela dei profitti. Confindustria usa la burocrazia sindacale per battere cassa. La burocrazia si riduce a zerbino di Confindustria. La presenza di Landini al tavolo di Salvini è il risvolto indiretto di questo patto.

È paradossale: il governo Salvini-Di Maio non vuole e non può negoziare realmente con la burocrazia sindacale, perché non può esporre a interferenze esterne il fragile equilibrio di maggioranza tra Lega e M5S. In compenso la burocrazia sindacale non solo non sviluppa una mobilitazione reale contro il governo, fosse pure sulla propria piattaforma fantasma, ma è disposta a far regali di immagine al suo ministro più reazionario pur di proteggere il proprio patto coi padroni.

Matteo Salvini si serve anche della pavidità di burocrati da tappezzeria.
Lavoratori, donne, migranti sapranno chi ringraziare.

Partito Comunista dei Lavoratori

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