Prima pagina

Solidarietà con la rivoluzione sudanese attaccata dagli islamisti

3 Giugno 2019
sudan


Più di dieci morti è il bilancio provvisorio del sanguinoso attacco scatenato questa mattina dalle forze del regime militare-islamista sudanese che hanno attaccato il sit-in di massa che da mesi permaneva di fronte al palazzo presidenziale, non accettando il gattopardesco tentativo dei militari islamisti di continuare il regime reazionario e autoritario esistente, solo liberandosi del presidente al-Bashir.
La rivoluzione sudanese, la più laica delle rivoluzioni sviluppatesi dal 2011 nei paesi arabi, è pienamente in piedi e siamo sicuri resisterà alla attuale repressione. Il tentativo dei militari di raccogliere la vandea contadina e piccolo-borghese più arretrata in nome dello slogan “Viva l’Islam, abbasso i comunisti”, per il momento non sembra essere riuscito. Il proletariato e le masse sudanesi hanno una lunga tradizione di lotta e di coscienza di classe. Non a caso il Partito Comunista Sudanese era un partito di massa, il più grande del Medio Oriente (Africa del Nord inclusa) dopo quello iracheno, e dirigeva i sindacati. La sua natura stalinista con una conseguente politica oscillante in nome del carattere “nazionaldemocratico antimperialista” e non socialista della rivoluzione, in particolare nei confronti dei militari “progressisti”, a volte entrando negli scontri tra le diverse fazioni militari e schierandosi dalla parte dei perdenti, lo hanno portato a subire forti momenti di repressione, in particolare negli anni ’70; ma non lo hanno distrutto, e la tradizione di sinistra è rimasta certamente tra i lavoratori, nonostante la irregimentazione islamica delle strutture sindacali. Ciò spiega lo sviluppo, per il momento limitato ma reale, degli scioperi nelle fabbriche, a fianco delle mobilitazioni popolari, giovanili, studentesche, che hanno trovato una leadership provvisoria nelle associazioni professionali della piccola borghesia (avvocati, etc. riuniti nello SPA, Sudanese Professionals Association) non irregimentate dal regime.
Il Partito Comunista, il cui segretario generale è attualmente in prigione e che nel suo momento peggiore aveva appoggiato la “rivoluzione nazionale” di al-Bashir, oggi si è spostato a sinistra e si pronuncia contro il compromesso con i vertici militari; tuttavia mantiene la prospettiva della rivoluzione “democratico-nazionale” riproponendo le posizioni dei menscevichi cento anni fa nella Rivoluzione russa, poi riprese dallo stalinismo.
Invece quello che si pone in Sudan è la trascrescenza dalla rivoluzione per le libertà democratiche a quella socialista, senza soluzione di continuità (rivoluzione permanente).
In questo quadro, esprimiamo la nostra fraterna solidarietà alla unica organizzazione trotskista presente nel paese, Socialist Alternative (Alternativa Socialista). SA non fa parte della nostra corrente internazionale (è la sezione sudanese del Comitato per un'Internazionale Operaia - CWI). Ma, per quanto la conosciamo, noi condividiamo la sua politica nella situazione data. SA fa appello allo sviluppo e coordinamento dei comitati nelle fabbriche, nei quartieri e tra i ranghi dell’esercito, e al loro coordinamento nella prospettiva di un “governo dei lavoratori e dei poveri”; solo in questo ambito pone il problema dell'assemblea costituente. Una politica di tipo bolscevico, che condividiamo.
Il movimento di massa sudanese si confronterà nei prossimi giorni con scadenze drammatiche. La stessa direzione ufficiale democratico-piccolo-borghese del movimento ha deciso, dopo il massacro, di interrompere le trattative con i militari. Esso ha la necessità della massima attenzione e solidarietà da parte del movimento operaio e democratico di tutto il mondo. Il PCL non mancherà a questo dovere.

Partito Comunista dei Lavoratori - commissione internazionale

CONDIVIDI

FONTE