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#7 Abbattiamo ogni confine e ogni forma di sfruttamento

Per una lotta femminista internazionale

6 Marzo 2019

Verso l'8 marzo

abbattiamo


Quello che succede alle donne migranti è noto. Dal momento che decidono di lasciare il loro paese d’origine, le attende un’odissea fatta di marce estenuanti sotto il sole, violenze fisiche e sessuali da parte della polizia di ogni Stato che attraversano, lunghe peregrinazioni su imbarcazioni sovraffollate. Tutte le controriforme – dalla Turco-Napolitano passando per la Bossi-Fini – negli anni hanno trattato il diritto alla migrazione e alla mobilità internazionale sempre in termini burocratici, securitari e classisti; le condizioni per i migranti sono peggiorate drasticamente grazie alle politiche di Minniti prima e di Salvini adesso: il numero dei morti in mare nel 2018 è quadruplicato rispetto al 2017. L’aumento della mortalità è degno di un vero e proprio olocausto: nel 2015 il tasso di mortalità per chi viaggiava nel Mediterraneo era di uno su 269, nel 2017 era uno su 38. Adesso muore in mare una persona su 14. L'85% dei migranti tratti in salvo o intercettati nella cosiddetta Regione Libica di Ricerca e Salvataggio (SRR) vengono riportati in Libia, dove subiscono ogni sorta di violenza.

Chi arriva in Italia come prospettiva ha davanti a sé la detenzione, l’infinita burocrazia italiana, le domande di asilo respinte e molto probabilmente un lavoro sfruttato e la “clandestinità”, oltre a un clima diffuso di razzismo, odio e intolleranza, che spesso sfocia in veri e propri atti di violenza.

Alcuni settori del mondo del lavoro, come ad esempio quello di cura, si sono specializzati negli ultimi decenni attraverso l'introduzione massiccia di lavoratrici straniere. Tantissime immigrate infatti lavorano come badanti, spesso sei giorni alla settimana, con orari di lavoro che superano regolarmente le 8 ore, con contratti e stipendi non adeguati al tipo di prestazione e con poco tempo libero a disposizione per sé, o in alcuni casi anche mancanza di vere proprie autonomia e intimità, giacché a volte si trovano in condizione di dover vivere presso le abitazioni di anziani non autosufficienti, trovandosi nella condizione di dover essere pronte e disponibili al servizio a qualsiasi ora della notte e del giorno. Un altro settore specializzato nell'utilizzo di manodopera migrante a basso costo è quello agricolo. Ma nel magico mondo capitalista nulla succede per sbaglio: i flussi migratori verso i paesi “ricchi”, alimentati da secoli di colonialismo prima, imperialismo poi, hanno fornito ai capitalisti l’eccezionale beneficio di disporre di manodopera a basso costo, da mettere in competizione con quella “locale” per abbassare salari e diritti. Infine va sottolineato il drammatico persistere e rafforzarsi – a livello internazionale – di forme di tratta e sfruttamento della prostituzione.

La gestione emergenziale della migrazione ha ovviamente favorito anche la speculazione economica sulla pelle degli stranieri. Lo stato e gli enti sovranazionali sono disposti a sborsare centinaia di milioni di euro, che però non finiscono nelle tasche dei migranti che approdano in Occidente, ma nelle tasche fonde delle cooperative (spesso di matrice religiosa) che li ospitano.

Inoltre, la propaganda martellante della destra populista che ci flagella ogni giorno con indegne campagne d’odio razziale e che ripete a martello che “gli immigrati ci rubano il lavoro”, “stuprano le nostre donne”, “rendono insicure le nostre città” e chi più ne ha più ne metta, è finalizzata ad individuare un comodo capro espiatorio, innescando una guerra tra poveri che va ad esclusivo vantaggio della classe padronale. Finché i lavoratori saranno occupati a prendersela con gli immigrati non si accorgeranno dei furti che subiscono ogni giorno da parte di italiani in giacca e cravatta: l’articolo 18, le pensioni, lo smantellamento dello stato sociale, della sanità, della scuola… L’attuale governo fa i salti mortali per mantenere artificiosamente questo stato “di emergenza” abbattendo esperienze di integrazione, gettando in mezzo a una strada chi stava nei centri di accoglienza, creando l’ambiente adatto alla povertà, alla microcriminalità e al degrado. Per poter continuare ad agitare davanti all’opinione pubblica lo spauracchio dell’invasione.

In realtà, molti tra riformisti e anime belle erano convinti che lo “sviluppo” su scala mondiale avrebbe determinato un avanzamento delle condizioni dei lavoratori anche nei paesi più arretrati. È avvenuto esattamente l’opposto… sono le condizioni dei lavoratori dei paesi arretrati ad essere state importate da noi sotto la falsa bandiera della competitività e in nome del profitto: precarizzazione, voucher, lavoro in condizioni di estremo sfruttamento, caporalato e schiavismo sono fenomeni dei nostri giorni e delle nostre latitudini, che ritornano prepotentemente in auge all’arretrare del movimento operaio.

Il capitalismo non socializza benessere e diritti, accentra solo nelle mani di pochi i profitti, peggiorando progressivamente le condizioni di tutti gli sfruttati, a prescindere dal paese di provenienza.

È per questo che è di fondamentale importanza abbattere i confini e unire le lotte di tutti gli sfruttati, solo l’internazionalismo proletario, l’unità della classe lavoratrice di ogni paese, è in grado di strappare dalle mani del padronato gli strumenti dell’oppressione.

Per questo riteniamo che la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori debba necessariamente essere condotta sul piano internazionale.


Rivendichiamo:

- L'apertura dei confini e la creazione di corridoi umanitari: basta morti in mare! Non è possibile tollerare oltre questa disumana ecatombe giornaliera. Cancellazione di tutte le controriforme che hanno favorito la speculazione economica e l'oppressione a danno dei migranti, dalla Turco-Napolitano alla Bossi-Fini, fino all'introduzione del reato di clandestinità.

- Lotta al caporalato e alle forme di schiavismo delle lavoratrici (badanti/braccianti) e alle violenze che spesso subiscono nella perfetta indifferenza delle istituzioni e di fronte alla debolezza di programma e di azione dei sindacati. Le donne, sotto questo aspetto, sono particolarmente vulnerabili e soggette a vessazioni di ogni tipo.

- Accoglienza e tutela delle donne migranti e ius soli. I migranti devono essere tutelati, accolti e facilitati nella loro integrazione. Per questo rivendichiamo il diritto di voto per chi risiede in Italia da almeno un anno e l'accesso alla cittadinanza dopo tre per chi ne faccia richiesta. Va prestata particolare cura all’accoglienza di donne con figli e minori.

- Ritiro del DDL Rufa. No alla riapertura dei bordelli. In Italia la prostituzione è già legale. Quello che è reato è lo sfruttamento, il favoreggiamento e l’induzione alla prostituzione. Quindi quando si parla di “legalizzazione” si parla della “legalizzazione dello sfruttamento”. La prostituta non è perseguibile in quanto tale. Quindi chiunque desideri senza nessun condizionamento socio-economico fare questo mestiere, può già farlo. Riaprire le case chiuse dovrebbe essere un gran passo in avanti per le donne? No, perché la prostituta dovrà mantenere con tutta probabilità due papponi, quello che le garantisce l’incolumità o l’appartamento, e lo Stato. Inoltre sarà soggetta a invasivi controlli da parte delle autorità sulla propria salute, sul proprio corpo, sarà stigmatizzata e controllata e sfruttata economicamente anche dallo Stato. Il gioco al ribasso del capitale agirà anche con mano invisibile in questo mercato, abbassando le tariffe delle prestazioni, come già avvenuto in Germania, dove ormai si trovano bordelli a tariffa flat. Inoltre è falsa l’argomentazione per cui “almeno le toglieremo dalla strada”, la proibizione non ha mai mutato l’illegalità, anzi ne peggiora condizioni e la violenza cui verranno sottoposte/i coloro che non avranno la fortuna di trovare “la casa chiusa”. A chi giova quindi legalizzare lo sfruttamento? A capitalismo e patriarcato ovviamente. Questo governo clericale e reazionario vuole tornare indietro di cinquant’anni e imporci i soli due ruoli accettabili nella società: madri di famiglia o prostitute, entrambi perfettamente funzionali al sistema di sfruttamento capitalista. Alle anime candide che pensano ancora che in una società capitalista possa esistere la “libera scelta” ribadiamo che questa esiste solo per una classe sociale ben precisa. Il grado di libertà di scelta di un individuo è dato dalla sua appartenenza di classe. Le statistiche ci dicono che le prostitute per la maggioranza sono donne, immigrate, violentate e sottoposte a ogni genere di vessazione e sfruttamento, persone a cui il sistema capitalista non ha lasciato molta scelta. Oppure persone che il sistema capitalista ha incastrato in vite vissute in condizioni più o meno disperate. E non vi è una grande differenza tra essere costrette a prostituirsi sotto la minaccia della violenza fisica da parte di un’organizzazione criminale e prostituirsi per mantenere se stesse o una famiglia un poco al di sopra della sussistenza. Chi propaganda l’idea che in realtà abbiamo piena libertà di scelta molto spesso appartiene alla classe degli sfruttatori e non degli sfruttati. La libertà di mercificarsi non è autodeterminazione, non certo in questo sistema economico. Sotto il capitalismo le donne sono e saranno sempre e solo corpi di servizio, come purtroppo avviene anche agli uomini. Ma non a tutti gli uomini e tutte le donne, ma alle donne e agli uomini proletari, a chi appartiene alla classe degli sfruttati.

- Lotta allo sfruttamento della prostituzione e alla tratta di esseri umani, un mercato che in questi anni è cresciuto in tutto il mondo. Solo in una società priva di sfruttamento sarà possibile eliminare un fenomeno odioso come la tratta di esseri umani. Un primo passaggio in questo senso è la predisposizione di piani di accoglienza che prevedano l'assistenza sanitaria gratuita e l'ottenimento del diritto a rimanere in Italia a prescindere dal possesso o meno dei documenti; attraverso il coordinamento con le Case delle donne e i centri antiviolenza laici, l'inserimento in alloggi sicuri, eventualmente anche in altre città per non rendere i soggetti rintracciabili dagli ex sfruttatori; l'accesso a corsi di formazione e il sostegno all'inserimento nel mondo del lavoro o eventualmente della formazione scolastica e universitaria; la possibilità del ricongiungimento familiare, per eliminare ogni forma di ricatto sociale e affettivo da parte degli sfruttatori.

- Collegamento delle lotte femminili a livello mondiale: solo unendo le rivendicazioni degli sfruttati e delle donne a livello mondiale è possibile impensierire il capitale. Una lotta femminista o è anticapitalista e internazionalista o non è.

Partito Comunista dei Lavoratori - commissione oppressioni

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