Teoria

Moreno, il trotskisteggiante

29 Marzo 2019

Humanum fuit errare, diabolicum est per animositatem in errore manere - Sbagliare fu proprio dell'uomo, per superbia perseverare nell'errore è diabolico

palabra_obrera

Il giornale “Palabra Obrera”, così come l'omonimo gruppo morenista di cui era organo, agivano «sotto la disciplina del generale Peron e del Consiglio Superiore peronista», come recita il sottotitolo della testata


Alla pubblicazione dell’articolo Morenismo, scuola di un trotskismo deviato (1), la UIT-CI (Unidad Internacional de los Trabajadores – Cuarta Internacional), punta evidentemente nel vivo, ha sentito l’esigenza di dedicare alla storia del morenismo e per risposta al suddetto articolo, definito “confuso”, un proprio testo dal titolo El debate sobre la Revolución Permanente y Nahuel Moreno, presente sul sito della autoproclamata Quarta Internazionale (2).

L’autore si premura anzitutto di porgere le proprie scuse circa eventuali “confusioni” nel testo, ma d’altra parte occorre compatire: un testo che si compone per il 50% di citazioni del padre della confusione elevata a sistema riesce confuso per forza.

In secondo luogo bisogna spiegare come mai una critica sì contro Moreno e il morenismo, ma contro la LIT-CI (presente e passata) come suo soggetto politico particolare faccia, invece, sentir chiamata in causa la UIT. Le ragioni sono due: la LIT indicata all’epoca degli scritti di Moreno e della caduta del Muro di Berlino era composta anche dalla UIT di oggi. La UIT di oggi è stata una parte (minoritaria) di quella LIT. Ed è la parte – questa la seconda ragione – meno redenta del revisionismo morenista. La LIT, nata nel 1982 in Argentina, conoscerà nel tempo frazionismi e scissioni dalle quali si origineranno due correnti moreniste, la piccola FT (Fracciòn Trotskista) nel 1988, la più critica nei riguardi del passato morenista, e poi la UIT nel 1996, la quale rompe con la LIT da destra. Se la LIT-CI, infatti, comincia a esibire sempre più cautamente la patente morenista, pur intimamente ancora informata al morenismo, la UIT è la costola che quella scuola la rivendica per intero e con irriducibile orgoglio.

La cronistoria acritica del morenismo che fa la UIT premette che i detrattori di Nahuel Moreno non sono altro che indefessi calunniatori il cui vero interesse nel confutare le teorie del dirigente argentino sta nella giustificazione del proprio opportunismo o settarismo. Moreno si attacca (e in ogni attacco, per i morenisti ortodossi, è implicita la calunnia, giacché non è data possibilità di attaccarlo a ragione) o perché ci si vuol compromettere con la borghesia o perché si è dei settari. Il PCL attacca il morenismo dalla sua nascita. Sarebbe borghese o settario?

Il vecchio metodo dei calunniatori di noi morenisti, dice la UIT, consiste nel riportare citazioni decontestualizzate di Moreno in modo da avanzargli qualsiasi sorta di processo. È quanto farebbe Scuola di un trotskismo deviato, dove si decontestualizza tanto poco che rischia di trasformarsi in una edizione commentata di “Escula de cuadros”!
Pure, nel segno della più impudente contraddizione morenista, l’articolo non procede rovesciando le presunte calunnie contenute nel testo impugnato e dimostrando la decontestualizzazione effettuata sul corpus moreniano. Al contrario: si profonde nella riaffermazione delle stesse tesi moreniste che si sarebbero “decontestualizzate” (ma dove, allora?) e “calunniate” definendole mensceviche (tant’è, se un argomentato giudizio teorico è una calunnia!) e in una appassionata difesa del morenismo storico in coerenza con queste.

Il confronto è indispensabile tra le organizzazioni del movimento operaio, del marxismo rivoluzionario e perciò del trotskismo... più o meno conseguente. Il PCL non lo ha mai evitato e mai lo farà. Ma è difficile una sintesi se il confronto non parte da basi di verità. Per cui è d’obbligo, in primis, ristabilire la verità circa una serie di imprecisioni e di bugie.

Il testo della UIT recita:
«Nahuel Moreno e la sua corrente non hanno mai sostenuto un governo borghese. I detrattori di Nahuel Moreno e del morenismo ci accusano di essere stalinisti, menscevichi e revisionisti della teoria della rivoluzione permanente di Trotsky. Noi li sfidiamo a mostrare dove la corrente di Moreno, quando esso fu in vita o con la nostra corrente organizzata nella UIT-CI, sarebbe caduta nel “tappismo”, nel “menscevismo” o che abbia appoggiato un governo borghese classico o di Fronte Popolare».

Ecco serviti:

1) Luglio 1946, Bolivia: lo SLATO (Segretariado LatinoAmericano del Trotskismo Ortodoxo, creato da Moreno nel 1954 dopo la separazione dal Burò LatinoAmericano di Juan Posadas) saluta festante il golpe militare reazionario di Enrique Hertzog contro il governo del riformista Gualberto Villarroel, inneggiando alla “caduta del governo nazionalista”.

2) Dal 1946 al 1956, Argentina: lo SLATO definisce il peronismo come un movimento reazionario di destra, avanguardia dell’offensiva capitalistica contro le conquiste operaie, servo dell’imperialismo inglese (la presenza degli ambasciatori inglesi sul lato opposto della barricata, cioè della Uniòn Democratica, era da intendersi per Moreno come un diversivo) rifiutandosi di leggere nell’ascesa del peronismo una dinamica di resistenza sia pure incongrua nei confronti dell’imperialismo. Secondo Moreno, tra la UD e Peron il più reazionario era quest’ultimo.

3) Dal 1956 al 1964, Argentina: Moreno ruota di 180° le sue posizioni sul peronismo, ma indefettibilmente dal versante antioperaio: quando Peron diventa presidente, i morenisti inaugurano la politica dell’entrismo nel peronismo, col giornale “Palabra Obrera”, che si pone “sotto la disciplina del generale Peron e del Consiglio Superiore Peronista”. E in barba alla presunta “ortodossia trotskista”, l’entrismo morenista nelle fila del peronismo si spingerà fino alla pubblicazione di un libello anticomunista dello stesso presidente e nell’appoggio al candidato “gorilla” (filoimperialista) Arturo Frondizi, che Peron diramò dall’esilio, con l’ubbidienza assoluta dei morenisti contro i gruppi di sinistra dello stesso peronismo.

4) 1958, Cuba: Moreno definisce Castro un filoimperialista, e dalle pagine di “Palabra Obrera” celebra il fallimento del primo sciopero generale convocato dal movimento “26 de Julio” contro Batista.

5) 1976, Argentina: in contrasto al golpe militare di Videla, il PTS (Partido Socialista de los Trabajadores, fondato da Moreno nel 1972) fa blocco coi partiti borghesi, incluso quello peronista che era al governo, “in difesa delle istituzioni” (!).

Non sono che i più eclatanti funambolismi di Moreno in favore della reazione.
Tutti ordinariamente su un solco: non riuscire a distinguere dove stia la reazione da dove stia l’avanzamento o, quando tardivamente lo fa, sbilanciare le posizioni precedenti con tale estremità da portarle sempre, comunque, dal lato nemico della barricata.
Chiedere la “dimostrazione dei fronti unici con la borghesia”, poi, è di un infido puerile. La responsabilità d’intelligenza col nemico non la si assume solo confluendo in soggetti politici unitari, fasi cui la storia del morenismo non è comunque estranea. L’assist alla reazione può esser dato anche celebrando le sue vittorie da una presunta autonomia e decantarle come benefici del proletariato. Forse è più pernicioso ancora. Ed è quanto i morenisti, non solo nella UIT, continuano a fare da tempo immemore.

Nel merito della questione storico-teorica posta da Moreno e che la UIT eredita, tutto l’enorme guazzabuglio di zig zag, di “abbasso Perón” e “viva Perón”, “abbasso Castro” e “viva Castro”, “abbasso la rivoluzione permanente” e “viva la rivoluzione permanente”, eccetera eccetera, si concentra in un solo nodo storico e teorico. È qui che si fonda, a detta degli stessi amici della UIT, la confusione di tanto trotskismo internazionale, e riteniamo il morenismo essere l'apice di questa confusione.

Alla fine della Seconda Guerra mondiale, il mondo è attraversato da rivoluzioni che, contrariamente alle analisi sulla rivoluzione permanente e al Programma di transizione di Trotsky, non si dotano di una dirigenza marxista, leninista e operaia, e nonostante questo vincono.
La parte di Europa che si alloca Stalin, via via che marcia contro il nazismo, vede instaurarsi, con l’appoggio dei partiti comunisti più o meno stalinizzati, la struttura socialista con una sovrastruttura staliniana.
Ecco che il morenismo (ma non solo: il pablismo fu scandaloso nella risoluzione di fronte a questa dinamica) va nel pallone. È, per esso, il motivo di rileggere il bolscevismo, secondo il quale un sistema socialista o si sarebbe instaurato con una rivoluzione d’ottobre o non si sarebbe instaurato, e concludere che se, evidentemente, anche la controrivoluzione staliniana può portare il socialismo, questo Trotsky andava rivisto.
Che lo stalinismo ereditasse il socialismo proprio dalla rivoluzione d’Ottobre e che quindi (seppure nelle forme distorte e per le ragioni opportunistiche della casta staliniana) era ancora l’effetto di quella rivoluzione d’ottobre che si espandeva, questo al morenismo rimane incomprensibile.
Era ciò che spiegava chiaramente Trotsky, ma ai “trotskisti” morenisti non è mai entrato in testa, e postulano che, se la storia insegna che anche lo stalinismo e i piccolo-borghesi possono fare rivoluzioni, allora la direzione marxista e comunista non è necessaria e la rivoluzione permanente di Trotsky è da riassestare.

Quanto all'America Latina, quali sono le rivoluzioni che trionfano, assistite dallo stalinismo? Notoriamente, una sola: quella cubana.
Ma qualora Chruscev non avesse finanziato, per un proprio scopo intimidatorio verso gli USA, la rivoluzione cubana, questa avrebbe seguito esattamente le dinamiche di una rivoluzione marxista: si sarebbe cioè o bolscevizzata e internazionalizzata, o sarebbe stata schiacciata dall’imperialismo. Avrebbe perso come – un esempio per tutte – quella cilena.

La possibilità di vittoria dei bonapartismi progressivi, provvisori, riformisti, della vittoria di una dirigenza piccolo-borghese, di un socialismo non internazionalista, in breve la creazione di uno Stato socialista da parte di direzioni piccolo-borghesi perfino più arretrate delle stesse masse guidate, avvenne grazie al supporto dell’URSS, quindi grazie al supporto di una forza socialista figlia dell’Ottobre ’17 (lo ripetiamo, per quanto degenerata). Benché minata dalla controrivoluzione burocratica, è ancora la rivoluzione del ’17 che ha reso possibili le rivoluzioni piccolo-borghesi e il loro mantenimento per tanto lungo tempo, così come nell’Europa capitalistica ha reso possibili margini di manovra per un riformismo praticabile.
“I padroni concedono qualcosa solo quando hanno paura di perdere tutto”. È stata una verità dimostrata per settant’anni.
Dove si fonda l’esigenza di rivedere Trotsky? Dov’è che Trotsky non avrebbe “previsto” e si sarebbe smarrito in una traiettoria storica lontana da quella che la realtà dispiegò? Dove sta l’inedito che farebbe saltare le coordinate del metodo marxista?

L’esistenza dell’Unione Sovietica permetteva, indirettamente e a maggior ragione quando interveniva direttamente, avanzamenti parziali, traducibili in vittorie piccolo-borghesi, in direzioni piccolo-borghesi di grandi masse che, come nel resto del mondo, non avevano che un bisogno storico: il socialismo.
La realtà non ha dimostrato, come i morenisti pretendono di insegnare a Trotsky, che questi sbagliasse non individuando le mille combinazioni possibili che la lotta di classe poteva trovare nel mondo.
Senza direzione operaia e senza programma marxista, affermiamo nel rispetto della tradizione comunista, nessuna rivoluzione è possibile. Non lo è stata nemmeno nel passato, benché i morenisti non lo abbiano capito: era l'influenza materiale e ideologica dell’URSS nata dalla rivoluzione d'ottobre a rendere possibile qualche “rivoluzione di febbraio”, per dirla con la formula di Moreno.

Da quando l’URSS viene distrutta (naturalmente col grande plauso dei morenisti), queste dinamiche su scala internazionale non sono replicabili. L’avanzamento della minima istanza democratica contro la tirannide dell’imperialismo (le primavere arabe, la Grecia, la Catalogna) viene respinto senza pietà. Cuba, orfana dell’URSS e sempre più sotto il torchio statunitense, si avvia alla liquidazione della transizione al socialismo nell’isola; in Venezuela il chavismo non risolve a sinistra le contraddizioni della sua “rivoluzione di febbraio” e si fa pasto per l’imperialismo, idem Morales in Bolivia e perfino l’ultimo grottesco baluardo di irriducibile stalinismo nel mondo, il regime nordcoreano di Kim Jong-Un, obbedisce al disarmo nucleare impartito dagli Stati Uniti.

È più chiaro oggi di ieri qual è stata la ragione di qualche possibile “rivoluzioni di febbraio”. Essere trotskisti e non “trotskisteggianti” (categoria coniata da Moreno ne La dittatura rivoluzionaria del proletariato, con valore ovviamente positivo), essere internazionalisti non significa solo invocare la rivoluzione mondiale per magari differirla sistematicamente; significa anche sapere interpretare i fenomeni politici e sociali del mondo in correlazione costante, siano essi reazionari o progressivi.
Bizzarramente, il morenismo osservante preferisce parlare ancora di “controrivoluzionari che fecero rivoluzioni” (…è chimerico che si renda conto dell’assurdità di questa proposizione, prima o poi?) piuttosto che disfarsi del “confusionismo” (cit. Moreno) per una corretta analisi dialettica del passato e del presente per un futuro – ce lo auguriamo davvero – coerentemente rivoluzionario.



Note:

(1) Morenismo, scuola di un trotskismo deviato

(2) El debate sobre la Revolución Permanente y Nahuel Moreno

Salvo Lo Galbo

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