Dalla tragedia alla farsa. Lo stalinismo ieri e oggi

Il caso Olberg. Anatomia di un falso

22 Novembre 2018
olberg

Valentin Olberg all'epoca dei processi del 1936


Il volo di Pjatakov. La collaborazione tattica fra Trotsky e i nazisti è l'ultimo tentativo editoriale di difendere i crimini di Stalin contro i bolscevichi e i dirigenti della Rivoluzione d'Ottobre.

Il profilo d'insieme è desolante: non una sola idea nuova, solo il ripescaggio delle invenzioni cucinate dai laboratori della GPU per ordine di Stalin nel 1935-'37; quelle che larga parte delle “democrazie” imperialiste dell'epoca, per interesse proprio, accreditarono come autentiche, con in testa l'ambasciatore americano a Mosca, Joseph Davies.

L'unico elemento interessante è la pretesa degli autori di ergersi a paladini dei processi. La tecnica argomentativa ricorre alla recita di un finto rigore inquisitorio, nel contraddittorio immaginario con un fantomatico avvocato del diavolo. Naturalmente l'avvocato soccombe e Stalin trionfa. Diciamo che l'artificio letterario è generoso, il risultato un po' imbarazzante. Ma è giusto essere comprensivi. Presentare una gigantesca montatura criminale come un regolare processo, e i dirigenti dell'Ottobre come alleati della Gestapo, è un'impresa troppo grande per chiunque. Lo fu persino negli anni '30, quando lo stalinismo mondiale disponeva di una forza materiale imponente a fronte di un rivoluzionario esiliato. Lo è a maggior ragione oggi, dopo il fallimento dello stalinismo e dei suoi miti, purtroppo a vantaggio del capitale.
In ogni caso, non bastano certo cinquecento pagine per trasformare in verità i falsi clamorosi della GPU. Ed anzi, come spesso accade, la prolissità dell'argomentazione misura la fatica di far quadrare il cerchio delle falsità.

Colpisce la scelta di inviare come anticipazione pubblicitaria del libro il capitolo dedicato alla vicenda Olberg, perché Olberg fu personaggio molto minore nell'ingranaggio di un processo che aveva sul banco degli imputati figure come Zinoviev e Kamenev. Tuttavia è una scelta significativa. Olberg serve in definitiva ai nostri autori per le stesse ragioni per cui servì a Stalin nel 1936: "provare" l'impossibile, la connivenza di Trotsky coi nazisti. Se Zinoviev e Kamenev non si erano prestati alla parte (“non ci crederebbe nessuno..."), doveva provarci l'anonimo Valentin Olberg.


IL VERO RUOLO DI OLBERG

Valentin Olberg era un intellettuale ebreo residente in Germania, assunto dalla GPU nel 1929 per infiltrarsi nell'opposizione trotskista internazionale. Ebbe incontri con Sedov e una corrispondenza con Trotsky. Tentò ripetutamente di offrirsi a Trotsky, in esilio a Prinkipo, come suo segretario, ma fu tenuto a distanza proprio perché i militanti dell'opposizione a Berlino diffidavano di lui. Richiamato in URSS, l'agente Olberg fu inviato all'Istituto Pedagogico di Gorkij per indagare su un gruppo sospetto di trotskismo. Perché viene arrestato nel 1936, assieme ad altri emigrati tedeschi in URSS? Perché nel 1936 il regime staliniano aveva bisogno di confezionare un nuovo processo contro i dirigenti bolscevichi. Il primo processo contro Zinoviev e Kamenev (1935) si era limitato all'accusa di responsabilità morale per “atti terroristici” (uccisione di Kirov nel 1934). Ora, col nuovo “processo dei sedici”, l'accusa saliva di livello: la missione concordata dal fantomatico centro trotskista-zinovievista era quella di uccidere Stalin in accordo coi nazisti. Si voleva aggiungere dunque al capitolo accusatorio una nuova infamia, che sarà infatti alla base del successivo processo Pjatakov/Radek: quella della collaborazione dei trotskisti con la Gestapo “in funzione della guerra contro l'URSS per lo smembramento dell'URSS”. Il cambio della guardia tra i boia di Stalin (Ezov succede a Jagoda) accompagnò l'estensione della montatura.

In questo quadro l'oscuro Olberg diventava un'utile pedina della macchina accusatoria. Era stato in contatto con Trotsky, su commissione della GPU, ed aveva risieduto nella Germania nazista. Un personaggio ideale cui far recitare la parte del “trotskista” aiutato dalla Gestapo ad emigrare in URSS “per uccidere Stalin”. Quando fu arrestato con tale accusa, l'agente Olberg comprensibilmente si ribellò alla parte («posso autoaccusarmi di tutto, ma non di essere trotskista») ben sapendo che non solo quell'accusa era falsa ma che significava la condanna a morte. Ma dopo il trattamento riservatogli dalla GPU, “confessa” il proprio crimine, indossando l'abito che gli era stato confezionato. Come per tanti altri rei confessi, la falsa confessione non lo salvò dal patibolo ma ne giustificò l'esecuzione.
Va aggiunto che il paradosso tragico di questi imputati minori di terrorismo (Olberg, Fritz David, Laurie...) è che furono costretti non solo a confessare piani delittuosi inesistenti per infangare Trotsky, ma anche a spiegare con altre invenzioni dettagliate perché nessuno dei piani andò a segno. Infatti, nonostante le direttive terroriste di Trotsky, le organizzazioni terroriste scoperte e sgominate, gli accordi terroristi tra Trotsky e la Gestapo, non vi è stato in URSS... un solo atto terrorista dopo il 1934 (Kirov). Basterebbe questa evidenza elementare a scuotere l'intero edificio della montatura staliniana. Ma tant'è.


LA CANDIDA IPOCRISIA

“Olberg agente stalinista? Impossibile!” esclamano i nostri autori. E vantano prove logiche che dichiarano inoppugnabili: “Se fosse stato davvero un agente di Stalin lo avrebbe subito dichiarato”; oppure “se fosse stato davvero un agente stalinista, Stalin lo avrebbe premiato e non ucciso”. C'è da rimanere sbalorditi. Gli autori evocano un'astratta logica formale per rimuovere la concreta realtà dei processi di Mosca. Processi dell'Inquisizione, senza avvocati difensori, nei quali l'accusa era già la sentenza; con un pubblico artificiale composto da agenti e fiduciari della GPU che insultano gli imputati e ne chiedono la morte; con imputati selezionati tra gli elementi più ricattabili spesso perché già compromessi da precedenti “confessioni”, proprie o altrui; imputati interrogati se necessario per novanta ore consecutive, con la tecnica del cosiddetto nastro trasportatore (gli inquisitori si danno il cambio senza interruzione) per estorcere la nuova confessione richiesta; imputati intimiditi e minacciati negli affetti più cari in caso di resistenza, col coinvolgimento di madri, mogli, figli; imputati infine trasformati in accusatori di se stessi, con la promessa eventuale di aver salva la vita (propria e dei propri congiunti), e invece regolarmente assassinati col colpo alla nuca.
In questo contesto reale, non quello di Biancaneve, l'agente stalinista Olberg doveva semplicemente “dichiarare” ai propri aguzzini l'identità che questi ben conoscevano? Gli imputati prescelti che rifiutavano a oltranza la parte assegnata venivano fucilati senza giudizio, come monito esemplare per tutti gli altri. Olberg ha provato a resistere - invano - a chi voleva incastrarlo nell'unico modo compatibile con la propria salvezza (“fatemi recitare ogni parte ma non quella del trotskista”) proprio perché sapeva bene cosa significava quell'accusa. Ma alla fine ha chinato il capo, probabilmente anche per salvare la vita della madre.
“Stalin avrebbe dovuto premiare invece che uccidere un proprio agente”! Che candore ipocrita, in questa logica formale. Con questo argomento “logico” gli autori dovrebbero spiegare perché sono stati mandati al patibolo Jagoda o Ezov, i peggiori boia di Stalin. Oppure perché sono stati sterminati migliaia di dirigenti di partito che pur avevano sostenuto Stalin per oltre dieci anni contro tutti i suoi oppositori, a partire da Trotsky. Stalin non avrebbe dovuto... premiarli invece che assassinarli?


LA FUNZIONE STORICA DELLA CALUNNIA

Ciò che gli autori nascondono, forse anche a se stessi, è la cruda realtà materiale del dispotismo staliniano, il suo codice interno, la sua logica totalitaria. La logica bonapartista di una dittatura di apparato che ha potuto costruirsi solo distruggendo il partito di Lenin e i suoi dirigenti, a partire dall'arma della calunnia.
La calunnia di regime ha svolto in varie epoche una funzione storica. Dopo il Termidoro i giacobini furono calunniati e processati come agenti monarchici dai nuovi parvenu al potere: la calunnia fu parte costituente del nuovo regime bonapartista. Allo stesso modo, il bonapartismo staliniano si è consolidato processando e assassinando i dirigenti dell'Ottobre come agenti fascisti. A calunniare e perseguitare i giacobini furono non pochi esponenti dell'ancien régime saliti sul carro del Termidoro. Così a calunniare e perseguitare i bolscevichi furono uomini come Vysinskij, che nell'Ottobre stavano dall'altra parte della barricata, e che salirono poi sul carro di Stalin.
Va aggiunto che non può esservi attacco più devastante alla Rivoluzione d'Ottobre che presentare i suoi dirigenti come agenti dell'imperialismo straniero sin a partire dal 1918, come vuole la Storia del partito comunista (bolscevico) dell'URSS firmata da Stalin. Era guarda caso la stessa calunnia vomitata da Kerenskij contro Lenin e Trotsky, prima e dopo l'Ottobre. Chi oggi si dichiara comunista e rivendica la Rivoluzione d'Ottobre non dovrebbe respingere questa infamia invece che difenderla?


LA CONFEZIONE DI RADEK

I nostri autori scelgono la parte degli avvocati di Stalin. Per esercitare al meglio la propria funzione difensiva, a garanzia del loro assistito, ricorrono ad un accorgimento. “Trotsky agente di Hitler, come affermava Stalin? Non diciamo esattamente questo, Trotsky era in fondo un rivoluzionario. Tuttavia è vero che Trotsky si alleò tatticamente col regime nazista per rovesciare Stalin, smembrare l'URSS, e concordare coi nazisti una seconda Brest-Litovsk”.
Tutto il libro gravita attorno a questa idea centrale, presentata come nuova, la nuova frontiera della verità storiografica sullo stalinismo, frutto di una scrupolosa indagine documentale. Purtroppo dobbiamo informare i nostri autori, nel caso improbabile non lo sapessero già, che questa “loro” idea non è né loro né nuova. È esattamente la confezione della calunnia staliniana curata da Karl Radek. Una versione non alternativa ma complementare a quella di Stalin. Stalin mirava a intossicare il popolo con l'accusa grossolana (“Trotsky putrido verme al soldo della Gestapo per uccidere e affamare il popolo russo”). L'imputato Radek, per conto di Stalin, parlava all'opinione intellettuale interna ed estera un po' più esigente. Ecco che allora Trotsky diventa “alleato di Hitler... in funzione della rivoluzione, accecato da cervellotici disegni ideologici di portata planetaria, e naturalmente dall'odio verso Stalin”. Radek voleva coprire la calunnia di Stalin, nella speranza di aver salva la vita. I nostri autori riciclano la calunnia di Radek nella speranza di salvare Stalin e insieme la propria credibilità. Purtroppo non è possibile combinare le due esigenze: o si difendono i crimini di Stalin o si difende la verità.


LETTURE CONSIGLIATE

Il volo di Pjatakov ne è la riprova. Tutti gli argomenti di fondo del libro sono già stati oggetto della spietata demolizione da parte di Trotsky e di Sedov negli anni '30. Tutti. È sufficiente leggere l'ultimo lavoro di Trotsky prima del suo assassinio, I crimini di Stalin, per constatarlo. Dopo la morte di Trotsky, una nuova generazione di studiosi marxisti rivoluzionari ha ulteriormente approfondito la materia dei processi di Mosca, non solo attraverso l'esame degli archivi di Trotsky, ma anche del nuovo materiale documentario emerso dagli archivi della polizia staliniana dopo la restaurazione capitalistica in URSS. Il lavoro di Pierre Broué Comunisti contro Stalin contiene una nuova preziosissima documentazione, in particolare sulle condizioni e le lotte dei trotskisti in URSS negli anni '30, anche nelle prigioni e nei campi. Vadim Rogovin e la sua opera monumentale sui processi, 1937. L'anno del terrore di Stalin, ha largamente arricchito l'analisi dell'impostura grazie all'utilizzo dei nuovi materiali disponibili negli anni '90. Cogliamo lo spunto per invitare i compagni e le compagne che vogliano approfondire l'argomento con serietà a leggere e consultare in particolare quest'ultimo lavoro, il più documentato in materia.

Quanto a noi dedicheremo al Volo di Pjatakov uno specifico testo di risposta, lungo la linea editoriale antistalinista inaugurata sul nostro sito con la rubrica Dalla tragedia alla farsa. Lo stalinismo ieri e oggi. La memoria storica è un terreno di battaglia politica che investe non solo il passato ma il futuro. Non lasceremo incustodito questo fronte. La battaglia per la verità sulla natura dello stalinismo non può nulla, naturalmente, contro i crimini compiuti dal regime staliniano nella mezzanotte del secolo scorso. Può molto per impedire che migliaia di giovani, che nonostante tutto cercano la rivoluzione, possano essere “istruiti” dagli epigoni di chi la distrusse.

Partito Comunista dei Lavoratori

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