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Dissesto idrogeologico, decine di morti. Un solo responsabile: il profitto

6 Novembre 2018
alluvioni


Gli eventi che si sono abbattuti sull'Italia negli ultimi giorni non sono solo “naturali”. Non lo sono i cambiamenti climatici planetari, legati al lungo ciclo delle energie fossili, che oggi si riversano con mareggiate anomale sulle coste liguri, con venti mai visti sulle montagne del bellunese, con straripamenti più intensi e frequenti di fiumi e torrenti. Non lo sono soprattutto le decine di morti che questi eventi hanno prodotto.

“Ogni volta dobbiamo lamentare con le stesse parole le stesse tragedie”, recita ipocrita la stampa borghese. Qualche intervista, qualche inchiesta, la rituale invocazione al governo di turno di misure risolutive. E il governo di turno annuncia ogni volta mirabolanti investimenti, riorganizzazione della protezione civile, rigore ambientale. Un mare di chiacchiere, in attesa della tragedia successiva.

La verità è che queste tragedie hanno un solo responsabile: la società capitalista, la dittatura del profitto. La stessa che ha minato il Ponte Morandi, la stessa che dissesta il territorio italiano.

Il suolo italiano è divorato dalla speculazione edilizia come nessun altro paese. Otto metri quadri al secondo con una demografia zero. Senza edilizia popolare ma con sette milioni di appartamenti sfitti. L'abusivismo che inghiotte intere regioni (Campania, Sicilia) è legato a questa realtà. Si delega ai comuni l'onere del risanamento nello stesso momento in cui li si priva con i Patti di Stabilità delle risorse minime necessarie. I comuni (tutti) ricorrono all'urbanistica contrattata per incassare gli oneri di urbanizzazione, e così si affidano ai costruttori che dettano loro piani regolatori a immagine e somiglianza dei propri interessi. Lo stesso vale per la manutenzione dei fiumi, spesso assegnata alle Province. La Legge Delrio e l'abolizione delle Province ha cancellato l'intera manutenzione dei fiumi minori, quelli più incustoditi, privi di argini, causa spesso dei maggiori disastri. Mentre il taglio delle spese operato da ogni legge finanziaria ha colpito anche la Protezione Civile e ha cancellato di fatto il Corpo Forestale incorporandolo ai Carabinieri (decreto legislativo del 19 agosto 2016). Il fatto che il “governo del cambiamento” abbia affidato a un ex ufficiale dei carabinieri, Sergio Costa, il ministero dell'ambiente è il risvolto grottesco di questa politica, per nulla “cambiata”.

Peraltro proprio la Legge di stabilità del governo SalviMaio ne è la conferma. Riassetto idrogeologico, messa in sicurezza antisismica di edifici pubblici e privati, bonifiche ambientali, sono capitoli assenti. Il ministro degli interni attribuisce addirittura la colpa dei disastri all'«ambientalismo da salotto», mentre allarga la maglia dei condoni e taglia ai comuni un altro miliardo, in linea con le finanziarie precedenti. Sarebbe questo il “cambiamento”?

Il ministro dell'ambiente annuncia ora trafelato che sarà destinato alla messa in sicurezza del territorio un miliardo di euro in tre anni. Ma è il nulla: il nulla rispetto al disastro, il nulla a maggior ragione per il risanamento. Che sia il nulla lo conferma involontariamente lo stesso Salvini quando dichiara che per il riassetto idrogeologico sarebbero necessari 40 miliardi, cifra in realtà molto sottostimata. Ma soprattutto lo conferma il Politecnico di Milano, che ha studiato seriamente la materia: per la sola messa in sicurezza degli edifici in muratura servirebbero 36 miliardi; per intervenire sulle strutture in calcestruzzo armato realizzate prima del 1971 il costo salirebbe a 46 miliardi, 56 comprendendo gli edifici in cemento armato; se il lavoro fosse esteso a tutti i comuni si arriverebbe alla cifra di 870 miliardi.

La questione è in realtà strutturale e interroga la natura stessa della società capitalista.

Andiamo al sodo. Perché si tagliano i fondi ai comuni, si taglia sulla Protezione Civile, si elimina il Corpo Forestale, non si destina nulla per il risanamento ambientale? Perché si continuano ad abbassare le tasse sui profitti, come avviene ovunque sul mercato mondiale in omaggio alla concorrenza spietata tra gli Stati capitalisti (all'interno della stessa UE) per attrarre gli investimenti privati. Perché si continua a pagare l'enorme debito pubblico alle banche (prevalentemente italiane) e alle grandi compagnie di assicurazione che hanno investito nei titoli di Stato, e che incassano di soli interessi tra i 70 e gli 80 miliardi ogni anno. Sono peraltro le stesse ragioni per cui si tagliano le spese per la scuola, per la sanità, per i servizi sociali. Oggi come ieri. "Prima gli italiani" significa prima i capitalisti e le banche italiane, poi tutto il resto. E il resto possono essere solo elemosine, per di più centellinate col contagocce.

La verità è che per rimettere in sesto il territorio occorrono risorse enormi che il capitalismo reale non può reperire. Occorre abolire il debito pubblico verso le banche e una tassazione progressiva dei grandi patrimoni, rendite, profitti, finanziando un grande piano di opere sociali e lavori pubblici, che potrebbe dare lavoro a milioni di disoccupati, immigrati inclusi. Occorre nazionalizzare la grande industria edilizia e le industrie a questa collegate, come l'industria del cemento, che è in mano alla criminalità. Occorre un controllo pubblico sulle leve fondamentali della produzione e del credito, a partire dalla nazionalizzazione delle banche. Senza queste misure si resta in attesa della prossima tragedia, e dell'ennesimo coro della pubblica ipocrisia.

Ma sono misure che solo un governo dei lavoratori può prendere, e solo una rivoluzione può realizzare.

Partito Comunista dei Lavoratori

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