Dalla tragedia alla farsa. Lo stalinismo ieri e oggi

Catalogna 1937: cronaca di una sconfitta

8 Maggio 2017
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Pochi mesi erano passati dalle gloriose giornate del luglio 1936, quando migliaia di operai nelle strade di Barcellona e delle principali città della Catalogna avevano respinto il tentativo di golpe del generale Francisco Franco, in molti casi armati rudimentalmente. Furono pochissimi gli ufficiali e i generali dell’esercito spagnolo, tradizionale valvola di sfogo dei figli cadetti della borghesia, a schierarsi dalla parte della repubblica. L’ardore rivoluzionario degli operai era stato il migliore organizzatore nelle settimane successive, quando da Barcellona la Colonna Lenin del POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista) o la Colonna Durruti della CNT (Confederaciòn Nacional del Trabajo) nel giro di pochi giorni liberarono intere province dell’Aragona e della Catalogna.

Nella primavera dell’anno seguente la situazione aveva conosciuto una tremenda recrudescenza. Nei mesi precedenti la stampa del POUM aveva subito una serie di limitazioni, che nella stragrande maggioranza dei casi avevano portato alla chiusura della maggior parte delle testate del partito. Ad esempio la tipografia che stampava El combatiente rojo, quotidiano della milizia del POUM, venne confiscata. Stessa sorte aveva conosciuto la stazione radio poumista di Madrid, dove per inciso il POUM annoverava tra le sue file un gran numero di militanti trotskisti. Una sorte non certo migliore venne riservata alla stampa anarchica.
Dopo la stampa, il governo repubblicano di Madrid passò ad attaccare le milizie degli operai e dei contadini, ovviamente quelle organizzate dal POUM e dalla CNT.
Alla metà del mese di marzo infatti venne decretato lo scioglimento delle milizie, tramite l’ordine imposto alle organizzazioni operaie di ritirare ai loro militanti tutte le armi e di consegnarle immediatamente alla GNR (Guardia Nazionale Repubblicana), che aveva preso il posto della Guardia Civil e nei mesi precedenti aveva conosciuto una crescita vertiginosa.

Oltre alla repressione governativa, vi fu la repressione esercitata dalle organizzazioni borghesi, come l’Esquerra (partito repubblicano) catalana, e soprattutto dal PSUC.
Quest’ultimo, di chiaro orientamento stalinista, era nato sul finire del luglio 1936 dall’unificazione delle federazioni catalane del partito socialista e del Partito Comunista Spagnolo. Inizialmente di dimensioni estremamente ridotte, conobbe una crescita vertiginosa nei mesi seguenti grazie ai finanziamenti sovietici ed all’opera di organizzazione di settori piccolo-borghesi nelle sue fila. Venne organizzata infatti la GEPCI, una sorta di sindacato di commercianti e piccoli imprenditori, collegato alla seconda organizzazione sindacale per importanza, la UGT. Inoltre, non si contavano i membri della CEDA, il partito clerico-fascista spagnolo, che passavano armi e bagagli nelle fila del PSUC e del PCE.
E proprio tra gli ex membri della CEDA, come tra la criminalità comune e addirittura i gangster cubani, che gli inviati della GPU fecero opera di reclutamento per la costituzione della propria filiale in terra spagnola. I sopracitati personaggi si dedicarono alla creazione di prigioni segrete, i cosiddetti “preventorium”, dove erano rinchiusi e torturati i militanti del POUM, della CNT e di altre organizzazioni rivoluzionarie. Centinaia, se non migliaia, furono gli operai e i contadini che in quei mesi sparirono. Di gran parte di essi non si seppe più nulla.

I primi mesi del 1937 non furono caratterizzati però soltanto dalla repressione governativa e stalinista a danno delle organizzazioni operaie. Quei mesi videro infatti la nascita, tra le fila anarchiche, degli Amici di Durruti. In forte polemica con le direzioni della CNT e della FAI, le cui posizioni troppo concilianti con il governo centrale e catalano venivano costantemente attaccate sul loro giornale El amigo del pueblo, riuscirono, fino a che la repressione stalinista non si fece troppo forte, ad esercitare una certa influenza tra i militanti di base della CNT e della Gioventù Libertaria (organizzazione giovanile della FAI).
Nacque in quei mesi anche la SBLE (Sezione Bolscevico Leninista di Spagna), ad opera di Grandizo Munis ed altri trotskisti in forte polemica con i militanti della Izquierda Comunista, che, guidata da Andreu Nin, aveva optato per l’unione con una formazione comunista "di destra", il BOC (Blocco Operaio e Contadino) guidato da Joaquin Maurìn. I bolscevico-leninisti si dotarono di un giornale, La voz leninista, dalle cui colonne veniva quotidianamente attaccata la repressione ad opera degli stalinisti in Catalogna e nel resto della Spagna. Risuonava dalle colonne del giornale anche l’appello alla creazione di una alleanza in funzione rivoluzionaria tra la CNT, la FAI ed il POUM. Nelle fila di quest’ultimo infatti sempre maggiore cresceva il dissenso tra i militanti di base verso la linea della direzione del partito, giudicata eccessivamente conciliante verso il governo centrale e la sua repressione, che quotidianamente colpiva stampa e militanti del POUM.
Tra gli operai ed i contadini che si rifacevano alla sinistra del partito, nel mese di aprile venne portata avanti la consegna della costituzione di soviet, innanzitutto per difendere le collettivizzazioni di latifondi e industrie, che il governo regionale della Generalitat catalana stava progressivamente restituendo alla borghesia, ricorrendo nella stragrande maggioranza dei casi ai carabineros della Guardia nazionale repubblicana per mettere fine alle collettivizzazioni.
L’appello all’unità tra la CNT, la FAI ed il POUM diventò ancora di più una costante nei primi giorni del mese di maggio, quando le strade di Barcellona furono teatro di durissimi scontri.

Nel pomeriggio del 3 maggio, infatti, truppe della GNR assaltarono la centrale telefonica, che era gestita da un comitato composto dalla CNT e dalla UGT, dopo essere stata liberata il 19 luglio dell’anno precedente dai fascisti che per qualche ora erano riusciti ad impossessarsene. Nel giro di poche ore in tutti i quartieri operai sorsero barricate. Soltanto poche aree al centro della città erano rimaste sotto il controllo delle squadracce staliniste e del governo catalano. Gli Amigos de Durruti e i bolscevico-leninisti, insieme alle sinistre della CNT e del POUM, invocarono la formazione in tutta la Catalogna di soviet per la presa del potere da parte del proletariato ed il rovesciamento del governo della Generalitat.
I bolscevico-leninisti, oltre ad essere in prima linea nella lotta sulle barricate, diffusero volantini in tutti i quartieri operai ribadendo la consegna dell’unità rivoluzionaria tra le forze anarchiche e marxiste rivoluzionarie.

Per alcuni giorni Barcellona tornò sotto il controllo degli operai in armi, proprio come nelle giornate che seguirono il 19 luglio del 1936, e da tutta la Catalogna e l’Aragona colonne di operai e contadini erano in marcia per arrivare a dare manforte.
La situazione per una presa del potere da parte della CNT e del POUM era estremamente propizia, ma la condotta di molti dirigenti delle due organizzazioni, estremamente attendista nei confronti del governo centrale e della Generalitat, ed estremamente ossequiosi alla parola d’ordine del “prima vincere la guerra, poi la rivoluzione”, si sperticarono in mille appelli alla classe operaia di Barcellona per un ritorno alla calma. In quei giorni la fiducia degli operai verso i dirigenti della CNT crollò a tal punto che, quando alla radio parlavano i dirigenti dell’organizzazione sindacale, molti operai dall’alto delle barricate puntavano i fucili contro le radio. I dirigenti del POUM, dal canto loro, non vollero dire una parola che andasse contro quelle proferite dai dirigenti della CNT.
L’8 maggio gli scontri erano cessati. La violenza degli stalinisti no.

Il 5 maggio gli anarchici Camillo Berneri e Francesco Barbieri, che dalle colonne del loro giornale avevano denunciato a più riprese la repressione stalinista in Catalogna e la linea “collaborazionista” della CNT, vennero rapiti ed uccisi.
A metà di giugno l’intero comitato esecutivo del POUM venne tratto in arresto, tra cui il segretario Andreu Nin, che venne fatto sparire nel nulla. L’Hotel Falcòn di Barcellona, che fino ad allora era stato il quartier generale poumista, venne trasformato in una prigione per i militanti del partito, che in quelle settimane furono accusati di spionaggio per conto dei fascisti.
La stessa sorte di Nin e di altre decine di comunisti in quell’estate del 1937 toccò anche Erwin Wolf, che era stato segretario di Trotsky durante l’esilio in Norvegia.
Anche lo scrittore inglese George Orwell, che combattè sul fronte di Aragona nella Colonna Lenin del POUM, fu costretto a fuggire precipitosamente per evitare l’arresto e, molto probabilmente, la morte.
Centinaia furono gli anarchici arrestati in quei mesi, di moltissimi dei quali non si seppe più nulla. Stesso trattamento venne riservato agli Amigos de Durruti e ai bolscevico-leninisti. Questi ultimi nel novembre subirono arresti che li decimarono letteralmente, e furono accusati di aver organizzato un complotto per uccidere il nuovo primo ministro del governo repubblicano dopo la caduta del governo Caballero, il socialista di destra Juan Negrìn. Sempre nel mese di novembre solo nel Carcere Modelo di Barcellona erano detenuti più di cinquecento antifascisti, i quali accolsero il deputato britannico dell’Independent Labour Party John Mac Govern (recatosi nella capitale catalana per appurare di persona le voci che nonostante la censura stalinista circolavano) salutando col pugno chiuso e cantando L’Internazionale.
Nonostante tutto ciò i bolscevico-leninisti spagnoli continuarono la loro opera di propaganda al fronte e nei quartieri operai di Barcellona e delle altre città della Catalogna fino alla fine della guerra nei primi mesi del 1939.

Vincenzo Cimmino
VozLeninista

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