Rassegna stampa

Nasce il Partito dei lavoratori Ferrando: «Al voto da soli»

Sinistra critica Il gruppo di Cannavò e Turigliatto apre a un'alleanza elettorale. Ma il Pcl dice già «no»

4 Gennaio 2008

da il manifesto

Centocinquanta delegati e la hall di un albergo di Rimini, il Royal Plaza, che ha il sito internet anche in tedesco. La storia del Partito comunista dei lavoratori è cominciata così, ieri pomeriggio, con la relazione del prossimo segretario generale, nonché candidato unico, Marco Ferrando.
L'aveva promesso lasciando Rifondazione comunista, che avrebbe fondato un partito. E alla sua costruzione ha lavorato perlomeno un anno e mezzo, di certo da quando lo scontro con Fausto Bertinotti sul diritto di resistenza degli iracheni gli ha fatto perdere la candidatura al senato. Da allora, la sua corrente nel Prc (Progetto comunista, che all'ultimo congresso aveva raccolto il 6,5% dei consensi) l'ha seguito nella lunga fase costitutiva del «Movimento per la costituzione del Partito comunista dei lavoratori». E quindi a Rimini.
Il centro della relazione introduttiva di Ferrando è stata, e non poteva essere altrimenti, la critica alla sinistra «arcobaleno» che è rimasta in parlamento. Sono dei «traditori», spiega Marco Ferrando: «Hanno abbandonato quel milione di lavoratori che aveva votato contro il protocollo del 23 luglio. Dopo un anno e mezzo di esperienza del governo Prodi è ormai chiaro che la camicia di forza dell'Unione non consente manovre di sorta. Non hanno fatto altro che perdere consensi e regalare spazi alla destra populista, tanto che ora per restare insieme e attaccati al governo sono costretti a buttare via i simboli del lavoro».
Il Pcl ha per se tutt'altre ambizioni. Si candida ad essere l'unico partito dichiaratamente «anticapitalista». Dice, senza remore, di voler riorganizzare la società su basi socialiste. Piglia di petto soprattutto le banche, «vere associazioni per delinquere» da «nazionalizzare al più presto», e i grandi immobili della Chiesa che andrebbero espropriati.
La pratica rischia di essere più complicata. Alle prove elettorali delle scorse amministrative il «Movimento per la costruzione del partito comunista dei lavoratori» non ha superato l'un per cento. E viste le difficoltà che imbracano la sinistra di governo, pare difficile che il futuro si annunci più roseo.
Qualcuno aveva pensato ad una alleanza: il gruppo di Ferrando non è l'unico ad aver lasciato Rifondazione comunista nell'ultimo anno. L'hanno fatto anche Salvatore Cannavò, Franco Turigliatto e la loro corrente, Sinistra critica. Di impianto trotskista, esattamente (seppur con delle diversità) come quella di Ferrando. Sinistra critica non pensa di costituirsi in partito, vuol creare un movimento che almeno «dialoghi» con alcune parti di quel che resta del movimento pacifista, Cobas ed ex disobbedienti padovani in particolare. Ma non ha chiuso le porte a Ferrando. Ieri Cannavò e Turigliatto in sala a Rimini non c'erano, ma considerano ancora possibile un dialogo. Tanto più che entrambe le aggregazioni puntano a correre alle prossime amministrative. «Siamo disposti a discutere con tutti, sulla base di un programma comune», spiega Cannavò: «Sulla base di un programma minimo è possibile pensare ad un lavoro comune. E' chiaro però che non possiamo entrare nel Pcl».
Marco Ferrando e il Pcl sono di tutt'altro avviso: «Anche noi parteciperemo alle elezioni amministrative, ma con il nostro simbolo. Le elezioni non sono il luogo giusto per pensare all'unità di azione, ma per proporre ciascuno le proprie idee ed i propri progetti anche a costo di sfidare gli sbarramenti elettorali. Per dialogare c'è la piazza e infatti so che faremo tutti parte dell'appuntamento fissato per il 26 gennaio contro il rifinanziamento delle missioni italiane all'estero».

Sa. M.

CONDIVIDI