Teoria

Opporsi all'alternanza scuola-lavoro partendo da Marx

8 Aprile 2018
alternanza_marx


Ultimamente, sempre più, il movimento studentesco e le sue organizzazioni si concentrano nella denuncia del sistema dell'alternanza scuola lavoro, e questo è un dato positivo. Da un lato spinti dalle novità introdotte con la riforma della Buona Scuola, dall'altro dalle condizioni reali di puro sfruttamento vissute dagli studenti.
Con la Legge 107 del 2015 (La Buona Scuola) l'alternanza scuola lavoro, che già esisteva in altre forme, viene ultrapotenziata rendendola obbligatoria per tutti, prevedendo 200 ore di lavoro per i liceali e 400 ore di lavoro per gli studenti degli istituti tecnici e professionali. Uno “scambio” chinato totalmente verso gli interessi del capitale, come c'era da aspettarselo nel quadro della Buona Scuola, una scuola sempre più dominata dagli interessi dell'economia di mercato e plasmata su modelli produttivi, aziendalistici e padronali; come tanto meno ci si poteva aspettare qualcosa di diverso considerato il contesto economico-istituzionale in generale. Imprese che utilizzano mano d'opera gratuita per risparmiare o addirittura per lasciare a casa altri lavoratori, mansioni svolte dagli studenti degradanti, che nulla hanno a che fare con il loro percorso di studi o che a nulla serve per la propria formazione, togliendo infine un grosso monte ore di formazione reale.
Per non parlare dei costi (trasporti, cibo, attrezzatura, vestiario...) che gli studenti e le loro famiglie sono tenuti a sborsare. Anche quando svolte con buon senso, le esperienze degli studenti si concentrano in un solo ambito lavorativo, compartimentando la loro formazione, restando ingabbiati ancora in un ripetuto schema classista.
In questo contesto rivendichiamo che sia la singola azienda, e non la collettività, il soggetto che debba farsi carico della “formazione” del lavoratore, attraverso una stabile assunzione, per porlo alla sua mansione, che si impara concretamente solo una volta inseriti nello specifico contesto lavorativo. Il compito della scuola è quello di dare conoscenze e formazione in modo plurale e generale, non quello di diventare la filiale di un'azienda.

Ma quale via d'uscita generale a tutto questo? Alcune organizzazioni studentesche, imitando le burocrazie sindacali, scelgono la via della “contrattazione” con le aziende e di questo metodo ne fanno un modello. Altre organizzazioni semplicemente chiedono che gli studenti vengano pagati durante le esperienze di lavoro; altre ancora si schierano totalmente contro l'alternanza scuola lavoro. Proposte e rivendicazioni sbagliate o insufficienti.
Per decifrare una posizione corretta sul tema pensiamo sia utile riprendere, come sempre, l'elaborazione del marxismo rivoluzionario. Annotiamo in questo scritto alcune posizioni di Marx ed Engels sull'istruzione.

L'impostazione e le rivendicazioni del marxismo nel campo dell'educazione derivano soprattutto dall'obbiettivo di inseguire l'eliminazione della divisione sociale del lavoro, elemento originario del sorgere della proprietà privata e dell'esistenza delle classi. Elemento caratteristico del modello mercantile e capitalista, ma che mostra, proprio nel capitalismo, la tendenza al suo superamento, necessaria per liberare le forze del progresso.
A riguardo gli effetti della divisione del lavoro, descritti in innumerevoli scritti, comportano da un lato la limitazione e l'alienazione degli uomini che restano sottomessi e reclusi ancor maggiormente rispetto a prima (rispetto alla lavorazione artigianale e feudale) ad un unico ramo della produzione, ad un'unica lavorazione meccanica. Dall'altro lato comporta la limitazione ed il depotenziamento dello stesso sviluppo economico, emarginando sempre più schiere di lavoratori, mano d'opera semplice e dequalificata, data la crescente macchinizzazione e robotizzazione nel processo produttivo.
Per rompere queste catene si ha bisogno di un nuovo uomo, un lavoratore che abbracci in sé le conoscenze generali di tutto il sistema della produzione, nei vari sensi.

Lo scopo è arrivare all'unificazione del lavoro manuale con quello intellettuale, della scienza con il lavoro, puntando fin dall'inizio sull'unione dell'istruzione con il lavoro materiale produttivo, anche per i bambini, attraverso quindi la scuola unica politecnica, per la costruzione di un nuovo modello di scuola per l'emancipazione della classe operaia ed esigenza storica per la società legata alla sua trasformazione.
Sarà però solo un governo della classe lavoratrice, sarà solo il socialismo ad essere in grado di risolvere compiutamente questi mezzi e queste necessità.

“Con la divisione del lavoro si divide l'uomo. Per sviluppare una sola attività si sacrificano tutte le altre capacità fisiche ed intellettuali. Questa minorazione dell'uomo si aggrava nella stessa misura in cui cresce la divisione del lavoro, che raggiunge il suo più alto sviluppo nella manifattura. Questa scompone il mestiere nelle singole operazioni parziali e assegna ciascuna di queste stesse operazioni a un operaio particolare come funzione a vita, incatenandolo così per tutta la sua esistenza a un preciso compito parziale e a un determinato strumento. 'Storpia il lavoratore, fa di lui qualche cosa di mostruoso attivando l'artificiale sviluppo della sua abilità di dettagli, sacrificando tutto un mondo di disposizioni e di istinti produttori.. Lo stesso individuo viene diviso, trasformato in un meccanismo automatico di un'operazione esclusiva' (Marx). Questo meccanismo, il più delle volte, raggiunge la sua perfezione solo mutilando direttamente il corpo e lo spirito dell'operaio. Il macchinismo della grande industria degrada l'operaio da macchina a semplice accessorio da macchina. 'La specialità, che consisteva nel maneggiare per tutta la vita uno strumento parcellare, diventa la specialità di servire per tutta la vita una macchina parcellare. Si abusa delle macchine per trasformare l'operaio, fin dalla sua più tenera età, in una parte di macchina, anch'essa facente parte di un'altra' (Marx). Non solo gli operai, ma anche le classi che sfruttano direttamente ed indirettamente gli operai sono ridotte a strumento della loro attività dalla divisione del lavoro; il borghese dalla testa vuota viene soggiogato dal proprio capitale e dalla propria avidità di profitto, il giurista dalle sue incartapecorite concezioni del diritto che lo dominano come una potenza autonoma, i 'ceti colti' in generale da una quantità di pregiudizi locali e di meschinerie univoche, dalla propria miopia fisica ed intellettuale, dal loro storpiamento prodotto dall'educazione impostata su una particolare specialità e dall'incatenamento a vita alla loro specializzazione, anche se poi questa in ultima analisi non è che del puro far niente.
(…) E' evidente che la società non può emanciparsi senza emancipare ogni individuo. Di conseguenza l'antico modo di produzione deve essere necessariamente rovesciato dalle sue fondamenta, e ciò che deve scomparire è soprattutto la vecchia divisione del lavoro. (Anti-Dühring – Engels 1878)

Con l'affermarsi del dominio del sistema economico capitalista veniva relegata ai margini la figura dell'operaio di mestiere, l'operaio artigianale tipico del sistema economico feudale. Con l'introduzione delle macchine il lavoro andava scomponendosi in più semplici lavorazioni, con meno spese annesse, con un approfondimento della separazione nell'individuo tra scienza e lavoro. Si poneva al centro la nuova figura dell'operaio dell'industria meccanica.
“Ciò che caratterizza la divisione del lavoro nella fabbrica meccanizzata è che il lavoro vi ha perduto ogni carattere di specializzazione. Ma dal momento che ogni sviluppo speciale cessa, il bisogno di universalità, la tendenza verso uno sviluppo integrale dell'individuo, comincia a farsi sentire. La fabbrica meccanica cancella le specializzazioni e l'idiotismo del mestiere.” (Miseria della filosofia – Marx)

Questa spinta verso l'eliminazione delle specializzazioni non era in sé e per tutto un elemento negativo. Oltre a inserirsi storicamente nel processo rivoluzionario dello sviluppo dei mezzi di produzione sotto l'industria moderna, questo aspetto rilanciava poi direttamente la possibilità (oltre che la necessità) che da questo stadio avanzato di tecnica e conoscenze si potesse superare ed abolire la separazione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, tra cultura e professione verso uno sviluppo onnilaterale dell'uomo produttore.

Così, nei “Principi del comunismo” del 1847 di Engels troviamo come punto rivendicativo transitorio la “educazione di tutti i fanciulli a cominciare dal momento in cui possono fare a meno delle prime cure materne, in istituti nazionali e a spese della nazione. Educazione e lavoro di fabbrica insieme." In riferimento al futuro sistema socialista, nella stessa opera, viene affermato poi che “l'educazione potrà far seguire ai giovani rapidamente l'intero sistema della produzione, li metterà in grado di passare a turno da uno all'altro ramo della produzione, a seconda dei motivi offerti dai bisogni della società o dalle loro proprie inclinazioni. Toglierà ai giovani il carattere unilaterale impresso ad ogni individuo dall'attuale divisione del lavoro. A questo modo la società organizzata comunisticamente offrirà ai suoi membri l'occasione di applicare in tutti i sensi le loro attitudini sviluppate in tutti i sensi.”

Nel punti programmatici del “Manifesto del Partito Comunista” scritto da Marx ed Engels nel 1848 viene ripreso il concetto: “Istruzione pubblica e gratuita di tutti i fanciulli. Eliminazione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche nella sua forma attuale. Combinazione dell'istruzione con la produzione materiale e così via.”
L'unità scuola–lavoro non viene intesa come funzione meramente didattica, ma come un tutt'uno con il processo produttivo e generale della società.
Al tempo filantropi e settori della borghesia proponevano anche un' “istruzione industriale”, un'“educazione professionale universale” che accogliesse i figli dei proletari allora esclusi quasi totalmente dal sistema di istruzione. Questo tipo di scuola e le sue giustificazioni con le quali veniva mossa, potevano far pensare in un certo modo ad una convergenza sulla scuola unica del lavoro. Ma Marx anche qui si schiera contro senza riserve, constatando prima che “l'industria moderna sostituisce sempre più, senza sosta, il lavoro complesso con il lavoro semplice, per il quale non c'è bisogno di nessuna formazione“ poi spiegando come “il vero significato dell'educazione per gli economisti filantropi è la preparazione di ogni operaio al più gran numero possibile di attività industriali, in modo che se viene allontanato da un ramo dall'uso di una nuova macchina o da un cambiamento della divisione del lavoro, egli si possa sistemare molto facilmente da qualche altra parte” (Il salario, 1845). Nessuna unità tra scienza e lavoro, nessuna liberazione del proletario dal proprio comparto meccanico esecutivo e ripetitivo, ma la riproduzione delle stesse dinamiche e della stessa divisione del lavoro in più campi dello stesso piano, una diversa ma speculare unilateralità, infine un veloce addestramento ai fini dell'intensificazione dello sfruttamento della forza-lavoro, una formazione vantaggiosa per il capitalista e dannosa per l'operaio.

Scontata anche per questo l'opposizione del marxismo verso il mantenimento della “classica” e vecchia formazione offerta ai ceti produttivi attraverso il tirocinio artigianale.
In contrasto alla frammentazione e alla parzialità dell'espressione lavorativa nella grande fabbrica, la configurazione dell'istruzione politecnica di Marx può esser tratta dalle “Istruzioni ai delegati” per il I Congresso dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori del 1866 dove viene descritta come combinazione di educazione intellettuale, educazione corporale (ginnastica) ed educazione tecnologica che abbraccia i principi generali e scientifici di tutti i processi di produzione. Questa educazione, rivolta ai ragazzi dai 9 ai 17 anni d'età, avrebbe dovuto combinarsi con il lavoro produttivo. Differenziandosi secondo tre categorie: la prima, dai 9 ai 12 anni, prevede 2 ore di lavoro; la seconda, dai 13 ai 15 anni, prevede 4 ore di lavoro; la terza, dai 16 ai 17 anni, prevede 6 ore di lavoro.
“Questa unione di lavoro produttivo remunerato, con la formazione spirituale, gli esercizi fisici e la formazione politecnica eleverà la classe operaia molto al di sopra delle classi superiori e medie.”
Anche nel primo libro del Capitale di Marx si legge: “L'educazione (…) che collegherà (…) il lavoro produttivo con l'istruzione e la ginnastica, non solo come metodo per aumentare la produzione sociale, ma anche come unico metodo per produrre uomini di pieno ed armonico sviluppo”, con il fine di terminare quindi con il carattere unilaterale dell'uomo, per raggiungere un pieno sviluppo delle forze produttive ed il recupero dell'onnilateralità, abbracciando i fondamenti scientifici di tutti i processi di produzione e gli aspetti pratici di tutti i mestieri.

Come si è potuto notare, Marx non era contrario al “lavoro minorile”, ed anzi si schiera contro la sua abolizione in quanto tale. Infatti è convinto che il legame dell'istruzione-lavoro sia un punto di partenza fondamentale, come già detto, per l'educazione di tutti i ragazzi già dalla tenera età e per l'emancipazione stessa della classe operaia: “il legame precoce tra il lavoro produttivo e l'istruzione è uno dei più potenti mezzi di trasformazione della odierna società” (Critica del Programma di Gotha, Marx). Ma certamente Marx si schiera contro il “lavoro infantile nella sua forma attuale”, cioè il lavoro infantile deregolamentato sotto il capitalismo, e di questo ne chiede l'abolizione: “noi consideriamo la tendenza dell'industria moderna a far cooperare i fanciulli e gli adolescenti di ambo i sessi nella grande opera della produzione sociale come un legittimo e salutare progresso, sebbene la maniera in cui questa tendenza si realizza sotto la dominazione del capitale sia semplicemente abominevole” (Istruzione ai delegati, Marx).

Dopo aver ripercorso l'analisi e le posizioni del marxismo si possono delineare delle rivendicazioni che siano in grado di contrastare l'attuale modello dell'alternanza scuola-lavoro e di rilanciare ad un modello generale più evoluto per lo sviluppo della coscienza di classe e per il superamento dell'attuale organizzazione economico e sociale dell'attuale società.

Centrale diviene la rivendicazione di una scuola unica politecnica, con corsi laterali differenziati, laica, gratuita, al servizio delle masse popolari e obbligatoria fino ai 18 anni. Eliminare la distinzione tra scuole di serie A e serie B, tra scuole professionali e licei, tra scuole per la borghesia e scuole per il proletariato, unificando in un unico tipo di scuola gli strumenti per diffondere una conoscenza completa nei vari campi fondamentali, tecnici ed umanistici, che abbracci i principali rami del sapere attraverso un grosso e maggioritario nucleo centrale di materie uguale per tutti. Ma che sia poi in grado di differenziarsi, in maniera marginale, attraverso l'offerta di alcune materie, per le inclinazioni dei singoli studenti.
Prevedere poi a partire dai 15 anni dei periodi lavorativi remunerati e tutelati, al pari di un altro normale lavoratore non specializzato, in aziende pubbliche in cui gli studenti-lavoratori svolgano mansioni di carattere manuale ed intellettuale, dove si possa seguire l'intero processo produttivo e contribuirvici in maniera onnilaterale, escludendo mansioni limitanti e compartimentanti.
Queste esperienze dovranno includere anche la formazione dei giovani rispetto alle misure di sicurezza negli ambienti lavorativi e rispetto alle tematiche dei diritti e delle relazioni sindacali.
Così questi percorsi di lavoro durante la scuola, oltre ad essere strumento per familiarizzare con i ritmi e le condizioni di vita e di lavoro della classe lavoratrice, si rendono i giovani membri effettivi della classe produttrice, partecipi davvero del processo produttivo sociale, sviluppando le forze di produzione e poter rivendicare la redistribuzione del lavoro esistente necessario attraverso la diminuzione per tutti dell'orario di lavoro a parità di salario.

Elder Rambaldi

CONDIVIDI

FONTE