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genova antifascista

Casapound e l'aggressione di Genova

Per una mobiltazione di massa e di classe contro il fascismo

20 Gennaio 2018

Tra il 12 e il 13 gennaio trenta militanti di CasaPound aggrediscono dieci attivisti di Genova Antifascista e accoltellandone uno.
È necessario rispondere con una mobilitazione che metta fuori gioco le organizzazioni neofasciste, contro la Lega Nord e le giunte di Toti e Bucci, contro le politiche razziste, reazionarie e di aggressione sociale del Partito Democratico.
Solo costruendo il più ampio fronte unico antifascista sulla base di un programma dalla parte di lavoratori, migranti e oppressi è possibile costruire l'alternativa ad un sistema che conduce a guerra, sfruttamento, barbarie e miseria.


I FATTI DI GENOVA E LA CRESCITA DEI NEOFASCISTI

A Genova, nella notte tra il 12 e il 13 gennaio, una squadraccia di trenta militanti di CasaPound ha vigliaccamente aggredito una decina di compagni intenti ad affiggere manifesti nel quartiere in cui è stata inaugurata da poco la sede di CPI. In questa aggressione a colpi di cinghie, bottiglie e pugni, un compagno dell'Assemblea Antifascista è stato colpito con un coltello alla schiena, riportando fortunatamente una lesione non grave. Quel che rimane è l'indicibile azione squadrista alla ricerca del morto, e il tentativo dei fascisti di affermare la propria legittimità ad agire indisturbati e violentemente contro migranti, oppressi e discriminati, comunisti, sindacalisti, anarchici, antagonisti e, in generale, tutti gli antifascisti.

Proprio come scrivemmo il 3 gennaio 2018, nel nostro articolo “Elezioni e destre neofasciste: daremo battaglia anche nella tribuna elettorale” (1), «Le elezioni politiche si avvicinano, e queste organizzazioni neofasciste cominceranno – e in parte già hanno cominciato – a cercare atti eclatanti, provocazioni, nuove azioni squadriste per lanciare le proprie candidature, liste e organizzazioni. Una delle prime realtà ad annunciare la propria presenza elettorale sarà proprio CasaPound, con il proprio neosegretario e candidato premier Simone Di Stefano (...)».

In meno di dieci giorni, questa tragica e facile previsione si è avverata.
Non possiamo quindi che esprimere la nostra massima e incondizionata solidarietà ai compagni e alle compagne aggredite e al compagno accoltellato alle spalle dal branco di sgherri al servizio di padroni e guerrafondai. Proprio come rinnoviamo la nostra solidarietà a tutte le realtà politiche, sindacali e sociali che sono state vittime, negli ultimi anni, di aggressioni, minacce, intimidazioni, azioni squadriste e blitz, la cui escalation impedisce un elenco esaustivo senza riempire una pagina di nomi e realtà. Solo a Genova, città di questo gravissimo fatto, si sono susseguite le minacce al compagno di Rifondazione Comunista Giuseppe Pittaluga e agli studenti e alle studentesse del CSR e del Coordinamento dei Collettivi Studenteschi Antifascisti; i blitz ad alcune sedi dell'ANPI, dell'ARCI e della CGIL; l'aggressione alla nostra compagna militante e delegata sindacale CGIL-FILCAMS Cinzia Ronzitti, le intimidazioni alla giornalista di Genova24 Katia Bonchi etc.
Inutile dire e ricordare che i militanti di CasaPound sono stati autori dell'assassinio di Samb Modou e Diop Mor a Firenze, del tentato omicidio a Emilio Visigalli a Cremona, dell'aggressione dei giornalisti Rai Piervincenzi e Anselmi per il servizio sulle collusioni tra CPI e la camorra a Ostia, del pestaggio del segretario della FIOM di Forlì Gianni Cotugno.

In una fase di crisi economica e grande competizione globale tra borghesie e governi imperialisti, queste organizzazioni non solo prendono forza ma divengono espressione di potere e si inseriscono in una generale deriva reazionaria delle impalcature istituzionali e politiche del sistema capitalistico. Deriva in grado di esprimere, sotto forma di movimenti e organizzazioni neofasciste o anche solo opzioni populistiche e xenofobe, veri e propri governi seduti al tavolo dei grandi nell'Europa “democratica”, come nel caso dei governi della Polonia, dell'Ungheria, dell'Austria, o capaci di divenire la punta di diamante e il braccio armato dell'imperialismo europeo, come in Ucraina.
I fascisti e i populismi reazionari si mostrano ancora come uno strumento delle borghesie e delle forze politiche “democratiche” e liberali, da quest'ultimi coperti se non addirittura appoggiati e finanziati, contro il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici e contro il movimento rivoluzionario, sindacale e antagonista, e qualora questi fossero deboli, in termini preventivi contro la sola minaccia di una loro riorganizzazione e rinascita.

Così è possibile, ora, vedere governi di centrosinistra che applicano legislazioni, decreti e modifiche costituzionali reazionarie, razziste, autoritarie, corporativiste, antisindacali, repressive; governi di centrodestra ancora più spavaldi e spudoratamente collusi con le organizzazioni neofasciste e neonaziste, e, queste ultime, libere di agire indiscriminatamente e di godere di spazi di agibilità e copertura mediatica spropositati.


LE RESPONSABILITÀ POLITICHE E SOCIALI DEI GOVERNI DI CENTROSINISTRA E CENTRODESTRA

Così il caso genovese assume una valenza nazionale e internazionale per tutti i sinceri antifascisti e anticapitalisti, proprio in questa fase.
È lì infatti che si mettono in mostra le collusioni estremamente strette tra centrodestra e forze neofasciste. Prima dell'aggressione erano regolari le sponde politiche e le collaborazioni tra Lega Nord e Fratelli d'Italia e organizzazioni come CasaPound, Lealtà e Azione e Forza Nuova: l'assessore comunale Garassino, portavoce della campagna securitaria e antimigranti/antiprofughi della Lega Nord più volte promotore di iniziative comuni con CPI e LeA; il passaggio dell'ex consigliere regionale di Fratelli d'Italia già AN, Gianni Plinio a CasaPound, così come avvenuto per il consigliere municipale della Media Valbisagno della Lega Nord Felsidio Censi.
Dopo l'aggressione però la maschera cade definitivamente: sia Bucci, sindaco di Genova, che Toti, presidente della Regione Liguria, si lanciano sui giornali a sminuire e coprire l'accaduto riducendolo a semplice fatto di ordine pubblico, condannando le violenze di entrambe le parti e “contro gli estremismi di ogni colore”, cercando di paragonare la violenza di una protesta con la violenza di un atto di vigliaccheria e di un accoltellamento di un singolo militante, negando le responsabilità di CasaPound di fronte ad un'azione compiuta da militanti di quell'organizzazione partiti dalla loro sede, negando che si possa “attribuire a qualche forza politica la responsabilità delle azioni di persone violente”. Alla richiesta di negare gli spazi pubblici ai neofascisti, Bucci risponde prima con una contromozione di salsa autoritaria, che vieta gli spazi pubblici a chiunque sia contro la Costituzione, le leggi, gli statuti regionali e i regolamenti comunali: in pratica anche una protesta contro una legge potrebbe essere vietata, giocando al rialzo nel gioco del paragone tra aggressione fascista e protesta politica. Toti, invece, rimanda tutto alla magistratura e alla polizia, negando che il fatto possa avere una valenza politica e dichiarando esplicitamente legittima e indiscutibile l'esistenza di organizzazioni come CasaPound e la loro partecipazione anche alle elezioni politiche. In fondo, nel nome del “prima gli italiani” Lega Nord, forze della destra conservatrice e liberale e CasaPound si sono trovati spesso anche in piazza assieme.

Al tempo stesso, si mostrano ridicoli e patetici i tentativi del Partito Democratico di rifarsi una pulizia del viso ponendosi come “argine democratico” alla minaccia fascista. In primis arriva l'intervento di condanna del ministro Orlando, il coautore dei decreti Minniti-Orlando, vere e proprie leggi razziste contro i profughi e di aggressione alla povertà e ai migranti nel nome del decoro urbano; poi arriva una mozione in consiglio comunale contro la concessione di spazi pubblici a tutte le organizzazioni che non garantiscano il rispetto dei valori costituzionali e pratichino fascismo, razzismo, omofobia, transfobia e sessismo. Una bella operazione d'immagine che unisce il PD al PD-civico, la Lista Crivello, nella consapevolezza che la mozione non sarebbe mai passata e mai passerà, per permettere a tutte le parti in campo di uscirne vincenti, formalmente coerenti con l'immagine che vendono di loro, sulla pelle dei lavoratori, degli sfruttati e degli oppressi.
Lo stesso Partito Democratico, infatti, è stato ed è lo strumento della borghesia e dell'imperialismo italiano ed europeo contro lavoratori, disoccupati, migranti, poveri e oppressi. Dal Piano casa che colpisce il diritto all'abitare, al Testo Unico sulla Rappresentanza Sindacale che colpisce i diritti sindacali e di sciopero dei lavoratori e delle lavoratrici; dal Jobs Act per la precarizzazione strutturale del lavoro alla cancellazione dell'art.18 per dare mano libera ai padroni; dal decreto Minniti-Orlando, già citato, agli accordi con Libia, Niger e Somalia per l'esternalizzazione e la disumanizzazione delle frontiere, in mano a mercenari e tagliagole, e alle missioni militari per depredare le risorse in tutto il mondo.
Risulta quindi evidentemente ipocrita e falso lo sgomento di certi personaggi verso le azioni compiute dal braccio armato che applica concretamente le disposizioni dei decreti e delle politiche dei propri governi.


LA NECESSITÀ DELLA MOBILITAZIONE DI CLASSE E DI MASSA E LA DISCESA IN CAMPO DEL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

Per queste motivazioni e per la valenza nazionale di questi tragici e gravissimi fatti, comunichiamo la piena adesione della nostra organizzazione a tutte le prossime iniziative promosse da Genova Antifascista, partendo dal già avvenuto presidio, trasformato in corteo, con volantinaggio e attacchinaggio per riprendersi l'agibilità nel quartiere dell'aggressione del 20 gennaio, passando per l'assemblea pubblica in Piazza De Ferrari del 31 gennaio fino al corteo del 3 febbraio.

I nostri compagni e le nostre compagne genovesi hanno seguito e contribuito alla costruzione di quel percorso di unità d'azione contro la minaccia fascista, si sono battuti e si battono all'interno di quella lotta per una mobilitazione di massa e di classe, per una piattaforma anticapitalista e rivoluzionaria dalla parte dei lavoratori, delle lavoratrici, delle oppresse e degli oppressi; nella consapevolezza che per fermare le organizzazioni fasciste è necessario abbattere il potere delle banche, dei padroni, del capitale e dei loro governi, e instaurare il governo dei lavoratori e delle lavoratrici nel quadro di una federazione europea di stati socialisti.

Per questo accogliamo positivamente la piattaforma antifascista espressa da quella assemblea, come frutto del confronto delle sue diverse anime interne, in grado di individuare i principali nodi politici, economici e sociali su cui si costruisce e si radica la propaganda fascista e razzista, in una prospettiva di rovesciamento della narrazione delle cause e delle condizioni di miseria e sfruttamento generalizzato e di unificazione dei vari affluenti della lotta di classe.
Riceviamo con dispiacere la decisione della Camera del lavoro di Genova di ritirare la propria adesione formale alla piattaforma, così come quella dell'ANPI di non voler aderire al percorso di Genova Antifascista. È giunta l'ora che anche le dirigenze di queste organizzazioni assumano la consapevolezza che non esistono “governi amici”, che il Partito Democratico è il partito del padronato, della Confindustria, delle banche, delle guerre e delle politiche di sfruttamento, xenofobe e antiprofughi, e che non rappresenta alcun argine al fascismo, ma è anzi la causa della proliferazione di queste organizzazioni e ideologie.
Non basta appellarsi ad una Costituzione, che governi e padronato hanno dimostrato essere carta straccia al servizio della borghesia, nata più che dal coronamento della Resistenza antifascista, dal tradimento e dal furto della sua “rossa primavera” e della sua rivoluzione, garantendo la ricostruzione dello Stato borghese “democratico”, l'amnistia e la continuità per l'apparato burocratico fascista, da utilizzare da lì in poi contro la minaccia “comunista”.
L'unico strumento che hanno i proletari, gli oppressi e gli sfruttati in generale per fermare il fascismo non è la democrazia borghese ma la mobilitazione generale, di massa e di tutta la classe lavoratrice contro il capitalismo e lo sfruttamento in ogni sua forma.
Una mobilitazione che rivendichi nell'immediato la cacciata delle giunte di Toti e di Bucci, la messa al bando di CasaPound e di tutte le organizzazioni neofasciste, la cancellazione di tutte le politiche di aggressione sociale, economica e politica portate avanti dai governi di centrodestra e centrosinistra e, ora, dal Partito Democratico di Renzi e Gentiloni. Tutti obiettivi ottenibili solo ed esclusivamente con la costruzione di un fronte unico di classe entro una mobilitazione di massa antifascista e anticapitalista, non certo con la delega a istituzioni borghesi colluse e colpevoli della crescita del fascismo e del razzismo e delle aggressioni sociali degli ultimi quarant'anni, siano esse governi, parlamenti, giunte, prefetture e questure, o aule dei tribunali.

Il Partito Comunista dei Lavoratori, in questa fase di impegno nella campagna elettorale e nella raccolta firme, come in molte lotte e interventi politici, sindacali e sociali, è disponibile fin da subito all'immediata mobilitazione contro le organizzazioni neofasciste, razziste e xenofobe, per il più ampio fronte unico antifascista.



(1) https://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=5780

Partito Comunista dei Lavoratori

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