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L'imperialismo italiano all'opera in Niger

Chiamare le cose con il loro nome

19 Gennaio 2018
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«L'Africa è la nostra profondità strategica», dichiara il sottosegretario agli Esteri Mario Giro. In questo concetto sta la ragione di fondo della spedizione italiana in Niger.

Non è solo questione di “sorveglianza delle frontiere e del territorio” per bloccare i migranti alla partenza. Naturalmente è anche questo, ma non è solo questo. Il capitalismo italiano cerca di nuovo il proprio posto in Africa, dentro la grande partita internazionale tra potenze imperialiste per la spartizione del continente. Estrazione di materie prime vitali, controllo delle rotte commerciali e portuali tra Oceano Indiano ed Atlantico, enormi distese di terre coltivabili, un gigantesco volume di nuove commesse ed affari legato alla costruzione di infrastrutture e logistica: questo è l'Africa per l'imperialismo. Il nuovo imperialismo cinese ha guadagnato le prime posizioni nella spartizione. Gli imperialismi europei, a partire dalla Francia, cercano di difendere la propria area d'influenza e di inserirsi nelle nuove filiere. L'imperialismo italiano, con in testa ENI, è pienamente partecipe della competizione. Il gioco è scoperto. Mentre la stampa borghese decanta i valori della nuova missione, all'insegna della “lotta contro i trafficanti”, gli ambienti diplomatici, i vertici militari, i consigli di amministrazione delle grandi imprese non si fanno scrupolo di chiamare le cose con il loro nome. Mai come oggi la categoria dell'”interesse nazionale” dell'Italia in Africa viene apertamente sdoganata. La rivista Limes ha recentemente fornito un'ampia documentazione di questa verità parallela, che è semplicemente la vera verità. Del resto se ENI è la principale azienda del continente nero, occorre una politica estera all'altezza di questo ruolo. La presenza di truppe tricolori sul suolo è un pezzo decisivo della politica estera, del suo peso negoziale nella definizione di spazi ed equilibri.


IL CONTENZIOSO ITALO-FRANCESE

L'operazione Niger s'incastra inoltre nel negoziato italo-francese. L'Italia ha un contenzioso diretto con la Francia in diversi settori (cantieristica, media, banche, assicurazioni), e diverse recriminazioni irrisolte. Il giornale di Confindustria è giunto a lamentare un (improbabile) atteggiamento “coloniale” della Francia verso l'Italia, in fatto di acquisizioni industriali e finanziarie. Un'accusa ridicola da parte della seconda potenza industriale d'Europa, ma che dà la misura del contenzioso in atto. Lo sgomitamento in agosto sul controllo dei cantieri navali francesi è solo la punta dell'iceberg. Questo confronto tra Italia e Francia si estende in Africa, a partire dalla questione libica che vede ENI e Total l'una contro l'altra armate. La riconciliazione dell'Italia col boia al-Sisi, con buona pace del povero Regeni, è funzionale alle relazioni dell'Italia col generale libico Haftar (sostenuto dall'Egitto), da non lasciare in mani francesi: un interlocutore prezioso per raggiungere un punto d'equilibrio con la Francia in Libia. Parallelamente l'inserimento italiano in Niger, parte organica dell'Africa francese, segnala alla Francia che l'Italia gioca ormai a tutto campo. L'Italia mette sul piatto del negoziato con la Francia il proprio appoggio militare in Niger per battere cassa su altre partite. È il normale mercimonio della politica estera borghese.


LA PARTITA DI SCAMBIO NELLA UE

Non solo. La missione italiana in Niger entra indirettamente nel negoziato tra Italia e Unione Europea. L'Italia è di fronte a un passaggio difficile sul fronte UE. Francia e Germania stanno provando a ridefinire attorno a un proprio asse centrale i nuovi equilibri in Europa. Sia sul terreno della difesa militare, sia su quello dei patti finanziari (unione bancaria). Il capitale finanziario italiano teme come la peste ogni clausola che preveda un tetto al possesso di titoli pubblici da parte delle banche tricolori. Per questo Il Sole 24 Ore ha aperto un fuoco preventivo di sbarramento denunciando il pieno dei titoli pubblici regionali da parte delle banche dei Länder. Come dire: se volete la guerra, la faremo anche noi. In realtà il governo italiano cerca un accordo anche su questo con Germania e Francia. L'Italia mette allora sul piatto della bilancia il proprio intervento in Africa, e più in generale la funzione di custode del fronte Sud per conto dell'Unione Europea, per chiedere contropartite in altri campi. "Noi blocchiamo le partenze di chi fugge dalla fame, condanniamo alle galere libiche centinaia di migliaia di rifugiati, disertiamo lo stesso soccorso in mare di chi si imbarca, facciamo insomma il grosso del lavoro sporco nell'interesse dell'intera Unione. Voi rispettate però gli interessi delle nostre banche." Questo è il vero sottotraccia della spedizione in Niger.


L'UNITÀ NAZIONALE TRICOLORE E LE CONTRADDIZIONI A SINISTRA

Per questo tutti i partiti dominanti in Parlamento hanno votato o avallato la missione: PD, Berlusconi, Fratelli d'Italia, Lega. Il M5S no, ma solo per l'«insufficiente chiarezza sulle regole d'ingaggio». Del resto il M5S è pienamente partecipe del fronte reazionario sull'immigrazione. L'unità nazionale tra partiti dominanti contro i salariati, in fatto di precarizzazione del lavoro, detassazione delle imprese, pagamento del debito pubblico, è la stessa unità nazionale attorno alla missione militare in Africa. Una coerenza esemplare.

E a sinistra? Liberi e Uguali ha votato contro la missione, ma solo «per l'assenza di un sufficiente dibattito», e perché «non è chiaro se le truppe vanno per una missione di pace o anche con un mandato militare». Come dire che in futuro se venissero sventolate ragioni umanitarie potrebbe andar bene. Nessuna sorpresa da parte di una formazione che ospita D'Alema, bombardatore di Belgrado, e annuncia proprie disponibilità verso un futuro governo di unità nazionale.
Potere al Popolo si pronuncia contro la missione nel nome della pace. Ma dichiara che il proprio riferimento internazionale è lo sciovinista Mélenchon, sostenitore della grandezza della Francia nel mondo e del valore della bandiera tricolore (francese) contro la bandiera rossa. Sarebbe questo l'internazionalismo?

Solo la lista “Per una sinistra rivoluzionaria” chiama le cose con il loro nome. Denuncia l'operazione militare in Niger come missione dell'imperialismo italiano. Chiarisce i suoi scopi veri. Chiama alla mobilitazione contro la missione nel nome delle stesse ragioni con cui si oppone a tutte le politiche di rapina sociale sul fronte interno: la lotta di classe contro il capitale, al fianco di tutti gli oppressi, per un'alternativa socialista, per un governo dei lavoratori.

Partito Comunista dei Lavoratori

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