Interventi

L’Italia sull'orlo della bancarotta

18 Dicembre 2017
gufi


Il titolo sarà accolto dai più – magari anche da marxisti o presunti tali - come una esagerazione, una “sparata” catastrofista di chi vede crisi in ogni dove, che non tiene conto della realtà dell’economia. In contrapposizione col pronostico del titolo – cioè l’approssimarsi alla bancarotta dell’Italia – i panegirici del capitale, i giornalisti e i politici borghesi, il governo, affermano che il paese vive una ripresa economica – alcuni marxisti “anticatastrofisti” parlano di “ripresina”. In supporto di questa affermazione citano alcuni dati economici: la crescita del PIL del 0,9% nel 2016 e la crescita di quest’ anno stimata al 1,5%; il mantenimento della disoccupazione al 11,5% negli ultimi tre anni (dopo che nel 2014 arrivò fino al 12,4%), la stima che il debito pubblico si ridurrà di un punto percentuale.


MEZZE VERITÀ: LE BUGIE MEGLIO MASCHERATE

La sfilza di dati citati per motivare la ripresa economica sono tutti dati veritieri, però sono estrapolati dal contesto generale, e in quanto tali sono falsi.

Innanzitutto non tengono conto del crollo economico di questi ultimi dieci anni. Parlare di una ripresa per la crescita di circa l’1% del PIL quando in dieci anni è caduto del 10%; per il mantenimento della disoccupazione all’11,5% quando prima della crisi capitalista del 2007 era sotto al 6%; per la riduzione di un punto percentuale del debito pubblico quando in dieci anni è aumentato del 30% (dal 99,8% del 2007 al 132% del 2017) è una truffa, perché non si tiene conto della precaria e flebile crescita dell’economia in relazione alla depressione economica dei dieci anni precedenti.

Ma soprattutto non si analizza che questa precaria e flebile crescita economica è il frutto di una politica espansiva eccezionale della BCE di Draghi, che ha permesso l’abbassamento dei tassi d’interesse, attraverso l’elargizione straordinaria, per la sua entità, di migliaia e migliaia di miliardi alle banche con tassi d’interesse vicino allo zero per cento e l’acquisto dei titoli di stato dei paesi europei.

Politica che ha permesso allo Stato italiano di risparmiare 43 miliardi di euro sugli interessi del debito pubblico – che sono stati utilizzati per la riduzione della pressione fiscale - e alle imprese di ricapitalizzarsi con bassi costi. Essendo la “ripresa” basata sulla politica espansiva della BCE - tanto è vero che un’analisi presentata dal Centro Studi Economia Reale, guidato dall’ex viceministro berlusconiano Baldassari (non proprio un bolscevico), afferma che senza l’effetto Draghi l’Italia sarebbe in recessione dello 0,3%, con la disoccupazione al 14,1%, col deficit pubblico al 6,6% (invece che al 2,2) e col debito pubblico al 157% (e al 180% nel 2020) - una volta che la BCE porrà fine a questa politica eccezionale - che incide pesantemente sui propri conti (60 MLD ogni mese) e che potenzialmente può generare un default della BCE che si sta esponendo sempre più su titoli a forte rischio come i titoli di stato di paesi come la Grecia, o i 'mortgage backed securities' (obbligazioni derivanti da cartolarizzazioni di mutui), che sono i famosi derivati che hanno causato la bolla immobiliare e finanziaria americana del 2007 – porrà fine anche alle premesse della “ripresa”, e quindi riporterà l’Italia nel pieno della crisi economica.


IL CAPITALISMO MONDIALE TERRORIZZATO DALL’ITALIA

Questo scenario viene confermato da un “catastrofista” insospettabile ed insperato, il vicepresidente della commissione europea Kaitanen, uno dei massimi rappresentanti del capitalismo europeo, che senza paura di smentite o di scandali diplomatici con il governo italiano afferma che la crescita economica italiana è “gonfiata” – proprio dall’effetto Draghi, come è stato spiegato in precedenza - e che il governo italiano è un governo irresponsabile perché non prende le misure necessarie per far fronte alla profonda crisi imminente, ma invece si adagia sugli allori della “ripresa” e utilizza le risorse economiche figlie di questa congiuntura favorevole per fare misure che difendano il proprio consenso elettorale.

Non solo il capitale internazionale è preoccupato per i conti dello Stato italiano, che possono scoppiare con l’aumento vertiginoso del deficit e del debito pubblico, ma inoltre tutti gli economisti mondiali parlano dello stato impietoso del sistema bancario italiano, che potrebbe causare il default dell’Italia e una crisi gigantesca nel continente europeo. Il primo sostenitore di questa ipotesi è la rivista Economist – rivista a cui tutti i politici della borghesia guardano per capire le tendenze mondiali, e che lo stesso Marx citava nei suoi tomi del Capitale – che ha dedicato la copertina di un suo numero mostrando una figura che simboleggiava il sistema bancario italiano mentre era in procinto di cadere in un burrone; e questo non per impressionismo, ma perché il sistema bancario italiano ha, mediamente, il 20% dei propri crediti in stato di insolvenza (cioè non possono essere riscossi). Crediti che concretamente valgono zero, ma che solo attraverso la “finanza creativa” risultano nei bilanci delle banche al loro valore originario. Questo pone, de facto, il sistema bancario in default, con l’aggravante che lo Stato italiano difficilmente potrà salvare le banche – a differenza degli USA e dell’UK dieci anni fa – avendo già un debito pubblico elevato e dovendo sottostare ai diktat della Unione Europea che vietano gli aiuti di Stato verso le imprese private.


CONCLUSIONI

Come abbiamo visto, parlare di ripresa economica, o anche di “ripresina”, è totalmente fuori luogo.
Dopo dieci anni dalla crisi capitalista mondiale, tutti i fattori che l’hanno scatenata si ritrovano in Italia (e nel mondo): un basso rendimento degli investimenti, la riduzione progressiva del potere d’acquisto, una disoccupazione elevata, il gonfiarsi di una bolla finanziaria. Il tutto con l’aggravante che lo Stato italiano – e in minor parte anche altri Stati nel mondo (Cina, USA e Stati europei) – non hanno più le stesse risorse che avevano a disposizione dieci anni fa per far fronte al crollo del capitalismo mondiale.
Per fare un esempio fisiologico, è come se un persona anziana, dopo una fortissima crisi di salute, si stabilizzasse momentaneamente, dovendo però rimanere attaccato ad un apparecchio respiratorio, e per di più con la prospettiva che una prossima ricaduta dovrà essere affrontata senza medicine per l’esaurimento delle risorse. Per dirla fuori di metafora, il capitalismo nella sua fase di decadenza (“persona anziana”) dopo dieci anni di depressione economica (“crisi di salute”) s’incontra in una fase di precaria e flebile crescita economica, a costo di politiche monetarie espansive (“l’apparecchio respiratorio”) che possono causare una crisi inflazionaria e una crisi dei bilanci pubblici, e con l’incubazione di una nuova crisi dei sistemi bancari (“la ricaduta”), che questa volta difficilmente potranno essere salvati dall’intervento statale (“esaurimento delle medicine”).

Questa situazione, in cui esiste la seria possibilità (la certezza in politica non esiste) di un crollo del sistema bancario italiano e di un susseguente default dello Stato, apre nuove prospettive per la sinistra italiana, perché una crisi di tali dimensioni produrrà certamente grandi sconvolgimenti politici e potenzialmente crisi rivoluzionarie.
Costruire un soggetto cosciente - un partito – della possibilità della catastrofe economica, delle sue ripercussioni sociali e politiche è il compito principale dei militanti della sinistra italiana. In questo quadro assume una maggior validità e un maggior vigore la costruzione del Partito Comunista dei Lavoratori.

Michele Amura

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