Teoria

Il boicottaggio, strumento di lotta della classe lavoratrice?

11 Novembre 2017
boycott

Questo articolo vuole far luce su una metodologia molto diffusa e molto praticata a livello planetario, cioè sulle azioni intraprese da vari attivisti o cittadini “critici” con l'intento di opporsi e contrastare una certa politica o filosofia di mercato. Stiamo parlando del boicottaggio economico dei prodotti di determinate aziende.
Soprattutto nell'era di internet questa linea d'azione ha potuto trovare molti seguaci. Sono famose le varie campagne di boicottaggio (rese poi permanenti) dei prodotti di grandi multinazionali come Coca-Cola, Nike, Nestlè, McDonald... rei di supersfruttare i propri lavoratori, di non rispettare i diritti sindacali, di far uso di lavoro minorile, di colpire le popolazioni indigene e le sue terre, ecc. Poi tante altre campagne lanciate sempre da associazioni, organizzazioni o movimenti verso tanti altri marchi per tante altre ragioni. Tra queste per esempio quelle dirette contro prodotti di un insieme di aziende: contro le multinazionali, per il fatto di esser multinazionali e superpotenti, o contro i prodotti provenienti da specifici paesi “nemici” (come può esser Israele, che occupa la Palestina con metodi militari e fascisti). Tra i tanti esempi, l'ultimo arrivato nelle cronache dei quotidiani, quello dell'invito lanciato dal governo messicano, e rivolto ai suoi cittadini, a boicottare i prodotti statunitensi, per contrastare la linea politica di Trump.
Quello che qui si vuole dimostrare è che questo metodo non è un metodo di lotta. E soprattutto non è un metodo di lotta di cui ha bisogno la classe lavoratrice. Per esser chiari, parliamo del boicottaggio delle merci fatto su base individuale (anche se in forma collettiva). Non delle altre mille forme economiche o politiche di boicottaggio, come può essere il boicottaggio delle istituzioni, il boicottaggio di eventi sportivi, il boicottaggio della produzione, il boicottaggio delle elezioni, il boicottaggio perpetuato da uno Stato nei confronti di un altro, l'isolamento di un crumiro, ecc.

Cominciamo a dire che storicamente il movimento operaio rivoluzionario, il marxismo, non ha mai professato questo metodo. Ma è solo negli ultimi anni, attraverso l'espressione che ha trovato il post-marxismo ed i vari movimenti no global (espressioni piccolo-borghesi), che questa pratica è emersa con un certo ruolo.
Il messaggio sottinteso di una campagna di boicottaggio di prodotti (quali che siano) è quello che esistano aziende buone ed altre cattive, che esista infine un capitalismo buono ed uno cattivo. Questo è un punto centrale intorno al quale ruota tutto il resto. Un messaggio dannoso, da rigettare.
Il soggetto destinatario, il protagonista di una campagna di boicottaggio di prodotti non è la classe lavoratrice, ma evidentemente il consumatore interclassista che si determina in base a quali prodotti scegliere e non scegliere. Non viene spostato quindi alcun rapporto di forza tra classi antagoniste attraverso questo metodo. Per farlo bisognerebbe agire nella sfera della produzione, ambito centrale di scontro e detenzione del potere, diversamente dalla sfera della distribuzione.
Se veramente allora si vuole intraprendere una battaglia all'altezza ed avanzare, puntando al problema - che sia questione di denuncia o di sconfitta dell'avversario o anche di solidarietà tra membri di una lotta - sono altri gli strumenti da rivendicare. Del resto quelli propri della classe lavoratrice, a cominciare dallo sciopero nei posti di lavoro, picchetti, occupazioni, manifestazioni, nazionalizzazioni, ecc. Queste sono le azioni (se ben condotte) che fanno indietreggiare padroni e multinazionali. Altrimenti si spenderanno energie inutilmente, con dubbi effetti reali, ed anzi con il pericolo di un arretramento della coscienza di classe.
I profitti eventualmente (!) non percepiti da un'azienda, attraverso una campagna di boicottaggio dei suoi prodotti, finirebbero ad altre aziende, e in più provocherebbero restrizioni ai propri salariati. Non scalfendo in nulla il sistema.
L'idea di favorire le piccole aziende ed i prodotti alternativi al grande mercato, boicottando tutte le altre grandi aziende o multinazionali, è un'idea piccolo-borghese che rema contro il corso della storia, dell'accentramento di capitale, e del progresso. Per essere conseguenti a questa logica, che in diversi ambienti della sinistra viene professata, occorrerebbe non solo boicottare Nike, McDonald, Nestlè, ecc. (le campagne più conosciute), ma boicottare anche tutte le altre grandi aziende e multinazionali che operano con le stesse dinamiche. Si tratterebbe di rinunciare a gran parte delle merci con cui abbiamo a che fare quotidianamente (auto, mezzi di trasporto pubblici, tecnologia, tv, telefoni, computer, medicina...). Ma ci si dimentica che anche le piccole aziende, e probabilmente ancor di più di quelle grandi, calpestano le condizioni di vita e di lavoro dei propri lavoratori.
Ma si può quindi, come qualcuno pretende di fare, boicottare il capitalismo? Facilmente emergono tutti i limiti di questa filosofia, che porterebbe i singoli a condurre una vita da eremita o, se veramente teorizzata come alternativa a questo sistema, al regresso storico e sociale.
La teorizzazioni di sistemi economici locali “alternativi” meno spinti, tipiche del pensiero anarchico-autonomo-disobbediente (in ultima analisi, del pensiero piccolo borghese) potevano rappresentare modelli economici alternativi-riformisti in un periodo precapitalista, ma ora, alla luce del corso capitalista, del progresso e alla luce del materialismo storico, tali teorizzazioni e tali modelli sono indubbiamente antistorici. Non è difficile intendere che porterebbero inevitabilmente ad un immenso regresso le condizioni di vita dell'umanità.

A fronte di queste “soluzioni” sgangherate occorre rivendicare la lotta generale per l'esproprio e la socializzazione dei mezzi di produzione, e parimenti una distribuzione delle merci su basi democratiche e socialiste. Sotto la direzione della forza della classe lavoratrice contro la classe parassita dei padroni. In poche parole, il socialismo.
Del resto ci ritornano in mente degli aspetti della battaglia di inizio '900 di Rosa Luxemburg contro Bernstein, padre del revisionismo marxista. Quest'ultimo, tra le altre cose, concepiva la trasformazione della società capitalista attraverso un'espropriazione progressiva fatta dalle cooperative dirette dai sindacati socialdemocratici, cioè delle isole all'interno del capitalismo.
Luxemburg, nel suo “Riforma sociale o rivoluzione?” chiariva: “Le cooperative di produzione non possono giocare il ruolo di una riforma sociale generale, per il fatto che la loro realizzazione generale presuppone anzitutto la soppressione del mercato mondiale e la dissoluzione dell'attuale economia mondiale in piccoli gruppi locali di produzione e di scambio; quindi essenzialmente un ritorno, dall'economia del grande capitalismo, a quella mercantile medioevale.”
Il capitalismo è un sistema, complesso, e non lo si può pensare in maniera scomposta. I nemici non sono la sommatoria di grandi aziende, non sono i singoli individui più ricchi del mondo. Il vero nemico è il capitalismo, il sistema.
E qui emergono anche tutti i limiti del cosiddetto commercio equo e solidale, che il singolo può seguire per motivazioni di “coscienza” individuale, ma che in fin dei conti non apporta nessun effetto.

Nelle opere complete di Lenin il termine “boicottaggio” viene nominato circa 750 volte (con i suoi termini derivati). Ma mai ci si riferisce al boicottaggio individuale di merci come strumento di lotta (e chiaramente non perché non esistessero sfruttamento e multinazionali, anzi). Invece ci si riferisce a metodi di lotta politica, anche propri della classe lavoratrice, contro l'avversario (autorità dello Stato, nemici di classe, partiti riformisti...), agendo attraverso un'ostruzione ed un isolamento. Oltre al riferimento al boicottaggio di istituzioni, come Costituzioni ed elezioni, il boicottaggio è inteso come antitesi dell'astensione passiva: un'intensificazione dell'agitazione.
Il movimento operaio rivoluzionario e lo stesso trotskismo hanno fatto appello al boicottaggio, ma come strumento di lotta dei lavoratori, chiaramente nella sfera della produzione.
Per esempio, nel 1933, l'Opposizione di Sinistra Internazionale ha lanciato il boicottaggio internazionale da parte dei lavoratori per la lotta immediata di massa contro la Germania di Hitler, inteso con la “sospensione di trasporti e comunicazioni per un tempo determinato”. Un'"azione organizzata contro il fascismo diretta da marittimi, ferrovieri, trasporti e altri lavoratori", sotto forma di boicottaggio industriale e di trasporto. Come scriveva il Militant, giornale del SWP statunitense, tale boicottaggio poteva essere "un mezzo per sollevare gli spiriti dei lavoratori tedeschi e ad aiutarli per rimettersi in piedi nuovamente... una dimostrazione che può risvegliare e rafforzare il movimento internazionale del lavoro".
Spontaneamente infatti, i lavoratori in Francia, Belgio, Spagna, Olanda, Norvegia, Svezia, Danimarca, Cecoslovacchia e altrove avevano cominciato già a mettere in atto il boicottaggio di trasporto. La lotta principale era da parte degli scaricatori di porto, che ripetutamente rifiutavano di scaricare le navi che mostravano la bandiera nazista (in una occasione anche i membri scandinavi di un sindacato rosso hanno rifiutato di caricare la nafta sovietica su una barca tedesca). Sull'altra sponda c'erano invece settori della borghesia democratica internazionale che ipotizzavano il rifiuto dell'acquisto di beni tedeschi (trovando poi l'imbarazzo degli affaristi ebrei, divisi tra l'etica ed il profitto). Questa idea conquistò anche la II Internazionale.
Il 14 gennaio 1921 - altro esempio - il Comitato Esecutivo della III Internazionale proclamò un boicottaggio internazionale verso il governo spagnolo di Primo de Rivera, rispondendo all'appello, lanciato dalla Confederazione del Lavoro spagnola, per contrastare il terrore lanciato dal governo contro le organizzazioni del lavoro. "I lavoratori di tutti i paesi dovrebbero rifiutarsi di caricare o scaricare merci provenienti dalla Spagna o destinate in Spagna”, recitava la mozione adottata all'unanimità.
Altri esempi storici di boicottaggio ricondotti alla III Internazionale sono stati quelli del 1920 contro i governi bianchi di Ungheria e Polonia, un boicottaggio attuato dai lavoratori ferroviari. Ma tornando all'attualità, richiamiamo l'esempio del boicottaggio attuato da parte dei lavoratori portuali di Barcellona, che si sono rifiutati di effettuare le operazioni di carico e scarico, di vettovagliamento e di rifornimento di carburante delle imbarcazioni, attraccate nel porto locale, dipendenti dal governo spagnolo che “possano contribuire alla repressione dei più elementari principi democratici” - imbarcazioni cariche di militari - nel recente scontro seguìto alla dichiarazione d'indipendenza della Catalogna.
Questo intendono i marxisti rivoluzionari quando chiamano gli operai a compiere azioni di boicottaggio (attuabili in mille forme diverse).

Tornando alle campagne di boicottaggio dei prodotti di un singolo Stato (Israele, USA, ecc.) perpetuata da singoli consumatori, oltre ad essere una risposta di natura interclassista; oltre alla conseguenza di identificare in un unico blocco reazionario tutta la popolazione di uno Stato ignorando la divisione in classi; oltre all'inefficacia in termini di risultati reali (campagne molto popolari ma che mai hanno potuto incidere nulla), è infine ingenuo non capire che questa azione contro ipotetici prodotti nazionali o aziende nazionali è impossibile farla in un mondo con un'economia globalizzata. Piuttosto, sarebbe più utile lanciare, per esempio contro la politica sionista di Israele, azioni di boicottaggio basate sulle organizzazioni sindacali di tutto il mondo, dove i lavoratori degli armamenti, i trasportatori ed i lavoratori postali rifiutino di compiere il loro dovere rispetto agli ordini che arrivano dall'imperialismo israeliano.
Infine è da ricordare come il movimento comunista, nella sua storia, è stato capace di praticare anche un altro tipo di boicottaggio, che può avere il suo peso e la sua importanza da un punto di vista di classe. Si tratta del boicottaggio economico operato da uno Stato, in questo caso uno Stato operaio che detiene il monopolio del commercio estero, nei confronti di un altro Stato, nemico. Una questione di tattica ed opportunità.

Elder Rambaldi

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