Prima pagina

Di fronte all'appello all'ordine costituzionale, unità di classe e sciopero generale

7 Ottobre 2017
vaga_general


Dal primo di ottobre nello Stato spagnolo i tempi politici sono accelerati, e l’orologio della storia ha messo all’ordine del giorno la questione catalana e la lotta per l’autodeterminazione, ariete che potrebbe fare breccia nell’architettura costituzionale che garantisce i poteri economici e politici del postfranchismo, che adesso vacilla e naviga a vista.


LA MONARCHIA SI UNISCE ALLA REPRESSIONE IN CATALOGNA

La durezza del discorso del Re arriva come una manna dal cielo per il governo Rajoy, fino a oggi con le mani legate e stretto fra la volontà di un salto in avanti con la sospensione dell’autonomia proposta da Ciudadanos, e l’appello al dialogo proposto dal PSOE. Felipe VI si è richiamato all’ordine costituzionale, il che significa un appello al ricorso alle vie eccezionali contenute nella Costituzione, che permettano al governo di agire liberamente, e annuncia attacchi con ogni mezzo a disposizione dello Stato: applicazione della legge 155 o detenzione “per sedizione” del Governo della Generalitat, incluso ricorrere allo stato di emergenza.

Prima che il Parlament potesse essere convocato per dare continuità al referendum dello scorso primo ottobre, l’ingresso in scena di Felipe VI ha avuto un doppio obiettivo.
Da un lato, ha aperto l’intervento nella Generalitat da parte del governo centrale, e ha permesso la presenza dell’esercito nelle strade catalane. A sua volta, ciò ha dato una risposta a quei settori che esigevano da Rajoy mano più dura nei confronti della Catalogna, e che stanno favorendo quei partiti di estrema destra come Vox che stanno aumentando le proprie fila e crescendo fino a un 20% di consenso elettorale.

Dall’altro lato, il discorso del Re ha permesso di neutralizzare qualunque differenza fra i partiti del regime, frenando il PSOE nel suo tentativo di condannare la vicepresidenza del governo per la sua responsabilità nelle azioni della polizia e della Guardia Civil dello scorso primo ottobre. L’intervento riesce così a compattare dietro di sé il complesso delle organizzazioni pro-regime del 1978 in un orientamento di scontro chiaro di opposizione alle aspirazioni del popolo catalano.

Non ci saremmo potuti aspettare un’altra risposta da parte di una monarchia che per quarant'anni è servita a offrire su un vassoio il mercato internazionale ai capitalisti spagnoli, in particolare in America Latina, Medio Oriente, Marocco... e non solo per questo, ma anche in quanto massimo garante del modello di Stato e istituzioni nate nel 1978, fra le quali si afferma la Corona. Ciò che Felipe VI si è giocato nel suo intervento il 4 ottobre non era solo l’unità della Spagna o i benefici della classe sfruttatrice che difende, ma anche gli interessi e la stessa sopravvivenza della monarchia.


L’AUTORGANIZZAZIONE SI FA SENTIRE IN CATALOGNA E NEL RESTO DELLO STATO

Ma il movimento operaio non è rimasto indifferente. Dopo la durissima giornata del primo ottobre, il 3 dello stesso mese è stata convocato dai sindacati CGT, IAC e COS uno sciopero generale contro la repressione e per rivendicare diritti sociali e lavorativi per la classe lavoratrice catalana. La giornata di mobilitazione sociale è stata un successo: decine di mobilitazioni di centinaia di migliaia di persone in tutta la Catalogna, picchetti lungo le strade, blocchi completi nei porti, nei trasporti, nelle scuole e ospedali. Questo salto in avanti apre la strada affinché la classe lavoratrice assuma un ruolo di direzione proprio e indipendente dentro il processo politico apertosi in Catalogna per il diritto all’autodeterminazione.

Ma in una dinamica di mobilitazione sociale così radicale, una parte della borghesia catalana, la stessa Generalitat e le sue organizzazioni, con la collaborazione delle direzioni burocratiche delle organizzazioni sindacali CCOO e UGT, hanno preteso di controllare il processo dall’alto e sfruttare l’autorganizzazione a proprio vantaggio, assecondando dunque il timore suscitato da uno sciopero generale e dalla possibile sollevazione di un movimento operaio indipendente e di massa che potrebbe mettersi in marcia e iniziare a dibattere nelle assemblee su come conquistare il diritto di decidere e coniugare la questione nazionale con quella sociale. Dunque, un progetto che andrebbe contro gli interessi delle burocrazie e degli opportunisti.

Per questo, il primo di ottobre i vari UGT e CCOO, all'interno della Taula per la Democràcia (rete pro-indipendentista catalana che riunisce varie organizzazioni sindacali, associative e di movimento, sorta sull'onda del referendum, ndr) hanno invocato un “blocco del Paese”. Un blocco che si è cercato di far coincidere con il 3 di ottobre, danneggiando lo sciopero generale convocato precedentemente, al solo fine di mantenere il movimento su basi interclassiste e finalizzandolo al raggiungimento dei soli diritti democratici in Catalogna, così da garantire la pace sociale fra padronato e lavoratori. I settori economici catalani, nella difesa dei loro interessi, usano la Generalitat per fare pressione sul governo centrale, poiché non possono permettersi che prenda corpo l’autorganizzazione della classe lavoratrice, in quanto ciò avrebbe come conseguenza la messa in discussione delle politiche sociali e padronali promosse negli anni dai propri governi borghesi.

Come Izquierda Anticapitalista Revolucionaria (IZAR) riteniamo che questo sciopero generale, così come la pressione esercitata sui settori vicini alla Generalitat, sia una dimostrazione in più delle enormi potenzialità aperte dal processo catalano. Il timore della potenziale autorganizzazione della classe lavoratrice, dell’assunzione di un ruolo di direzione politica indipendente e incentrato sulle proprie necessità, è qualcosa che chi dirige adesso il processo indipendentista in Catalogna non può permettersi.

La Generalitat vuole parlare solo di Rajoy, della repressione e della sovranità in astratto. Hanno timore, esattamente come il governo centrale e la monarchia, che si inizi a parlare dei tagli ai servizi pubblici, del debito pubblico, delle riforme del mondo del lavoro, dell’aumento dei salari e di tante rivendicazioni che mettano in questione i loro interessi economici.

I compiti che abbiamo davanti a noi sono l’unificazione della classe degli sfruttati, tanto catalani quanto del resto dello Stato spagnolo, mettendo al centro il diritto a decidere, fino alle sue conseguenze ultime, come diritto democratico basilare, e mettendo al centro la lotta contro la repressione, considerando che questa unità si dà nella pratica della lotta per il miglioramento dei salari, per lo stop al pagamento del debito pubblico, per la difesa dei servizi pubblici e in tante rivendicazioni che si sono imposte all’ordine del giorno dall’inizio della crisi, accumulandosi nelle strade e nei luoghi di lavoro e studenteschi, non solo catalani ma in tutto lo Stato.

I prossimi giorni saranno fondamentali per capire se la mobilitazione può vincere nello scontro con le istituzioni; lo sciopero di massa in Catalogna rappresenta la posta in gioco per quelle organizzazioni politiche e sindacali radicate nel mondo del lavoro affinché raccolgano il testimone. Queste organizzazioni devono spingere con forza in favore della solidarietà di classe in sostegno delle lavoratrici e dei lavoratori catalani che si confrontano in prima persona con la violenza di uno Stato repressivo e capitalista.

CONTINUARE LO SCIOPERO GENERALE: PER L’AUTODETERMINAZIONE E LA DIFESA DELLE LIBERTÀ CONTRO I CAPITALISTI!

Izquierda Anticapitalista Revolucionaria (IZAR) - Spagna

CONDIVIDI

FONTE