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La FIR ed il PCL: radicalizzazione di un avanguardismo inconsistente, costruzione sguaiata di un proprio intervento autonomo ed indipendente
1 Maggio 2017
Le strade del PCL e di una parte della sua minoranza si sono separate nelle scorse settimane. La FIR (facente parte della piattaforma B allo congresso del PCL dello scorso gennaio, che nel suo complesso prese il 21,8%) si era costituita durante la conferenza della minoranza, tenutasi a Firenze lo scorso 11-12 marzo, raccogliendo solo una parte dei compagni della piattaforma (concentrati in particolare a Napoli, in Emilia-Romagna ed a Roma, tra cui 4 compagni e compagne del CC).
La sua costituzione ha rappresentato, sulla base del documento di bilancio del congresso e di un agenda di compiti immediati (entrambe pubblicate sul sito del PCL, seppur in una versione riadattata e “ammorbidita” dai relatori, nonostante la piena rivendicazione nel partito della sua formulazione più netta e definita; la seconda all’interno del testo Alcune note sul documento costitutivo della FIR, da parte della maggioranza della Segreteria del PCL), una radicalizzazione improvvisa e immotivata del dissenso nei confronti della maggioranza e dello stesso profilo politico complessivo del partito.
Il IV congresso del PCL ha rappresentato un momento di confronto diretto tra analisi e proposte diverse, come tradizione delle organizzazioni marxiste e rivoluzionarie, condensate in tre diverse piattaforme (la A, la B e la C). La piattaforma B, in particolare, criticava significativamente e sostanzialmente il partito su alcuni elementi di linea politica (l’intervento nel popolo della sinistra, la tattica elettorale, la necessità di una maggiore caratterizzazione di classe e di un intervento indipendente nella classe) e organizzativa (la necessità di una centralizzazione politica, finanziaria e organizzativa, una maggiore caratterizzazione dei criteri di militanza, un rafforzamento del ruolo delle Commissioni del CC…), con critiche aspre e significative su alcune scelte e linee del gruppo dirigente storico del partito, nel quadro comunque di una condivisione di fondo del programma e anche di importanti articolazioni di intervento (per esempio, quello nei sindacati in generale e nell’opposizione CGIL in particolare). Nel corso del congresso, come talvolta accade delle organizzazioni marxiste rivoluzionarie durante i propri confronti, il tono della polemica si è alle volte acuito, in alcune occasioni uscendo anche dai binari della polemica politica per entrare nella dimensione dell’offesa o della lite di quartiere. In alcuni congressi territoriali, in particolare in quello di Napoli, erano stati riportati nei verbali ufficiali del congresso espressione e concetti politici estremizzati, fuori luogo e molto problematici per la tenuta del partito stesso (si era cioè descritto il PCL come una struttura di carattere sostanzialmente menscevico, in cui è opportuno salvare solo la sua base, non avendo paura di una scissione, che può anche esser la soluzione migliore (se non l’unica) per eliminare Ferrando e la sua cricca; vedi Alcune note sul documento costitutivo della FIR). In altri, come in quello di Genova, con messe in discussione della legittimità della presenza di posizioni alternative e critiche nel Partito e dei diritti democratici riconosciuti a queste nel rispetto del centralismo democratico. La discussione e la dinamica politica del congresso nazionale del partito (tenutosi a Rimini dal 5 all’8 di gennaio 2017), derubricava queste asprezze e queste dinamiche ad episodi politicamente marginali, sbavature ed esuberanze del confronto congressuale (forse determinate anche da risultati che, rispetto alle aspettative di partenza, limitavano di molto il consenso ottenuto). Il congresso vedeva infatti le diverse posizioni confrontarsi e polemizzare apertamente, con relazioni contrapposte di uguale durata e negli interventi dei delegati e delle delegate, nel quadro però di una gestione unitaria del congresso (dalla commissione congressuale alla presidenza alle commissioni di lavoro), concludendosi con la decisione della minoranza di astenersi sulla risoluzione finale dell’assise, centrata sui compiti politici della primavera. Tale clima e contesto di gestione unitaria, nel quadro di una legittima diversificazione delle posizioni politiche, si confermava nel successivo Comitato Centrale (tenutosi a fine gennaio ed eletto, con voto segreto e indicazione delle preferenze su liste separate, proporzionalmente alle diverse posizioni espresse nel congresso). Tutti i sei compagni le compagne della Piattaforma B, infatti, partecipavano attivamente ad un confronto franco, sia sui rapporti tra maggioranza e minoranza, sia su uno specifico caso di condanna politica di atteggiamenti e comportamenti sessisti che coinvolgeva alcuni esponenti della stessa piattaforma B. Un confronto, in ogni caso, che si era concluso su entrambi i punti con un voto unanime (compresi dunque tutti e sei i membri della minoranza e di conseguenza anche i quattro che poi saranno firmatari del testo della FIR), prevedendo anche un dispositivo di tutela dei diritti democratici della minoranza e di rispetto del suo centralismo democratico (“Il Comitato Centrale impegna la Segreteria Nazionale del PCL a garantire il pieno rispetto del centralismo democratico in tutte le sue articolazioni, sulla base dei principi dello statuto. Contro ogni forma di intolleranza verso il dissenso interno e i suoi diritti democratici, così come contro ogni forma di frazionismo pubblico o di negazione del comune carattere marxista rivoluzionario del partito. In questo quadro la Segreteria si adopererà presso ogni eventuale situazione di criticità per chiedere il pieno rispetto dello statuto.”). In questo quadro, il CC di gennaio eleggeva anche una segreteria con la presenza delle diverse posizioni (5 della piattaforma A e 2 della B) e tutte le commissioni del CC ed i diversi incarichi (redazioni sito, giornale e rivista) che prevedevano una rappresentanza almeno proporzionale della minoranza.
Tale clima e tale quadro condiviso è stato prima rotto pubblicamente da parte di un compagno della sezione di Napoli, membro del Comitato Centrale uscente al IV Congresso, con una plateale uscita dal partito a poche ore dalla conclusione del CC, condita di dichiarazioni offensive e calunnie nei confronti di singoli militanti e dirigenti del PCL, oltre che di una campagna diffamatoria nei confronti del partito. La costituzione a Firenze della FIR, vedeva tra i suoi protagonisti proprio quel compagno, così violentemente e platealmente uscito dal partito poche settimane prima, e rientrato nello stesso per decisione della sezione di Napoli senza nessuna comunicazione (né pubblica, né all’insieme del partito, né ai suoi gruppi dirigenti), senza nessuna spiegazione o illustrazione delle sue opzioni politiche.
Il documento costitutivo della FIR, allora, non presenta un problema in quanto costituisce una frazione. E neanche per gli evidenti elementi di critica politica che sono sottolineati nel testo, pur riprendendo e rivendicando ostentatamente quei toni, quelle allusioni ed anche quelle falsità già emerse nel corso del congresso di Napoli. L’accusa al PCL, ed in particolare al suo gruppo dirigente storico, di un “totale rigetto” della politica bolscevica, con l’assunzione sostanzialmente di un impianto teorico e politico confuso, che eredita prassi riformiste e piccolo borghesi dalle sue esperienze di costruzione. La critica di tutto l’intervento politico del partito, a partire proprio da quello fondamentale nel sindacato, che era stato invece apprezzato nel documento della piattaforma B (ora invece accusato di opportunismo e adattamento economicista, in particolare in CGIL). La radicalizzazione della critica politica alla linea internazionale, con la richiesta di adesione alla FT. Tutti elementi politicamente discutibili, sorprendenti nella loro evoluzione perché non si comprende minimamente sulla base di quale bilancio o percorso si siano evolute queste posizioni. In ogni caso analisi e considerazioni legittime in un partito comunista e rivoluzionario, in cui l’attacco ad un’eventuale degenerazione burocratica o opportunista della sua direzione è sempre possibile, garanzia appunto della democrazia del partito e soprattutto della tenuta di una linea classista e rivoluzionaria.
A rappresentare un problema politico e statutario per la maggioranza del partito, come per altri componenti della piattaforma B che già segnalavano questo elemento alla conferenza di Firenze (e che non per nulla differenziandosi nei metodi e nel merito o costituirono la Tendenza o si astennero dalla votazione), sono alcuni punti dell’agenda politica immediata nella conclusione del testo. Si tratta dei punti 2, 3 e 4 dell’agenda (vedi Alcune note sul documento costitutivo della FIR), in cui la FIR “si impegna a pubblicare altrove” il bilancio pubblico del congresso se il partito non lo farà immediatamente; in cui si impegna nel “lancio di un sito di informazione.. che funga da organizzatore collettivo della FIR stessa, che le permetta un migliore intervento e collegamento con le avanguardie politiche e di classe,.. nazionali e internazionali”; in cui si impegna a elaborare, una risposta alla “Frazione Trotskista, da proporre innanzitutto al PCL”. Questi punti, nel loro significato letterale e nel loro combinato disposto, evidenziano che la FIR si proponeva di agire indipendentemente dal partito. Configuravano esplicitamente, ostentatamente, un’azione autonoma della FIR dal PCL. Una struttura che non solo si organizza nel partito, ma si organizza autonomamente ed indipendentemente dal partito.
Questa contestazione è stata avanzata, prima in segreteria, poi a tutto il partito, ai componenti della FIR, chiedendo quindi di attendere il CC per cercare di recuperare un quadro condiviso di regole e prassi del confronto politico, nei confini del centralismo democratico e dello Statuto del PCL. A tutto questo la FIR ha risposto semplicemente che il problema per loro non sussiste, riconfermando pienamente la loro agenda politica e chiedendo l’immediata pubblicazione del loro documento costitutivo, prima ancora dello svolgimento del CC (convocato da tempo per l’inizio di aprile). La FIR di fatto ha deciso di forzare questo passaggio politico, mettendo il Comitato Centrale di fronte al fatto compiuto di una rivendicazione pubblica del loro profilo e delle loro scelte, chiudendo conseguentemente ogni spazio di successiva dialettica politica. Non solo. Il testo è stato pubblicamente inviato da esponenti della FIR ad altri soggetti nazionali ed internazionali, politici e sindacali, facendone strumento di propaganda e di azione politica esterna, aprendo anche un confronto su social e siti con altre forze politiche, prima ancora di confrontarsi nel CC e nel partito.
In questo quadro, l'8 e 9 aprile il Comitato Centrale del PCL è stato chiamato ad un impegnativo dibattito sui rapporti tra maggioranza e minoranza, in particolare sulla FIR. La dinamica degli avvenimenti, infatti, ribaltava completamente l'impianto di impegno politico che era stato definito con la risoluzione votata unanimemente al precedente CC. Nel confronto politico (dove i compagni e le compagne della FIR si sono espressi anche con una propria relazione e una propria conclusione, di pari durata rispetto a quelle della maggioranza e della tendenza) la frazione ha pienamente ribadito l’impianto del proprio documento di bilancio del congresso, ed in particolare tutte le specifiche decisioni dell’agenda politica immediata. In questo quadro, il CC ha votato un dispositivo di espulsione della frazione. Non un atto immediato (seppur con i numeri previsti dallo Statuto, più del 50% degli aventi diritto e contemporaneamente ¾ dei presenti), ma un dispositivo che chiedeva esplicitamente ai compagni ed alle compagne della FIR di fare un passo indietro limitatamente ai passi dell’agenda politica che si riteneva fuori dallo statuto, mantenendo la propria organizzazione di Frazione e le proprie posizioni politiche. Solo nel caso la frazione avesse mantenuto la propria agenda politica e l’attuasse nei fatti, i compagni e le compagne sarebbero stati espulsi (ad eccezione di coloro che formalmente e di fatto si differenziassero da tale profilo pubblico). Risoluzione che è stata pubblicata, nelle 24 ore successive, sul sito del partito.
Nel giro delle 24 ore successive, però, i compagni e le compagne della FIR hanno comunicato le loro dimissioni dagli organismi dirigenti del PCL: non facciamo “nessun passo indietro”, “..consapevoli che ciò comporterà la nostra espulsione immediata dal partito, ci rifiutiamo di rimuovere esplicitamente e pubblicamente la nostra agenda politica”, concludendo conseguentemente che “E' per questo che usciamo a testa alta dal partito, impegnandoci senz’altro a verificare nella battaglia politica quotidiana, nelle lotte degli sfruttati e degli oppressi, la validità delle nostre posizioni.”
Pochi giorni dopo la spaccatura, la FIR ha prodotto un suo comunicato sulla vicenda che ricostruisce in modo assai curioso e discutibile lo svolgimento dei fatti. Non solo, un testo che pretende di piegare i motivi della separazione su temi arbitrari e pretestuosi. Secondo questa ricostruzione l'espulsione dei suoi militanti sarebbe stata dettata dalla mancanza di volontà del PCL di affrontare un dibattito interno su questioni strategiche (internazionalismo, centralità operaia, costruzione del partito): questo non è semplicemente falso, è ridicolo alla luce dei fatti e della stessa vicenda congressuale che ha investito il partito negli scorsi mesi. Lo svolgimento del IV Congresso, infatti, con il suo confronto duro e aspro ma mantenuto su un terreno politico, è la negazione di ciò che la FIR afferma. Si sono scontrate tre piattaforme con posizioni su alcuni aspetti anche molto divergenti, senza nessuna censura e senza nessuna limitazione degli spazi democratici di presentazione, discussione e difesa delle diverse posizioni. Non solo. Il partito ha pubblicato interamente i documenti della Frazione e della Tendenza sul proprio sito, malgrado i giudizi pesanti che in particolare il testo della Frazione rivolgeva al partito e al suo gruppo dirigente. Questo a riprova che la divergenza politica, fintanto che fosse rimasta all'interno dei quattro punti programmatici fondativi del partito, non era e non poteva essere l'elemento di separazione tra il PCL e la FIR, su nessuno degli aspetti che la Frazione stessa rivendica. Neppure la pubblicità o meno dell'esistenza della FIR e delle sue posizioni era o poteva essere l'elemento di divisione: nella tradizione bolscevica del centralismo democratico il dibattito è spesso stato pubblico, prima e dopo la rivoluzione, in legalità come in clandestinità. Sebbene i compagni della FIR avessero accesso a tutti gli spazi di agibilità democratica per portare avanti la loro battaglia interna al partito, hanno però preferito la strada della spaccatura, uscendo consapevolmente ed ostentatamente delle regole statutarie e dai principi politici del centralismo democratico (nelle dichiarazioni e nei comportamenti). Anche questa, ovviamente, può essere una scelta legittima: se i compagni e le compagne della FIR non trovavano più alcuna ragione per rimanere nel PCL, avrebbero potuto rivendicare una scissione dal partito per tenere fede alla propria agenda politica, oppure avrebbero potuto portare alle estreme conseguenze la battaglia politica dentro il partito e rivendicare la propria espulsione. Invece sono rimasti ligi fino alla fine al più estremo tatticismo, senza il coraggio politico di proclamare la propria divisione dal partito o di condurre la propria battaglia politica sino alla sua conclusione. Trovandosi quindi alla fine nell'imbarazzo di non sapere se rivendicare la propria espulsione o la scissione. A ennesima conferma di una metodologia politica schiacciata sulla contingenza e sugli umori del momento, di un percorso oscillante (pieno di svolte, forzature e riallineamenti) senza uno sviluppo coerente, se non forse il semplice adeguamento a questa o quella valutazione contingente dei propri dirigenti di riferimento.