Teoria

Primo maggio 1947: la strage di Portella della Ginestra

1 Maggio 2017

Quest' anno CGIL-CISL-UIL hanno scelto di celebrare il Primo maggio in Sicilia e di ricordare con una commemorazione le vittime dell'eccidio di Portella della Ginestra, una strage che ancora settanta anni dopo resta oscura su più punti. Per esempio, non si conoscono ancora i reali mandanti della strage e le responsabilità della politica di allora. Ciò a causa dei molti documenti ancora secretati, ad esempio gli atti istruttori della Procura di Palermo sui mandanti, come ha più volte ricordato l'Associazione Portella.

Portella_Ginestra


Di seguito si ripropone un breve articolo sulla vicenda, scritto anni fa dall'autore per il sito www.sottolebandieredelmarxismo.it



PRIMO MAGGIO 1947: LA STRAGE DI PORTELLA DELLA GINESTRA

Per molti storici, la strage di Portella della Ginestra fu insieme una tragedia popolare e la matrice di tutti gli avvenimenti di criminalità politica che si sarebbero oscuramente svolti ed intrecciati in Italia in oltre un quarantennio di storia repubblicana (1).

Per lo storico G. C. Marino, ad esempio, «c'è stata in Italia un'occulta Repubblica che in vari modi e tempi ha reagito nell'ombra con gli strumenti della corruzione, della mafia, della massoneria e dei servizi segreti alla repubblica manifesta e ufficiale nata dalla Resistenza”.

Il fatto è noto. Circa 3.000 persone, contadini poveri della provincia di Palermo, con le loro famiglie, riunitisi a Portella della Ginestra, una conca verde sovrastata da montagne a poca distanza da Piana dei Greci, celebravano la festa del lavoro. Con una scampagnata arricchita da senso politico, festeggiavano i primi successi delle loro lotte e la vittoria elettorale della sinistra nelle elezioni regionali del 20 aprile 1947 (2).

Alle 10.30, mentre era in corso un comizio, dalle montagne circostanti cominciarono a sparare sulla folla delle mitragliatrici: uomini, donne e bambini restarono sul terreno: 11 morti e oltre 27 feriti.

Al dibattito sui fatti svoltosi alla Costituente il 2 maggio, il leader del PCI siciliano Girolamo Li Causi fu perentorio: chiamò in causa come mandanti e autori della strage “i capimafia, i gabellotti, gli esponenti del partito monarchico e quelli del blocco liberal-qualunquista”.

Da lì a poche settimane risultò evidente che la strage aveva soltanto inaugurato un'offensiva terroristica che rispondeva ad un preciso disegno politico-criminale finalizzato ad estromettere i comunisti dalla vita politica del Paese. La sera del 22 giugno, infatti, fu attaccata a raffiche di mitra e bombe a mano la sede della sezione comunista di Partinico. Molti i feriti e due le vittime: i comunisti Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Loiacono. Nel corso della medesima notte furono assalite e devastate le sedi dei partiti di sinistra a Carini, San Giuseppe Jato, Borgetto, Cinisi, Montelepre e Monreale.

Questa volta gli assalitori firmarono le loro azioni: un volantino firmato Salvatore Giuliano invitava “i giovani siciliani alla riscossa contro i comunisti”. Già il 21 giugno le indagini avevano accertato che l'autore materiale della strage di Portella era lo stesso Salvatore Giuliano, con venti uomini della sua banda.

Nei mesi e negli anni successivi, le rivelazioni di molti ex briganti e le indagini portarono ad ipotizzare che ci fossero stati più mandanti, che non furono mai identificati per mancanza di prove certe. Tutti gli elementi indiziari hanno condotto gli storici a sostenere che il mandante dovette essere «un complesso soggetto collettivo costituito dal sistema delle relazioni tra mafia, politica e servizi segreti americani» (G. C. Marino, op. cit.).

Si sa con certezza che il bandito Giuliano, alla vigilia della strage di Portella, ricevette una lettera, e che dopo averla letta in disparte, disse ai suoi uomini: «è venuta la nostra ora della liberazione, bisogna fare un'azione contro i comunisti, bisogna andare a sparare contro di loro» (dalle deposizioni di numerosi ex briganti). Il mittente di quella lettera non è mai stato scoperto!

In sede storica, è diffusa la convinzione che la strage avesse due obiettivi, uno massimo e uno minimo.
Il primo era quello di provocare i comunisti, di indurli - in tutto il Paese - ad una risposta di vaste dimensioni, tale da giustificare poi un intervento repressivo contro di loro, adeguato al caso, e chiudere per sempre la partita con il PCI, mettendolo fuori legge. I comunisti, però, molto condizionati dalle direttive di Mosca, decisero di placare il malcontento popolare, incanalandolo in una protesta composta e disciplinata: lo sciopero generale del 3 maggio, che a Palermo assunse addirittura un carattere nazionalpatriottico con l'omaggio finale dei dimostranti al monumento ai caduti di tutte le guerre.

L'obiettivo minimo, invece, sarebbe consistito in un'eclatante manifestazione di forza del fronte agrario-mafioso, una sorta di messaggio lanciato a una controparte nel corso di una trattativa politico-affaristica per la spartizione delle rispettive aree d'influenza e per la definizione di determinati equilibri di potere. In un quadro del genere troverebbe spiegazione lo strano comportamento dell'ispettore di polizia Ciro Verdiani, ex membro dell' OVRA fascista, che aveva il compito ufficiale di arrestare il bandito Giuliano e che, invece, oltre a proteggerne la latitanza, non disdegnava di invitarlo a cena.

Il Giuliano riuscì, così, a prolungare per tre anni la sua indisturbata latitanza, dopo la strage di Portella. Questo ragazzo di 26 anni, semianalfabeta, che sapeva poco o niente di comunismo e anticomunismo, divenne il protagonista strumentale, e insieme il principale capro espiatorio, di un'operazione politica portata avanti da altre forze - finora rimaste oscure - e destinata a decidere per vari decenni, non solo in Sicilia, gli equilibri del potere politico. Il tutto allo scopo di meglio tutelare gli interessi borghesi e antioperai in Italia.



Note

(1) Questo, in sintesi, il giudizio che accomuna, ad es., i seguenti autori:
G. C. Marino, “Storia della mafia” (Roma) New-Compton 2007
F. Gaja, “L'esercito della lupara” (Milano) Erea ed. 1950
G. Montalbano, “Mafia, politica, storia” (Palermo) Boccone del povero 1982
M. Pantaleone, “Mafia e politica” (Torino) Einaudi 1962

(2) 20 aprile 1947: elezione dei deputati alla prima Assemblea Regionale del dopoguerra. I comunisti e i socialisti avevano conquistato insieme la maggioranza relativa.

Leo S.

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