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Alitalia: nazionalizzazione unica soluzione

Dopo la vittoria al referendum, rilanciare la lotta

26 Aprile 2017
referendumAlitalia


Il voto dei lavoratori e delle lavoratrici Alitalia per il no all'accordo sindacale è un fatto politico di straordinaria rilevanza. Quasi il 70% di no ad un accordo che prevedeva tagli ai posti di lavoro per più di 1.500 licenziamenti, ingenti tagli ai salari e incremento della cosiddetta produttività facendo ricadere su sempre meno dipendenti turni sempre più massacranti.
Questo nuovo capitolo della vicenda Alitalia la rilancia sullo scenario della lotta di classe, col portato combinato della nuova aggressione padronale e questa prima reazione straordinaria e significativa dei lavoratori e delle lavoratrici.


2008-2017 IL SACCHEGGIO CAPITALISTA DI ALITALIA SULLA PELLE DEI LAVORATORI

Siamo già tornati nei giorni passati sulla vicenda Alitalia nel suo complesso degli ultimi anni (1) ma è utile ed opportuno disegnare un quadro d'insieme.

Nel 2008 il governo Berlusconi impose la privatizzazione di Alitalia a seguito di un pesantissimo scontro sindacale. La cordata dei capitalisti italiani (la CAI) guidata da Colaninno, chiese ed ottenne da un lato la divisione della società attraverso l'operazione “bad company” in modo da scaricare sui contribuenti (ovvero in larga misura sulle tasche dei lavoratori) i debiti della compagnia, dall'altro la cancellazione con un colpo di spugna di 10.000 posti di lavoro. Un accordo che fece scuola, stabilendo il principio di derogabilità dal contratto nazionale in caso di crisi aziendale; un vero e proprio sfondamento padronale agli albori della grande crisi capitalistica mondiale il cui solco informerà di sé negli anni successivi parte della dinamica sindacale e dei rapporti di forza tra le classi. Su quella sconfitta pesano le enormi responsabilità delle burocrazie sindacali confederali, che si prestarono a vendere il fumo dell'accordo come la base imprescindibile per il rilancio aziendale, ma anche l'assenza della sinistra politica e la rinuncia alla lotta di una parte del sindacalismo di base (in particolare l'SdL mantenne un profilo esclusivamente “critico” senza dare indicazioni di lotta) a fronte di una mobilitazione dei lavoratori, che in mezzo ad una condizione oggettiva particolarmente sfavorevole riuscirono a mettere in piedi una lotta significativa, fatta di cortei interni all'aeroporto di Fiumicino, coinvolgimento dei lavoratori di altre compagnie e un grande impatto mediatico, che definivano le condizioni per un potenziale deflagrante della lotta.

La CUB e il PCL furono i soli in quella lotta, sia sul versante sindacale a respingere interamente l'accordo aziendale, sia su quello politico a porre apertamente e pubblicamente la centralità della nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio come unica soluzione progressiva possibile alla crisi Alitalia.
Sei anni dopo quella sconfitta, i fatti si incaricarono di dimostrare come quell'accordo antioperaio non fosse solamente un brutale colpo di accetta sui salari e i diritti dei lavoratori superstiti, ma come fosse anche completamente inefficace per il rilancio dell'azienda. Malgrado l'erogazione di enormi risorse pubbliche, l'azienda e la CAI proseguirono in un vortice di crisi senza fine e solo il cedimento del 49% delle azioni ad Etihad (compagnia di bandiera degli Emirati Arabi Uniti) la salvò dal fallimento. Salvataggio che si consumò ancora una volta con il sacrificio dei lavoratori, con le fanfare del governo Renzi e del PD ad annunciare la definitiva rinascita della compagnia.
Ma l'enorme inserimento di risorse non è bastato a risollevare le sorti di Alitalia, stritolata dalla concorrenza fiorita con la liberalizzazione del mercato mondiale del trasporto aereo, liberalizzazione che ha portato in dote l'abbattimento dei diritti e dei salari dei lavoratori del settore. E così veniamo ad oggi, alla nuova crisi di Alitalia e al nuovo tentativo di scaricarla per l'ennesima volta sulle spalle dei lavoratori.


IL SIGNIFICATO POLITICO DEL NO ALL'ACCORDO ALITALIA

I lavoratori e le lavoratrici di Alitalia hanno respinto in massa l'accordo. È stato un gesto d'orgoglio politico dai significati molteplici.
In primo luogo ha respinto la pretesa di banche, azionisti ed Etihad di garantire i loro profitti continuando a spremere i lavoratori seguendo la consolidata prassi padronale di ridurre il numero dei lavoratori e di intensificare il loro sfruttamento. Il 70% di no ha respinto un pacchetto che comprendeva licenziamenti, intensificazioni di turni, tagli salariali per i lavoratori rimasti e anche per quelli di nuova assunzione (a salario ridotto) con il malcelato intento di sostituire un blocco consistente di lavoratori con una nuova mandata di sottopagati.

In secondo luogo, ha respinto la logica e la politica a perdere con cui le burocrazie sindacali portano avanti le trattative in questa stagione. È un segnale di vitalità e di resistenza che si aggiunge agli importanti segnali che vengono da ampi settori di classe, dal 40% di no che il rinnovo del CCNL metalmeccanico ha ottenuto nelle grandi fabbriche alla vertenza Almaviva, dalla logistica agli scioperi in Fincantieri a Palermo.
Segnali di resistenza che non possono essere lasciati soli ad affrontare lo scontro di classe.


TRASFORMARE IL NO ALL'ACCORDO IN UNA NUOVA STAGIONE DI LOTTA

Ancora oggi come nel 2008 e nel 2014 ci opponiamo incondizionatamente alla svendita politica e sindacale del lavoro in Alitalia.
Il no all'accordo deve essere il punto di atterraggio di una spirale distruttiva di lavoro e diritti che prosegue da nove anni. E dev'essere la spinta per il rilancio di una mobilitazione radicale e generalizzata, l'unica che può salvare la compagnia dallo smantellamento e dal fallimento.
Ogni opzione padronale in questo senso si è rivelata per quello che era, un'illusione (di salvataggio) e una truffa (per i lavoratori, i loro salari e i loro diritti).

È solo estendendo questa mobilitazione e unificando le vertenze intorno ad una piattaforma generale che si possono aprire gli spiragli per una vittoria; quindi a partire da tutti i lavoratori e le lavoratrici Alitalia bisogna mettere in campo le necessarie e radicali forme di lotta di cui la classe operaia è capace: per questo è necessaria la convocazione di un'assemblea permanente di tutti i lavoratori e lavoratrici che possa chiamare ad uno sciopero ad oltranza sino al ritiro di ogni proposta di liquidazione e di svendita; che decida le occupazioni delle palazzine e strutture Alitalia; che chiami alla solidarietà attiva i lavoratori delle altre compagnie e degli altri settori dei trasporti a partire da quelli pubblici.
Solo una mobilitazione generale di tutto il mondo del lavoro, basata sui suoi metodi di azione, sulla sua forza come classe può invertire la rotta e farla finita con i ricatti padronali che hanno prodotto in questi anni tutti i peggiori scempi e le peggiori sconfitte.

Ma la necessaria mobilitazione di lotta immediata non è però sufficiente. Perché questa vertenza abbia la possibilità di uno sbocco positivo, quello sbocco va indicato sotto forma di soluzione alternativa alla crisi permanente di Alitalia. Una soluzione che parta dalle ragioni dei lavoratori e del servizio pubblico, e in quanto tale contraria all'interesse e alla logica di profitto e sfruttamento degli azionisti Alitalia, nostrani e internazionali.


NAZIONALIZZARE ALITALIA SENZA INDENNIZZO E SOTTO CONTROLLO DEI LAVORATORI

Ora che il ricatto dell'accordo è stato respinto dai lavoratori in maniera cosciente e determinata, è più che mai necessario indicare una soluzione di fondo che possa incanalare quella coscienza e possa trasformarla in una forza uguale e contraria a quella che i capitalisti e i loro governi mettono in campo per imporre i loro ricatti. Alitalia deve essere nazionalizzata senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori, all'interno di un quadro complessivo di pubblicizzazione dell'intero sistema dei trasporti. Solo questa soluzione può tutelare il lavoro e rilanciarlo, e può rispondere alla necessità generale di un servizio di trasporto pubblico efficiente e sicuro.

'Licenziare i licenziatori' deve diventare una parola d'ordine centrale. Ed è anche un elemento di razionalizzazione dell'esperienza recente: tutte le amministrazioni che si sono susseguite sino ad oggi in capo ad Alitalia non hanno fatto altro che farla sprofondare di più nel baratro, scaricando tutte le conseguenze sui lavoratori. Se c'è una lezione che si può trarre da tutta questa vicenda è che dei padroni, degli azionisti, degli amministratori delegati e dei loro fiduciari si può e si deve fare a meno.

Lottare per questa soluzione, per la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori di Alitalia e del trasporto in generale, significa opporsi frontalmente alla società capitalista e alle sue logiche di concorrenza e di mercato. Nessun governo borghese è in grado di fornire una soluzione nella crisi capitalista in corso che non sia quella di licenziare e tagliare diritti e salari. Nessun amministratore delegato superpagato è in grado di offrire ad Alitalia una soluzione che possa contemporaneamente tenerla a galla e conservare e rilanciare il lavoro, i salari e i diritti. Proprio per questo, lottare per una soluzione alternativa significa porre la vertenza Alitalia all'interno di un più ampio orizzonte che abbia il governo dei lavoratori e delle lavoratrici, come espressione del loro potere politico organizzato, il riferimento principale.

Come Partito Comunista dei Lavoratori siamo a fianco dei lavoratori e delle lavoratrici Alitalia nella loro lotta e rivendichiamo la necessità del più ampio fronte di mobilitazione unitario e di massa del mondo del lavoro, che si stringa attorno a questa vertenza e che rilanci una mobilitazione generale della classe lavoratrice e degli sfruttati, strumento imprescindibile per invertire la rotta nella crisi senza fine del capitalismo.




Note:

(1) si veda a proposito l'articolo: "Alitalia, il nuovo capitolo di un'aggressione al lavoro", http://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=5458

Fiumicino 10 Novembre 2008. Intervento di Marco Ferrando

Partito Comunista dei Lavoratori

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