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Serravalle outlet: confessioni di una dipendente

Pasqua di lotta nel grande centro commerciale

20 Aprile 2017
serravalleOutlet




“Godete delle bellezze del mondo e non accontentatevi di fare un giro nei negozi”: così le lavoratrici e i lavoratori dell'outlet di Serravalle Scrivia concludevano il volantino in cui spiegavano le ragioni della protesta del 15 aprile contro l'apertura del centro commerciale nelle giornate di Pasqua e Santo Stefano.

Nel 2012 il governo Monti, col decreto Salva Italia, aveva introdotto la liberalizzazione degli orari per tutto il settore del commercio e per tutti i comuni, grandi e piccoli. Così è nato il popolo dei senza domeniche e dei senza feste, e, di recente, dei senza notte. Ovvero, tutti quei lavoratori e lavoratrici del commercio costretti a lavorare nei giorni festivi - e nei negozi h24, anche alla notte - rinunciando alle feste in famiglia e al riposo notturno, distruggendo le vite di milioni di uomini e donne, sempre più sfruttati, precari e sottopagati.
Ma i 2500 lavoratori dell’outlet di Serravalle Scrivia (in provincia di Alessandria) hanno detto basta e scelto di attuare uno sciopero generale per sabato 15 e domenica 16 aprile, con blocchi stradali e cortei, per protestare contro l’apertura straordinaria prevista proprio per il giorno di Pasqua, decisa dalla direzione del centro commerciale - il più grande d'Europa con i suoi 240 negozi - gestito dal gruppo angloamericano McArthurGlen.

Si è trattato del primo sciopero mai organizzato in un grande centro commerciale, ed ha avuto un buon risultato per adesioni e partecipazione. A promuovere le due giornate di lotta sono stati i sindacati Filcams-CGIL, Fisascat-CISL, e UIL-Tucs del Piemonte, che hanno ricevuto anche la solidarietà da parte dei sindacati liguri. In realtà, però, questi sindacati sono corresponsabili della situazione negativa che si è creata negli ultimi anni, ai danni dei lavoratori del settore. Perché sono gli stessi che nel 2015 hanno firmato il nuovo CCNL di categoria (valido fino al 2019) che riguarda più di tre milioni di lavoratori (soprattutto donne), che sanciva esplicitamente il lavoro obbligatorio anche alla domenica, su turni a rotazione. E, guarda caso, il giorno di Pasqua coincide sempre... con la domenica!
Oltre a ciò, il nuovo CCNL ha introdotto tagli economici progressivi ai riposi per malattia (dal terzo evento in poi), aumenti salariali irrisori (85 euro lordi spalmati in tre anni), aumenti della flessibilità (44 ore settimanali fino ad un massimo di 16 settimane), demansionamenti e sottoqualifiche per i nuovi assunti, l'aumento dei contratti a tempo determinato e l'introduzione di quelli di sole otto ore settimanali. Il risultato inevitabile è quello di aver creato una situazione in cui i lavoratori sono sempre più sottopagati, precari, e ricattabili, costretti a lavorare anche nei giorni festivi o se influenzati. Una situazione disastrosa che la nostra compagna Cinzia Ronzitti, nostra candidata a sindaca per le prossime comunali di Genova, conosce bene per essere da anni una lavoratrice del settore e un'attivista sindacale della corrente Il sindacato è un'altra cosa–Opposizione in CGIL, corrente che nel 2015 si era opposta alla firma del nuovo CCNL. Non così la maggioranza della CGIL, più interessata agli enti bilaterali, ai servizi CAF e ai fondi pensione integrativi, che sommati garantiscono ingenti finanziamenti ai sindacati, tanto che in molti casi - come in Filcams - rappresentano ormai il grosso delle entrate. Mentre le quote degli iscritti ne costituiscono meno della metà; tanto basta a spiegare il loro disinteresse verso i problemi reali dei lavoratori. I quali, pertanto, dovranno contare più sulla loro forza e determinazione a lottare che sul sostegno e affidabilità di CGIL-CISL-UIL.

La protesta, non nuova contro le aperture “forzate” nei festivi, ha però per la prima volta, come abbiamo detto, trovato forma in uno sciopero, che aveva l'obiettivo di coinvolgere il maggior numero di dipendenti delle attività commerciali dell'outlet, così da ottenere di fatto la chiusura o l'inattività dell'intera struttura, indipendentemente dall'adesione dei singoli negozi. Sciopero che, al di là della riuscita in un ambiente lavorativo ampiamente sottoposto ad ogni tipo di “estorsione” lavorativa in termini di orario, turni, mansioni, ecc., e fortemente gerarchizzato all'interno della stessa struttura di dipendenti, ha comunque dimostrato la possibilità dell'organizzazione e della mobilitazione in un settore, quello del commercio nelle grandi catene e agglomerati commerciali di fascia alta, che nel corso degli ultimi anni – anche a causa del aver risentito meno della crisi - si è rivelato essere tra i più toccati dai metodi di supersfruttamento della forza-lavoro.

Abbiamo deciso di intervistare una dipendente di un centro commerciale della McArthurGlenn, multinazionale che ha sedi in tutta Europa, e che con la sua testimonianza riporta una realtà quotidiana lavorativa incredibilmente dura.

- Da quando lavori per la McArthurGlenn? Qual è la differenza tra un centro commerciale “tradizionale” e uno diretto dalla McArthurGlenn?

Lavoro in un centro commerciale diretto dalla McArthurGlenn dal 2013. Anche prima lavoravo in un centro commerciale, ma le cose funzionavano in maniera molto diversa. Innanzitutto ero dipendente solo della mia azienda, mentre adesso sono sostanzialmente dipendente di un doppio padrone, anche se formalmente devo rendere conto solo alla mia azienda. Inoltre prima potevo pulire il negozio e farne l'allestimento durante le ore di lavoro, mentre adesso nelle ore lavorative è concesso solamente vendere: ciò comporta dover lavorare di più, perché comunque dobbiamo essere presenti anche durante la manutenzione del negozio. In questo senso, uno dei primi ricordi che ho, appena assunta lì, è la “retail manager” (una dipendente della McArthurGlenn che controlla l'operato delle commesse, ndr) che mi comunica che presto sarebbero finalmente venuti ad aggiustare il condizionatore rotto... Con l'obbligo di restare lì dopo l'orario di chiusura, dalle 22:00 in poi.



- Proprio una “bella notizia”! E tu che cosa hai fatto?

Sono stata obbligata ad aspettare lì finché non è arrivata la persona che si occupa della manutenzione, con dieci ore di lavoro alle spalle.
Per la multinazionale noi non siamo persone, siamo macchine che devono fare soldi, e che per farli devono sottostare a qualunque condizione. Un altro esempio? Sia in inverno che in estate è obbligatorio tenere le porte del negozio aperte, e d'inverno con le temperature basse finiamo per ammalarci.
Abbiamo sia gli aspetti negativi del negozio su strada, sia gli aspetti negativi del negozio dentro il centro commerciale con tutte le sue regole interne: ad esempio, per quattro giorni all'anno siamo obbligate a lavorare fino a mezzanotte.



- Prima hai detto che sei dipendente di un doppio padrone. In che senso?

Il modo in cui dobbiamo comportarci lo decide la McArthurGlenn, che inoltre obbliga l'azienda a dover fatturare una certa somma per potersi tenere il contratto d'affitto. Questo fa sì che l'azienda per cui lavoriamo formalmente dovrebbe assumere più personale, visto che dobbiamo di fatto lavorare di più, cosa che però non fa. Il numero di commesse è sempre lo stesso e i turni si allungano, visto che spesso dobbiamo fermarci al lavoro anche dopo la chiusura.



- Quali sono i mezzi attraverso cui la direzione del centro commerciale esercita il suo controllo?

Usando soprattutto la figura della “retail manager”, una sorta di cane da guardia della direzione. Un altro modo è l'uso del “mistery shopping”, un dipendente della multinazionale che si finge cliente per valutare se ti comporti correttamente con i clienti; “correttamente” nel senso che intendono loro: ho ricevuto difatti alcune segnalazioni negative, che vengono poi riportate all'azienda, perché, siccome stavo parlando al telefono con il titolare, non avevo salutato ad alta voce il cliente ma gli avevo fatto solo un sorriso. Secondo loro noi commesse dovremmo salutare tutti i clienti che entrano nel negozio ad alta voce, uno per uno, e, ad esempio, non possiamo sederci nel negozio, neanche dietro la cassa; dobbiamo sempre sorridere, dobbiamo essere accondiscendenti con il cliente. A proposito di accoglienza, la direzione del centro commerciale organizza dei brevissimi corsi di lingua per insegnarci ad interagire - e quindi a vendere - con i clienti stranieri come russi, cinesi e giapponesi. Questi corsi non sono obbligatori, ma di fatto se non partecipiamo subiamo vessazioni da parte delle retail manager. Il problema è che se una di noi va al corso, le altre devono lavorare di più. Insomma: a noi ci fanno corsi per imparare ad essere gentili con i clienti, ma a noi ci trattano come schiave.



- Arriviamo quindi alle mobilitazioni di questi giorni. Che cosa è successo?

La McArthurGlenn ha deciso di lasciare aperti i negozi per il giorno di Pasqua. Siamo riusciti ad organizzare una manifestazione per il 15, che ha visto la partecipazione di circa un migliaio di dipendenti. Siamo anche riusciti ad organizzare il blocco stradale di modo da non far passare le macchine e i pullman dei clienti, per cui è intervenuta la polizia.
La cosa incredibile è che la McArthurGlenn ha rifiutato il confronto con i sindacati confederali e poi ha offerto ai dipendenti colazione e pranzo gratis: la direzione pensa forse che ci accontentiamo di così poco?
Naturalmente non ci siamo piegati e siamo riusciti a far arrivare alla direzione del centro commerciale il messaggio chiaro e forte: noi non ci pieghiamo.

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