Interventi

La centralità della lotta operaia contro la deportazione a Cassino

20 Marzo 2017
Cassino


La storia offre al movimento operaio rivoluzionario l’occasione di sconfiggere la FCA (ex FIAT), di assestare un colpo alla burocrazia sindacale dal quale non si riprenderà. Il fronte è ben delineato: da un lato tutta la burocrazia che fa da scudo al padrone, dall’altro il SiCobas – rafforzato per aver ricacciato in bocca al padrone e alla questura di Modena il vomito che volevano buttargli addosso.
Gli scettici e i cinici in permanenza che vogliono far credere che la situazione della lotta di classe è come un fiume prosciugato dove i pesci boccheggiano sono smentiti dall’orientamento emerso dal voto referendario sulla riforma costituzionale e dalla decisione del governo di fare marcia indietro sui voucher. Così facendo, il governo ha mostrato tutta la sua debolezza al fronte unico del padronato con al guinzaglio la burocrazia della piccola borghesia agraria: Confindustria, Confcommercio, Confesercenti e Coldiretti. Al padronato è necessario un governo che agisca senza alcuna preoccupazione per il consenso. È evidente che i pesci nuotano in un fiume che sta per straripare.
La lotta contro la deportazione operaia a Cassino è il banco di prova per tutti quelli che si battono per la funzione dirigente della classe operaia per il rovesciamento del capitalismo. Per questa battaglia abbiamo a disposizione un armamentario di generalizzazioni storiche lunghe un secolo. Non esistono fenomeni inediti, tranne per il fatto che non abbiamo più come ostacolo i potenti apparati stalinisti e socialdemocratici che hanno tirato le briglia alla classe operaia nello stato italiano. Questo è un vantaggio che ancora non riusciamo a sfruttare.
Napoli è la capitale di questa lotta, perciò il proletariato rivoluzionario napoletano non dovrà ripetere gli errori delle sue grandi rivoluzioni del passato: 1647-48; la Repubblica partenopea; il 1848. Nel 1647-48 mancò il cromwellismo, nel 1799 e nel 1848 mancò il giacobinismo. Napoli non trascinò nella lotta rivoluzionaria tutto il popolo del Regno perché le mancava una visione generale delle dinamiche delle forze oppresse dall’assolutismo borbonico. Le direzioni di quelle rivoluzioni erano convinte che la lotta nel regno si combattesse a Napoli. Ma per quei capi la centralità della capitale era concepita in maniera localista. I bolscevichi, al contrario, combatterono la loro battaglia decisiva a Pietroburgo perché la loro politica fece diventare quella città la sintesi di tutte le dinamiche rivoluzionarie del paese.
La generalizzazione della lotta dei lavoratori di Pomigliano e di Cassino ha bisogno solamente di un piano tattico e di organizzazione.

Gian Franco Camboni

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