Dalle sezioni del PCL
Ilva: un altro accordo truffa a danno dei lavoratori
1 Marzo 2017
L’incontro convocato dal Ministro dello sviluppo economico con azienda e sindacati a seguito dell’apertura di una procedura di cassa integrazione straordinaria per i lavoratori da parte dell’Ilva si è concluso con un nulla di fatto. La direzione aziendale ha riconfermato l’indisponibilità dei contratti di solidarietà ricorrendo alla Cigs con il peggioramento complessivo degli ordinativi.
In sintesi, in realtà la manovra governativa è quella di ridurre il personale dell'Ilva di Taranto portandola da 12.000 unità a pressapoco 7.000 per favorire la vendita dello stabilimento ad un nuovo acquirente (regalare lo stabilimento come si fece nel '95 con la famiglia Riva). Questo tentativo di vendita è un giochetto politico fatto ad hoc contro l'intera classe operaia.
L’apertura della cassa integrazione per i lavoratori rappresenta un salto che non può essere sottovalutato, sia perché non può essere accettabile il ricatto tra morire di fame e morire di cancro, sia perché non può essere accettabile che dal 2008 al 2017 si sia sempre voluto far pesare l'intera situazione sui lavoratori ricorrendo agli ammortizzatori sociali (Cigs e Cds), quando poi non si è visto nulla sugli investimenti impiantistici né sul rispetto dei punti programmatici del decreto AIA (copertura parchi minerali, decarbonizzazione, investimenti in forni elettrici o a gas, risanamento con bonifiche sui reparti in dissuso e/o chiusi e abbandonati a se stessi con rimozione delle fibre di amianto, ecc.). E non si è visto nulla sul quartiere Tamburi, dove le abitazioni sono state svalutate a causa dello stabilimento ma ancora tutto è fermo e in attesa, mentre nel quartiere si continua a respirare amianto, diossina e benzopirene.
Con l’accordo stipulato tra FIOM, FIM, UILM e azienda in data 27 febbraio 2017 si è dato il via alla procedura di collocazione di circa 3.300 lavoratori in cassa integrazione (2.500 lavoratori faranno la Cigs a rotazione, mentre 800 sono stati dichiarati non riconvocabili per coloro che sono a r.c.l. (ridotta capacità lavorative) o con professionalità considerata “incoerente”; loro faranno la Cigs a zero ore escludendo anche la rotazione). Inoltre, nella discussione l’azienda e il viceministro avevano rassicurato che non vi sarebbero stati in alcun modo esuberi, ma le stesse rassicurazioni sono profondamente contraddette da un accordo che identifica aree e lavoratori in eccesso. Anche i corsi di formazione, proposta fatta dalla Regione Puglia di Michele Emiliano, non rappresentano in alcun modo una garanzia di ricollocazione per i lavoratori.
Noi, PCL Taranto, respingiamo quest’accordo balordo e rivendichiamo con forza la nazionalizzazione dello stabilimento sotto controllo operaio. Per non morire di fame né di cancro bisogna che i lavoratori, che sono i diretti interessati del lavoro e del territorio, diventino loro stessi i padroni dello stabilimento, per impedire che altri privati facciano nuovo profitto lasciando un territorio disastrato da veleni, malattie tumorali con conseguenza di morte, incremento notevole della disoccupazione. Il tutto a carico della collettività.
Siamo ben d’accordo con l'USB per non aver firmato quell’accordo, e proponiamo di mobilitarci tutti insieme con i lavoratori e le lavoratrici in un grande sciopero nazionale contro il sistema capitalistico borghese.