Teoria

Accusa e difesa della Rivoluzione d’Ottobre

Le principali obiezioni sulla Rivoluzione di Ottobre del 1917 in Russia, e come ribattere

3 Febbraio 2017

Nelle righe che seguono si cerca di riportare quelle che sono state le principali argomentazioni contro l'Ottobre che i marxisti rivoluzionari hanno dovuto affrontare nel corso di decenni, e le risposte di demistificazione che ad esse vanno date

palazzo d'inverno



«Non si è trattato di una rivoluzione ma di un colpo di stato o “putsch”.»

In realtà, la rivoluzione del 1917 giunge al culmine dell’ascesa del movimento operaio russo ed internazionale, tradito dalla socialdemocrazia tedesca, principale partito della II internazionale, dopo il voto favorevole ai crediti di guerra, e parzialmente frenata dalla mobilitazione bellica allo scoppio della Prima guerra mondiale. Nel 1917 essa avviene sullo sfondo della crescente insubordinazione dei soldati al fronte, del crescente rifiuto di massa della guerra imperialista e della lotta dei contadini contro il latifondo e per il diritto a coltivare la terra.



«Ha cercato di instaurare una folle utopia che si è risolta in un bagno di sangue.»

Innanzitutto essa ha cercato di dare risposta ai bisogni fondamentali della classe lavoratrice e del popolo russo: pace, terra e lotta allo sfruttamento. Il socialismo veniva inteso come risposta pratica a livello internazionale a questi bisogni elementari. La presa del potere a San Pietroburgo avviene quasi senza spargimenti di sangue. La guerra civile verrà imposta al popolo russo dalla sollevazione di armate filo-zariste supportate da contingenti delle principali potenze imperialiste del tempo: Francia, Inghilterra, Germania e Stati Uniti.



«È avvenuta in un paese arretrato dove era impossibile edificare il socialismo.»

In realtà, per Lenin, Trotsky e i bolscevichi la presa del potere in Russia doveva essere solo un momento della rivoluzione internazionale, soprattutto in quella fase storica, europea. Da questo punto di vista, è abbastanza ragionevole che la rivoluzione proletaria avvenisse in un paese come la Russia segnato da profonde contraddizioni: presenza di un’industria moderna concentrata nelle principali città e di un retroterra contadino economicamente arretrato, esigenze di modernizzazione di un ordinamento politico segnato ancora da molti elementi feudali e precapitalistici, presenza di una classe operaia minoritaria ma molto concentrata, di una vasta classe contadina povera, e da un borghesia largamente dipendente dai capitali stranieri e politicamente debole. Da questo punto di vista, la Russia si presentava come l’”anello debole” della catena capitalista internazionale. Ma le ambizioni della III Internazionale di scatenare la rivoluzione in Germania, principale paese imperialista dell’Europa centrale, non erano prive di fondamento, come dimostrano gli avvenimenti del 1919 e successivamente del 1923.



«Ha prodotto un regime dittatoriale che ha abolito la democrazia.»

La rivoluzione del febbraio 1917 instaura un regime democratico borghese che vede al governo l’alleanza dei partiti socialisti con i liberali, e all'opposizione i bolscevichi. Questo ordinamento politico si rivela incapace di soddisfare le richieste fondamentali della popolazione: fine della guerra imperialista, terra ai contadini e il completamento della rivoluzione democratica. Infatti il governo prosegue la guerra imponendo la legge marziale ai soldati rivoltosi, reprime i contadini che occupano le terre dei latifondisti e non convoca l’assemblea costituente.
Nel frattempo la vita politica del paese fa sempre maggior riferimento ai soviet (dal russo: consigli) degli operai, dei contadini e dei soldati, che delusi dalle forme della politica borghese si rivolgono a queste istituzioni di tipo assembleare per aver ragione delle loro rivendicazioni. In queste assemblee si rispetta il diritto di voto passivo e attivo per tutti i partecipanti e vige la più ampia libertà di parola. In altre parole queste istituzioni di tipo nuovo rappresentano la democrazia proletaria (dittatura del proletariato) contrapposta alla democrazia borghese (dittatura della borghesia).
È appunto quest’ultima che verrà soppressa dal governo bolscevico.



«Stalin con i suoi crimini ha proseguito l’opera di Lenin.»

Il partito di Lenin è stato il fondatore e il principale animatore della Internazionale comunista, che, come iscritto nel nome stesso, voleva promuovere la rivoluzione a livello mondiale perché altrimenti l’edificazione del socialismo sarebbe stata impossibile.
Stalin e la sua cricca, appoggiandosi sulla stanchezza dovuta ai tanti anni di guerra civile e alla sconfitta della rivoluzione nel cuore d’Europa (anni 1919-1920), promettono ai quadri intermedi del partito e agli operai una più tranquilla edificazione del socialismo in uno Stato solo, contraddicendo fondamentalmente la teoria marxista rivoluzionaria. Lenin stesso si accorge dei metodi burocratici di Stalin e dei suoi accoliti, e prima di morire ne consiglia la rimozione dalla carica di segretario del partito, preparandosi a dare battaglia insieme a Trotsky nel Comitato Centrale. L’aggravamento della malattia e la morte gli impediranno di condurre quest’ultima battaglia.
Stalin, successivamente, torturerà è sterminerà la grande parte dei dirigenti bolscevichi, sia i “vecchi” rivoluzionari che avevano condotto vittoriosamente la presa del potere nell'ottobre del 1917 e la successiva guerra civile, sia i giovani internazionalisti entusiasmati dalla prospettiva di sconfiggere definitivamente il capitalismo in tutto il mondo.
Dunque, a separare il cammino di Lenin da quello di Stalin non c’è solamente una profonda frattura ideologica (internazionalismo socialista contro socialismo in uno Stato solo), ma un fiume di sangue che colpirà proprio i compagni più fidati di Lenin.



«Trotsky non rappresenta un’alternativa, e si è opposto a Stalin solo per una ragione di potere.»

Innanzitutto, come abbiamo visto, è Stalin a perseguire i rivoluzionari più autentici i e prosecutori del pensiero e dell’azione di Lenin. Gli stalinisti agiscono come un’autentica forza controrivoluzionaria, anche se ammantata della bandiera rossa e dell’ancora grande prestigio della Rivoluzione d’Ottobre. Gli operai russi e il movimento operaio internazionale cedendo alla burocrazia e all'egemonia stalinista si consegneranno alla sconfitta, come è stato pienamente dimostrato dalla caduta dell’URSS e dalla restaurazione capitalista, fatto ampiamente previsto da Trotsky.
Contro questa forza controrivoluzionaria Trotsky dapprima cercherà di costruire l’opposizione (Opposizione di sinistra) dentro il Partito Comunista Russo e nella III internazionale comunista, nella speranza di recuperare queste organizzazioni alle ragioni della lotta di classe internazionale con il metodo del marxismo rivoluzionario e della democrazia operaia. Poi, constatatane la definitiva degenerazione, darà vita alla IV Internazionale.
All'inizio della sua battaglia Trotsky ha ancora un enorme prestigio nel partito, tra gli operai e i soldati, quale ex comandante dell’Armata Rossa nella vittoriosa guerra civile. Alcuni storici gli hanno rimproverato di non aver usato la forza dell’Armata Rossa per sconfiggere Stalin, ma egli era consapevole che un colpo di stato militare avrebbe contraddetto i suoi principi e distrutto le conquiste rivoluzionarie.
Stalin invece, mentre massacra la migliore generazione rivoluzionaria, non si farà scrupolo di favorire l’ascesa di Hitler nel 1933 con una criminale politica settaria imposta al KPD (partito comunista tedesco), di tradire la rivoluzione spagnola nel 1936 in nome della Repubblica borghese sostenuta dalle principali potenze imperialiste, favorendo così la vittoria di Franco, e di accordarsi con Hitler (patto Molotov-Ribbentrop del 1939) poco prima della tragica invasione dell’URSS da parte delle truppe naziste.
Infine promuove nei paesi imperialisti occidentali la collaborazione di classe con i cosiddetti fronti popolari, che nonostante la forza delle proprie organizzazioni riducevano la classe operaia nella subalternità ai partiti dei suoi sfruttatori. In coerenza con questo indirizzo e in ossequio ai nuovi equilibri internazionali sopprimerà definitivamente l’Internazionale comunista (Comintern) ormai priva di funzioni politiche.
Tutto ciò in spregio ai più elementari principi della politica rivoluzionaria e al solo scopo di mantenere l’enorme potere e i privilegi parassitari della burocrazia al potere in URSS.
L’opera di Trotsky e dei suoi compagni, morti a migliaia nei gulag staliniani, diffamati, torturati e uccisi dopo processi farseschi, uccisi dallo stalinismo con metodi mafiosi in ogni parte del mondo, rappresenta l’unico filo rosso che consente ai rivoluzionari contemporanei di riannodarsi e far tesoro dell’immenso patrimonio teorico del marxismo rivoluzionario, del bagaglio di esperienze della Rivoluzione russa e dei moti rivoluzionari che a partire dall'Europa hanno pervaso tutto il mondo.



«Oggi la Rivoluzione russa non ci insegna più nulla, e rimane solo un tragico ricordo da consegnare agli archivi della storia.»

Oggi, in realtà, la grande borghesia mondiale, con il suo stuolo di intellettuali al seguito, hanno decretato la fine della lotta di classe. Con la fine dell’URSS e la globalizzazione del mercato capitalista hanno sancito che l’unico ordine sociale possibile sia quello che scaturisce dal modo di produzione capitalista nell'era della massima concentrazione oligopolistica e monopolistica.
In tal modo la grande borghesia mondiale cerca di riscrivere la storia e cancellare le proprie terribili responsabilità: nel solo XX secolo fino ad arrivare ai giorni nostri il capitalismo e la borghesia hanno la responsabilità storica di aver suscitato due guerre mondiali, mandato al potere il fascismo e il nazismo, con la conseguenza dell’Olocausto e dello sterminio di massa del movimento operaio, di aver utilizzato le armi nucleari sui civili, di essere intervenuti imperialisticamente in Asia (in Cina durante la rivolta dei Boxer e successivamente l’invasione da parte del Giappone, la guerra di Corea, la guerra in Vietnam, sterminio di comunisti, sindacalisti e attivisti in Indonesia...), di aver suscitato colpi di stato, torturato e massacrato centinaia di migliaia di oppositori politici (colpo di stato di Pinochet in Cile, in tutto il Sud America con il Plan Condor della CIA, il genocidio guatemalteco...) di aver provocato l’impoverimento di massa (crisi degli anni ‘30 del XX secolo, nuova crisi nel 2008...), mentre immense fortune si sono concentrate in poche mani.
Anche nei paesi imperialisti che si sono dotati di costituzioni formalmente democratiche non sono mancati eccidi di operai, studenti e cittadini durante le manifestazioni (in Italia ricordiamo almeno gli eccidi di Melissa (KR) nel 1949 e di Modena del 1950, la strage di Reggio Emilia nel 1960, gli assassini di Avola (SR) nel 1968 e Battipaglia (SA) nel 1969), uccisioni e incarceramento di sindacalisti, censure di intellettuali scomodi e licenziamenti politici.
Inoltre, il capitalismo ha talmente inquinato e distrutto l’ecosistema da aver provocato cambiamenti climatici probabilmente irreversibili, ha continuamente attentato alla stessa salute e vita degli operai e dei cittadini per la mancata adozione di sistemi di sicurezza sul lavoro e con le produzioni nocive.
Ciò ha provocata centinaia di migliaia di morti e infortuni sul lavoro, e la compromissione della salute per milioni di cittadini (a tal proposito ricordiamo ad esempio le produzioni di amianto, le fughe di gas tossici, gli incidenti alle centrali nucleari).
In tempi più recenti l’imperialismo (o per meglio dire gli imperialismi) borghese ha responsabilità dirette e indirette nella guerra civile della ex Jugoslavia, nel fallimento delle “primavere arabe” e nelle plurime guerre che hanno devastato il Medio Oriente con il loro carico di massacri, guerre civili e esodi di massa che si sono cumulati sulla normale tragedia delle emigrazioni dovute a cause economiche.
Questo elenco non è certo esaustivo, e ovviamente si somma all'oppressione e allo sfruttamento quotidiano dei lavoratori e delle classi popolari.
La Rivoluzione d’Ottobre, all'apice dell’ascesa del movimento operaio, ha semplicemente rappresentato la possibilità, concretizzatasi ad un certo punto della storia dell’umanità, che vi potesse essere un’alternativa a questa moderna barbarie.
Un’alternativa fatta di democrazia consiliare, economia in mano ai lavoratori, fine degli stati nazionali, pace nel mondo e fine di ogni oppressione di sociale, nazionale di razza e di genere.
Questo è il suo più grande insegnamento e, nonostante gli errori, e la successiva degenerazione, il lascito più prezioso per le generazioni future.



"Quel che importa è distinguere nella politica dei bolscevichi l'essenziale dall'accessorio, la sostanza dall'accidente… A questo riguardo Lenin e Trotsky con i loro amici sono stati i primi che hanno dato l'esempio al proletariato mondiale e sino ad ora sono stati gli unici che possono gridare con Hutten: "Io l'ho osato". Questo è l'elemento essenziale e duraturo della politica bolscevica. In questo senso resta loro immortale merito storico d'aver marciato alla testa del proletariato internazionale, conquistando il potere politico, e ponendo praticamente il problema della realizzazione del socialismo, come di aver dato un potente impulso alla resa dei conti fra il capitale e il lavoro nel mondo. In Russia il problema poteva essere soltanto posto. Non poteva essere risolto in Russia. Ed è in questo senso che l'avvenire appartiene dappertutto al "bolscevismo"."

(Rosa Luxemburg, 1918)

F.B.

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