Dalle sezioni del PCL

A Bagheria riapre il Museo Guttuso e aumenta la disoccupazione

29 Dicembre 2016
Bagheria

A Bagheria, il sindaco Patrizio Cinque (M5S) aiuta i milionari ereditieri del Museo Guttuso alla sua ristrutturazione e riapertura, con l’aiuto in parte dei finanziamenti dell’Unione Europea e in parte dalla raccolta di fondi pubblici.

Dopo un anno e mezzo di chiusura per ristrutturazione, e in realtà assai più di inattività e abbandono a se stesso, il Museo Guttuso riapre il 26 dicembre, a 105 anni dalla nascita del pittore.
Al gran galà della serata inaugurale, tanti personaggi altolocati e del mondo dello spettacolo; i registi Pif e Giuseppe Tornatore, l’attore Francesco Scianna, oltre che naturalmente il prefetto erede della ricchezza inestimabile che rappresenta il patrimonio dell’artista, Fabio Carapezza Guttuso.

Tutto questo è servito a rilanciare un piano di redistribuzione progressiva del lavoro, utilizzando i fondi, - quelli raccolti e quelli ottenuti dall’Ue - per utilizzare la riapertura di una delle maggiori attrazioni della cittadina siciliana come grimaldello per una vera lotta alla disoccupazione, giovanile e non, a Bagheria?

È grottesco, ma d’altra parte interessante, leggere perfino i quotidiani borghesi (come Il Giornale di Sicilia) testimoniare che sullo scenario di una devastazione sociale senza precedenti, dal dopoguerra ad oggi, con decine di centinaia di giovani costretti ogni anno a emigrare dalla Sicilia a causa dello scarsissimo lavoro a disposizione, per i giorni di Natale arriva almeno questa bella notizia.

Non possiamo pretendere dai giornali borghesi che si interroghino sull’evidente stridore tra una presunta fonte di ricchezza cittadina sbloccata e il persistere (e l’aumentare) della stessa disoccupazione che costringe generazioni su generazioni a emigrare, nel Settentrione quando non proprio fuori Italia.
Infatti, il compito di utilizzare la ragione è storicamente quello dei comunisti, e vi assolviamo volentieri.

Patrizio Cinque e l’amministrazione grillina a Bagheria sono la riprova della natura piccolo-borghese e parimenti ladra e saccheggiatrice delle tasche pubbliche per arricchire solo i privati, del M5S.
I fondi raccolti pubblicamente quanto i fondi d’agevolazione concessi dall’Ue, erano e rimangono soldi pubblici. Ed è criminale impiegarli per la rimessa in moto di sorgenti di profitto privato, come l’azienda/museo Guttuso.

Per le strade e sui social, intanto, la continuità della giunta di Cinque con tutte quelle che lo hanno preceduto (men che per qualche indagato in meno), danno ampio modo di ricredersi a tutte quelle persone che vi hanno creduto e li hanno votati. Li si accusa di favorire sempre i cittadini di serie A ai cittadini di serie B (nel lessico della politica 2.0 introdotto dal grillismo, vale a dire i borghesi ai proletari) e di finanziare sbrillucicanti baracconi di proventi privati invece che usare quei soldi per rimediare alle pericolosissime e sempre più numerose buche per le strade o per trasformare davvero il Museo in una fucina di equidistribuzione del lavoro, opponendosi alla privatizzazione dei profitti del servizio.

La risposta dell’amministrazione è che quei soldi fossero “vincolati”.
Vincolati al piano di rilancio delle piccole e medie imprese, il must intramontabile dei 5S, non per garantire un po’ di giustizia e uguaglianza sociale.
Continua ad essere un mistero che cosa chiamino rivoluzione, dal momento che è sempre stata la stessa politica dei governi precedenti che con due mani regalavano alla finanza e al grande capitalismo (cosa che continuano a fare i 5 Stelle, da Torino a Roma passando per Parma) e con un mignolo, dove potevano, aiutavano i piccoli bottegai in bancarotta.

Nel caso dei grossi tenutari del Museo Guttuso di Bagheria, non possiamo nemmeno parlare di piccoli bottegai. E non vi è stato, né vi sarà mai, un fronteggiamento chiaro e di parte delle ragioni sociali contro le ragioni private, dal fronte Cinque Stelle.
Il grillismo continua a presenziare in abiti da gala in tutte queste celebrazioni (Artissima con Chiara Appendino, il Museo Guttuso, con Cinque) senza mettere in discussione la privatizzazione dei loro immensi profitti che basterebbero, se requisiti e socializzati, a ridare una vita dignitosa a una grande fetta di popolazione.

Viene da chiedersi a cosa pensa Patrizio Cinque mentre osserva i quadri del pittore comunista Renato Guttuso ritrarre i solfatari sfruttati, i contadini che occupano le terre, in un tripudio di bandiere rosse e poveri cristi, se egli sappia, abbagliato dai flash e dietro il papillon di gala, da che parte della barricata sta.
Certamente, da questa parte l’abbiamo sempre saputo.

Salvo Lo Galbo

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