Dalle sezioni del PCL

In Sardegna 616.791 NO alla classe dominante!

19 Dicembre 2016

In Sardegna 616.791 votanti su 859.158, il 4 dicembre 2016 hanno espresso nell’urna il loro No alla classe dominante. Il contrario sarebbe stato irrazionale, innaturale e storicamente un disastro, e questo vale anche per tutto lo stato italiano.
Sono in molti ad essere spaventati per il risultato elettorale referendario. Innanzitutto le forze della destra che hanno fatto votare contro la riforma costituzionale di Renzi. Da Berlusconi a Salvini, nessuno immaginava una tale partecipazione elettorale. Nonostante i limiti intellettuali questa gentaglia ha visto in questo risultato ostile, sebbene espresso in termini passivi, tale è la natura del voto, i segni della rivolta generale. Esagerano?
Marco Niada di Il Sole24ore ha concluso un suo articolo di commento al discorso(Lo spettro del monetarismo) del governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, con un avviso: “Per ora pavento soltanto un periodo duro, che potrebbe portarci a una grave crisi politica e sociale. Le avvisaglie si vedono già…”( La mattanza tecnologica dei posti di lavoro” Il Sole24ore 9/12/2016). L’introduzione di forme di automazione nella sola Inghilterra eliminerà, secondo il governatore, 15 milioni di posti di lavoro. Il quadro delineato da Carney è quello della concentrazione industriale e centralizzazione finanziaria che produce diseguaglianze drammatiche tali da indurre il governatore a fare un esplicito riferimento a Karl Marx proprio all’inizio del suo discorso:
“I redditi reali cadono da un decennio. L’eredità di una crisi finanziaria bruciante pesa sulla fiducia e la crescita. La natura stessa del lavoro distrutta da una rivoluzione tecnologica. Questa era la metà del 19 ° secolo….E Karl Marx scriveva nella British Library, avvertendo che uno spettro s’aggirava per l’Europa, lo spettro del comunismo”(Carney, Lo spettro del monetarismo). Il governatore però non va oltre il riferimento, più di tanto l’intelligenza dell’economista non va, e sostiene che la rinascita del capitalismo ci sarà con lo sviluppo e la competizione internazionale fra piccole imprese. Insomma, Carney inizia bene e poi finisce con una idiozia. Il lavoro di Lenin di cento anni fa, il saggio popolare sull’imperialismo, completa il lavoro iniziato da Marx e da Engels: il capitalismo porta al monopolio, all’oscurantismo politico e culturale e alla guerra imperialista.
Ma sono spaventati anche a sinistra. Fratoianni di Sinistra Italiana si preoccupa di marcare il voto di coloro che, come lui, sostengono la Costituzione del 1948. Fratoianni prende le distanze dal NO dei disoccupati, dal NO dei lavoratori e lavoratrici sfruttati, dal No dei pensionati che, nell’urna, hanno dichiarato il loro malcontento, la loro ostilità alla classe dominante, a tutta la classe dominante. Il dirigente di Sinistra Italiana mette le mani avanti sugli sviluppi futuri dell’orientamento espresso nel voto referendario. Fratoianni sa bene che la materia sociale grezza in movimento contiene in potenza la classe operaia vittoriosa e ne prende la distanza.

Il risultato del voto referendario del 4 dicembre è la prima manifestazione della contrarietà delle masse alla politica della classe dominante, nello Stato italiano, da quando è scoppiata la crisi inarrestabile. Per l’aristocrazia finanziaria dominante nello stato italiano l’imperativo categorico è impedire che quell’orientamento si trasformi in lotta rivoluzionaria. L’arma a cui il partito della reazione ricorrerà sempre di più è il terrorismo e lo squadrismo razzista. Le bombe di Buddusò, la lettera minatoria, con due proiettili, al prefetto di Cagliari di metà novembre scorso sono stati preceduti da devastazioni di alcuni “centri d’accoglienza”. Sui muri della Corsica è stato scritto “A fora li arabi” e poi è stata assaltata e saccheggiata la moschea di Ajaccio.
Non manca la volontà di lotta alle masse in Sardegna nelle lotte economiche e nelle lotte politiche. Una nuova generazione di militanti del movimento operaio si forma nella lotta contro l’occupazione militare dell’imperialismo italiano, contro la Nato e contro la guerra imperialista iniziata con i bombardamenti in Afghanistan dal settembre del 2001. Le radici di questo movimento affondano nella rivoluzione antifeudale, nel fronte dei rivoluzionari sardi con la Francia rivoluzionaria e nella guerra civile che fu combattuta in Sardegna dal 1919 alla fine del 1925. Questa è la ragione della sua durata e crescita. Dietro la bandiera dei 4 Mori la migliore gioventù proletaria e studentesca ha sfilato il 3 novembre del 2015 a Capo Teulada e il 26 novembre 2016 a Capo Frasca contro la guerra e il militarismo imperialisti. La lotta per l’autodeterminazione nazionale in Sardegna è un passaggio di settori popolari consistenti verso l’instaurazione di un regime di dittatura del proletariato rivoluzionario. Gramsci aveva piena consapevolezza della questione sarda e il frutto di questa sono le tesi del terzo congresso del Partito Comunista d’Italia- sezione dell’Internazionale Comunista (1926) che contengono la parola d’ordine della Repubblica Sarda dei Consigli. Gramsci era guidato dal criterio del socialismo scientifico sulle lotte nazionali: se accresce i rapporti di forza del proletariato della nazione oppressa e di quella che opprime bisogna combattere per avere l’egemonia, in caso contrario non sostenerla. La Repubblica Sarda dei Consigli era lo sbocco delle forze popolari messe in moto dal sardismo rivoluzionario. Nel secondo dopoguerra Togliatti dovrà combattere nelle federazioni sarde del PCI per far dimenticare le tesi di Lione e far passare la linea dell’autonomismo interclassista.
La lotta contro l’occupazione militare dell’imperialismo italiano in Sardegna rafforza le forze proletarie che nel continente si battono contro la guerra imperialista degli USA e dell’UE. Ci aspettano nuove battaglie quando i governi dell’Alleanza atlantica che non si sono allineati alla linea del 2% del pil per la spesa militare dovranno farlo, fra questi governi c’è quello di Gentiloni.

Gian Franco Camboni

CONDIVIDI

FONTE