Interventi

Dal sonno della ragione: Donald Trump

La catastrofe dell'obamismo

14 Novembre 2016
trumpobama


Donald Trump, approfittando di un sistema elettorale antidemocratico (l’Italicum c'entra qualcosa?), vince le elezioni presidenziali USA pur avendo ottenuto meno voti popolari di Hillary Clinton. Ma questo dato è solo la base di partenza per alcune riflessioni più ampie e di sostanza. La vittoria di Trump è maturata in un quadro di crisi sociale ed economica che da tempo tocca gli USA. Tutti i momenti di ripresa della loro economia sono di tipo congiunturale; permane un indebitamento pubblico spaventoso, i raid con cui capitalisti cinesi mettono le mani su spezzoni sempre più ampi dell’economia statunitense e mondiale sono sempre più sfrontati; una perdita di forza sul terreno degli equilibri militari e di potenza statunitense nel mondo caratterizza sempre più l’identità complessiva del “paese delle libertà”.
Al suo interno la povertà è sempre più ampia e profonda, alle sue frontiere premono milioni di migranti.
Gli otto anni di presidenza Obama, più che essere lo strumento di un “nuovo sogno americano” sono stati l’incubatrice di un nuovo incubo.
La sconfitta della Clinton è stata innanzitutto provocata dal crollo elettorale nel Nord-Est. Qui milioni di operai hanno voltato le spalle al Partito Democratico, seguiti a ruota da ampi settori della piccola borghesia intellettuale (da sempre elettori dell’asinello). Più che la fumosità di Obama, tanto suggestiva anche in Europa (Vendola, Bertinotti e compari), ha pesato il rivoltante sistema di potere corrotto e inquinato al quale la stessa Clinton non era certamente estranea e al quale è stato subalterno lo stesso ciarlatano Bernie Sanders.
Da qui l’oceano dell’antipolitica dal quale è emerso il fenomeno Trump. Non è stata questa la prima volta che un magnate statunitense tenta di diventare un tribuno demagogo. Alla fine del secolo scorso fu la volta di Ross Perot che però dopo qualche successo iniziale dovette riporre nel cassetto le ambizioni politiche. Oggi i tempi sono diversi (in peggio) e nel caos presente Donald Trump è riuscito a calamitare una porzione di umanità frustrata e cieca.
Un rozzo esemplare della grande borghesia palazzinara, un conclamato evasore fiscale, un disgustoso campione di sessismo e xenofobia è stato dunque eletto presidente degli USA.
Questa elezione ha provocato sconcerto soprattutto nei settori di lavoratori coscienti e negli intellettuali coerentemente di sinistra che hanno subito iniziato a muoversi con una mobilitazione (“Not my president”) abbastanza diffusa nell’immenso territorio statunitense. Essa va sostenuta e aiutata a crescere su tutti i terreni.
È un segnale di speranza, è un elemento di controtendenza al disorientamento e alla perdita di una identità di classe che ha fatto precipitare il proletariato statunitense in una condizione miserevole. La mobilitazione è stata provocata anche dalla repentina caduta della maschera che nei mesi della campagna elettorale ha oscurato il vero programma di Trump: rubare ai poveri quel poco che hanno (come uno straccio di riforma sanitaria) per dare ai ricchi (come avverrà con la defiscalizzazione per i grandi capitali).
Tutto ciò è drammaticamente utile anche per comprendere molte cose della situazione italiana dove all’entusiasmo xenofobo di Salvini si è accompagnata la gioia del tragicomico Beppe Grillo per “il più grande vaffanculo della storia”.
Così, a un quarto di secolo dalla caduta del muro di Berlino l’intero pianeta si è trasformato in un grande e macabro serraglio popolato dei vari Trump, Le Pen, Farage e Grillo.
È il quadro del personale politico che tiene in mano le redini di una società sempre più putrescente, di un sistema economico (il capitalismo) che non ha più nulla da offrire all’umanità se non il tragico precipitare nella barbarie.
Per il Partito Comunista dei Lavoratori è fondamentale ricostruire, in Italia, negli USA, in tutto il mondo, la coscienza dei processi reali e l’identità senza la quale gli stessi lavoratori non si salveranno da questo baratro. Con l’unica risposta necessaria: quella di una trasformazione socialista e rivoluzionaria del mondo.

Pino Siclari

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