Rassegna stampa

SUL FUTURO DEL 20 OTTOBRE

Articolo di Ferrando su Liberazione del 07/11/2007

7 Novembre 2007

La manifestazione del 20 ottobre ha registrato un indubbio successo. Il fatto di non aver potuto condividere l’appello filogovernativo dei suoi promotori, non ci impedisce di riconoscere questa realtà. Ma al tempo stesso proprio quel successo interroga linea e prospettive della sinistra italiana.

A cosa si deve il successo del 20 ottobre? Ad una ragione tanto semplice quanto riconoscibile: alla volontà di un importante settore del popolo della sinistra di manifestare, dopo un anno e mezzo, la propria insofferenza e/o opposizione alle politiche del governo. E insieme il proprio rigetto del nuovo Partito democratico, del suo inno alle imprese, delle sue pose securitarie, del suo disprezzo per le ragioni sociali del mondo del lavoro. In definitiva, i più efficaci promotori del 20 ottobre e del suo successo non sono stati i suoi organizzatori, ma i suoi dichiarati avversari: Veltroni, Rutelli, Epifani. E non a caso il sentimento diffuso di tanta parte di quel corteo non esprimeva la volontà di “mediazione” col governo e col PD, ma una profonda domanda di alterità da quel mondo, dai poteri forti che esso rappresenta, dalla cultura che da esso promana.

Allora, ecco il punto: si può onorare la domanda che il popolo del 20 ottobre ha espresso continuando a sostenere il governo Prodi e a ricercare il blocco col PD di Veltroni? La nuova finanziaria, sostenuta da tutte le sinistre, regala al padronato altri 8 miliardi di detassazione che si aggiungono ai 7 miliardi già concessi con la finanziaria precedente. La classe operaia riceve in dono dalla politica di concertazione un aumento dell’età pensionabile, la revisione programmata dei coefficienti, la permanenza di legge 30 e pacchetto Treu: mentre i salari sono in picchiata, i mutui usurai incombono, cresce il drammatico indebitamento delle famiglie. La scuola è colpita da un ulteriore incredibile aumento delle regalie pubbliche agli istituti privati. Il pubblico impiego, già assurdamente criminalizzato, si vede privato della copertura contrattuale. Intanto il “pacchetto sicurezza”
si scaglia contro i rumeni, con un’ipocrita isteria reazionaria, nel momento stesso in cui le immutate politiche securitarie, europee ed italiane, riversano sulle nostre spiagge decine di cadaveri di migranti. Infine le spese in armamenti lievitano di altri 2 miliardi proprio quando la missione afgana si presenta più che mai come missione di guerra, al servizio di una nuova frontiera occidentale in Centro Asia.
Potrei continuare a lungo.

Chiedo: si può continuare a sostenere un governo promotore di queste politiche, nel mentre si esalta il popolo del 20 che di quelle politiche è vittima, e che contro quelle politiche ha manifestato? Non si risponda con la tesi del “meno peggio”. Non solo perché francamente è difficile immaginare di peggio. Ma perché il governo Prodi, in un anno e mezzo, ha realizzato politiche che un governo Berlusconi non avrebbe avuto la forza di realizzare: potendo godere di una copertura a sinistra, dello scudo della concertazione, dell’assenza dell’opposizione. Del resto, se Franco Giordano può dichiarare proprio su Liberazione “che nell’intero arco del dopoguerra nessun governo aveva concesso tanto a banche e imprese in così poco tempo”, non è questa l’impietosa denuncia del governo Prodi e delle leggi finanziarie che il PRC ha votato? Se a questo aggiungiamo il piccolo dettaglio che a capitalizzare tutto ciò, per un anno e mezzo, è stato Silvio Berlusconi e il suo sogno di rivincita, il quadro è completo: un disastro sociale si somma a un disastro politico. Francamente: si vuole continuare? E con quale credibilità, con quale prospettiva?

Tutti peraltro sappiamo che con il nuovo corso veltroniano la sinistra di governo non ottiene neppure il premio di consolazione di qualche concessione d’immagine o foglia di fico. Sarà sempre più comprimaria impotente di una politica decisa da grandi imprese e banche. E oltretutto sempre più minacciata di sfratto da parte di un PD dalla “vocazione maggioritaria”. Chi può pensare di ottenere dall’Unione in futuro ciò che non ha ottenuto in passato?

A noi pare vi sia un solo modo di uscire dal vicolo cieco in cui le sinistre si sono cacciate: riconoscere il fallimento irreversibile di una politica e trarne le dovute conseguenze. Rompere col governo Prodi e col PD di Veltroni; rilanciare un programma di mobilitazione indipendente, unendo nell’azione attorno ad esso, tutte le disponibilità di lotta; costruire finalmente un polo autonomo di classe del mondo del lavoro, alternativo al centrosinistra e al polo reazionario delle destre. Questa svolta generale potrebbe investire la forza del popolo del 20 in una nuova stagione di lotte, incidere sulla base popolare del PD, entrare nelle stesse contraddizioni del blocco sociale delle destre. Provando a costruire dal basso nuovi rapporti di forza e riaprendo la prospettiva di un’alternativa vera. E’ facile? No. E certo è più facile restare aggrappati al carro dell’Unione e di Veltroni. Ma dove sta una ragione riconoscibile della sinistra italiana se non nell’autonomia di un progetto anticapitalista?

Eppure vediamo che tutta l’operazione della cosiddetta “Cosa rossa” si colloca dentro la gabbia del centrosinistra. Tutte le sinistre di governo continuano imperterrite a sostenere Prodi, assicurandogli ogni giorno la propria “lealtà”. Tutte le sinistre di governo rivendicano la prospettiva del patto con Veltroni e col PD, come asse della governabilità italiana. E addirittura il Presidente della Camera, rivendica, in caso di crisi, un governo istituzionale transitorio con PD, UDC e Lega: ciò che trascinerebbe le sinistre in un’avventura trasformista ancora peggiore. Tutto ciò può forse preservare, non so fino a quando, qualche carica ministeriale o istituzionale. Ma è questo che merita e che chiede il popolo del 20 ottobre?
A noi pare ancor più evidente oggi ciò che denunciammo un anno e mezzo fa: ogni governo con la borghesia si risolve in una sconfitta dei lavoratori e delle sinistre; solo una nuova sinistra italiana, che rompa una volta per tutte con il ministerialismo, che lotti dall’opposizione per un governo del lavoratori, può aprire la strada ad una prospettiva nuova per il mondo del lavoro e per il popolo del 20 ottobre. Il congresso fondativo del Partito Comunista del Lavoratori – tra il 3 e il 6 gennaio – si misurerà con questa nuova impresa.

MARCO FERRANDO - Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori

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