Teoria

ETA: dalla nascita all'approdo alla Quarta Internazionale

2 Ottobre 2016
ETA

ETA, l'organizzazione armata indipendentista dei Paesi Baschi, non solo è conosciuta nell'ambiente dell'estrema sinistra, o in quello della sinistra in generale, ma anche è conosciuta e ne hanno memoria ampie fette della popolazione, nazionale ed internazionale. Già, perché questa organizzazione politico-militare ha giocato infatti un ruolo centrale innanzitutto nello stato spagnolo, ma con risvolti internazionali in differenti strati politici, a diverse latitudini, e per diverse decadi. E parliamo al passato perché questa storia che ha occupato anche prime pagine di cronaca internazionale - nelle quali si raccontavano le azioni terroristiche del gruppo, la violenza, le rivendicazioni, le ripercussioni – si è voluta far terminare nel finire del 2011, quando ETA dichiarò la cessazione dell'attività armata, senza comunque arrivare allo scioglimento dell'organizzazione (l'impegno all'oggi si è spostato nella difesa dei suoi incarcerati).
Ma, inevitabile, tutt'ora restano dei riflessi di quella storia. E ne riemergono riferimenti e considerazioni quando si entra nelle tematiche politiche dell'indipendentismo, dell'autodeterminazione dei popoli, dei movimenti armati rivoluzionari.
E' vero che, come detto, molti hanno sentito parlare di ETA, ne conoscono le gesta e le rivendicazioni principali, per lo meno quella dell'indipendenza dei Paesi Baschi. Ma anche è vero che, al contrario, pochi la conoscono nello specifico: le sue concezioni e posizioni politiche, la sua storia. E ancora, per entrare nel cuore di questo scritto, quello che quasi nessuno sa, nemmeno nell'ambiente dell'estrema sinistra, è che ETA, in un periodo della sua storia, sposò il trotskismo. Magari detta così può esser fuorviante, ma questo lo vedremo poi. Con ragione quindi, per comprendere questa trasformazione trotskista di ETA, è bene partire dalle origini, raccontandone la nascita e poi l'evoluzione, non dimenticando il contesto storico-politico-geografico.

GLI INIZI
La storia parte in quelle regioni nel Nord della Spagna, nel Paese Basco (Euskal Herria) in cui è sempre stato presente un popolo che si distingueva fortemente da tutti gli altri per la lingua, gli spazi di scambi economici, la cultura, le relazioni. Il popolo basco, sottomesso a più riprese, a fine '800 si vide negato di qualsiasi spazio democratico, sottomesso dalla corona spagnola, e dallo stato francese.
Il Partito Nazionalista Basco (PNV) nasce nel 1895, come espressione delle aspirazioni nazionaliste democratiche della borghesia basca. Sul piano sociale esprime una linea molto conservatrice, a destra. A rappresentare inizialmente la classe lavoratrice c'è il Partito Socialista Operaio di Spagna (PSOE), al quale però pare non interessare molto il tema dell'autodeterminazione basca, confermando una linea spagnolista; raccoglierà consensi così soprattutto negli operai spagnoli emigrati nei Paesi Baschi, in continuo aumento data la crescita dell'industrializzazione nella regione.
Durante l'era dittatoriale di Primo de Rivera (dal 1923) non vi fu alcun spazio per le richieste del popolo basco, come allo stesso modo non ci fu lo spazio per conseguire forme di autonomia della regione sotto il normale campo d'azione democratico della Repubblica Spagnola (dal 1931). Solo durante la guerra civile vi fu la concessione di uno statuto per l'autonomia delle tre province basche, con la conseguente costruzione di un governo basco (diretto dal PNV). Con la vittoria di Franco (1939) caddero queste forme di libertà democratiche, il governo basco andò in esilio e in terra basca inizia quello che molti chiamano “genocidio culturale”: dalla proibizione delle tradizioni popolari basche alla proibizione della lingua basca. Schiacciato, il popolo basco ebbe bisogno di diverso tempo per esprimere forme di resistenza.
ETA (Euskadi Ta Askatasuna, trad. Paese Basco e libertà) nasce nel 1958, ma questa ETA, era molto differente fisionomiocamente dall'ETA di cui molti ne hanno conoscenza. Per dirla tutta, l'organizzazione, nella sua storia, conoscerà svolte repentine e molte scissioni significative dovute a visioni politiche ed organizzative differenti. Queste rotture, nel piano della revisione della linea politica o letteralmente in quello della separazione dell'organizzazione, erano spesso elaborate sotto i colpi dei nuovi stravolgimenti politici e militari internazionali e l'emersione di nuove correnti politiche influenti, o dopo aver preso coscienza di aver battuto fin lì sentieri sbagliati. Alcune di queste scissioni cercheranno di rivendicare la sigla e la storia di ETA, altre ne prenderanno le distanze. Per tutto questo risulta difficile, e forse inutile, almeno per un primo e lungo periodo, individuare un filone caratteristico storico-identitario dell'organizzazione. Ma andiamo per passi.

L'ETA nasce come sviluppo dell'esperienza di alcuni giovani che fondarono nel 1953 un gruppo di studio (e promozione) sull'identità nazionale basca, denominato EKIN, che, nel contesto dell'ascesa della domanda indipendentista, cercava un'unità di azione con il PNV, senza riuscirvici date le differenze politiche. Appena nata, ETA rivendicava l'indipendentismo basco, basando la sua identità nella cultura e nella lingua. Si inserisce nelle posizioni storiche dell'indipendentismo nazionale di sinistra rivendicando timidamente un mondo più giusto, senza nessun riferimento allo sbocco socialista della lotta. ETA si discosta dal PNV per un progetto sociale più progressista (il PNV basava ancora l'identità nazionale basca sul concetto di razza) e per voler utilizzare una lotta più aperta e combattiva, compresa la lotta armata. Per quest'ultima soluzione si creerà una struttura interna allo scopo.
Oltre a sviluppare azioni dove vengono issate le bandiere della nazione basca (Ikurrina) nei luoghi di maggior visibilità, nel 1959 ETA comincerà a realizzare le sue prime azioni con esplosivi, collocandoli nelle sedi del governo, nelle questure, nelle redazioni dei giornali falangisti.
La risposta repressiva della polizia non si fa aspettare, e nel marzo 1960 ci sono i primi detenuti di ETA. Viene poi promulgata una legge speciale contro banditismo e terrorismo, che sottometterà a giudizio militare detenuti per motivi politici e in certi casi per motivi di ordine pubblico. Il corpo repressivo di Franco ricorrerà frequentemente alla tortura dei prigionieri, tanto che anche vari sacerdoti baschi denunceranno pubblicamente queste sopraffazioni, oltre a schierarsi nella denuncia dell'oppressione del popolo basco (di fatto gli strati popolari del clero erano vicini alle rivendicazioni del movimento indipendentista-autonomista).
Compaiono i primi rifugiati dell'ETA, che attraverso sentieri dei Pirenei attraversano il confine spagnolo per stabilirsi nel territorio basco francese.
Gli attacchi dell'ETA continuano, cercando di colpire simboli dello stato Spagnolo. Nel 1961, il tentativo di far saltare in aria un treno pieno di soldati spagnoli, seppur fallito, provocherà retate nelle provincie basche con 200 persone detenute tra i diversi patrioti baschi (non solo di ETA), molti dei quali torturati. Nel 1961 si hanno le prime condanne dal tribunale militari: pene agli attivisti da 5 a 20 anni. Giornalisti e diplomatici esteri cominciano ad interessarsi a cosa sta succedendo nei Paesi Baschi.
Risulta chiaro ora all'organizzazione colpita dalla repressione che occorre rafforzarsi, rendersi meno vulnerabili all'azione della polizia, raccogliere fondi economici per l'attività, formarsi politicamente.

I PRIMI TRE CONGRESSI
Nel maggio 1962 si tiene la Prima Assemblea (il primo congresso), con 14 delegati, con lo scopo di ordinare le idee e darsi una caratterizzazione più chiara: questioni tattiche, rivendicazioni politiche, rivendicazioni sociali, rivendicazioni culturali. ETA arriva a definirsi come movimento rivoluzionario basco di liberazione nazionale, per ottenere il diritto ad autogovernarsi. In questa prima fase, nello stesso congresso, emergono e si confrontano due impostazioni strategiche: una socialista e una socialdemocratica, quest'ultima prevarrà. Si reclama la fine del liberalismo, la socializzazione dei più importanti settori produttivi e una pianificazione economica nazionale. Un programma, nei suoi assi, riformista. Si critica la dittatura fascista come quella comunista. ETA apre alla collaborazione con le altre forze che sono disposte a difendere la libertà del popolo basco. A livello organizzativo si forma una direzione collegiale e si prevedono responsabili militari (principalmente per conseguire armi). Zutik sarà il bollettino ufficiale dell'organizzazione (di carattere esterno).
L'organizzazione è ancora piccola, composta da giovani e giovanissimi diversi tra loro, e con poche basi solide, un'avanguardia conosciuta solo nell'ambiente abertzale (ambiente patriottico basco), con pochissima proiezione di massa.
Anche per tutto questo l'organizzazione vive in continua trasformazione. E già nell'agosto, sullo sfondo di una fase di lotte operaia, ETA arriverà a dichiarare che il capitalismo è uno dei principali nemici, unito al franchismo e al centralismo.
La seconda Assemblea, appena un anno dopo (con 17 delegati), manifesterà ancora altri cambiamenti. Si farà sentire nell'organizzazione l'influenza degli avvenimenti internazionali di quella stagione storica: le lotte di emancipazione e autodeterminazione dei popoli sottomessi al colonialismo, con rivoluzioni sociali annesse. L'aspetto militare prende sempre più peso e importanza, la lotta armata conosce un salto qualitativo e teorico. I riferimenti vanno al guevarismo, al terzomondismo, all'Algeria, all'Angola, a Cuba, alla Cina, alla lotta di popolo armata (per lo meno nell'auspicio). Sulla base di questa nuova onda ideologica, al congresso, si attueranno modifiche organizzative, che predispongono, tra l'altro, una reale divisione organizzativa per la lotta armata.
Al termine dei lavori si profilano di fatto tre tendenze, con una certa strutturazione: la linea militare, la linea operaia e la linea cosiddetta culturalista (l'unica estranea al marxismo).
L'organizzazione sarà capace non solo di mantenere una certa azione militare fatta di “pochi ma plateali” attacchi nei centri del regime, di rapine per l'autofinanziamento, di azioni per liberare i propri carcerati, non solo di operare nella generale lotta di emancipazione nazionale, ma anche lavorare intensamente nell'ambito operaio. Tutto questo conoscendo certe soddisfazioni ma anche diverse ricadute dal versante repressivo.
Nel 1964 ETA si sente forte, il suo nome e la sua attività cominciano a farsi conoscere e diventa anche un punto di riferimento per molti abertzales, in contrapposizione al PNV, che segue mantenendo la supremazia nel campo.
Nella sua III Assemblea (marzo-aprile 1964) ETA, oltre a proseguire il dibattito teorico militare, decide di ristrutturarsi su base di cellule composte da tre militanti per far fronte alla repressione, e nel versante politico decide di contrapporsi apertamente al PNV (prima visto come possibile alleato), criticando il suo nazionalismo tradizionale ed il suo governo (il governo basco in esilio), arrivando a descrivere il PNV come forza “contraria agli interessi di liberazione nazionale”.
Nello stesso anno, nelle terre basche, si realizzano importanti manifestazioni politiche popolari. Il 29 marzo cade il giorno dell'Aberri Eguna, giorno della patria del Paese Basco (coincide con il giorno di Pasqua), ricorrenza che da lì in futuro segnerà le fasi e il termometro del movimento nazionalista basco. Quel giorno, in una Guernica militarizzata, presero parte all'assembramento chiamato dal PNV tra le 30 e le 60 mila persone. L'ETA raccoglierà l'appello e vi parteciperà. Poco dopo, il Primo Maggio, scenderanno nelle strade di Bilbao decine di migliaia di persone, una manifestazione tra le più grandi che si ricordi.
La popolazione basca sembra ora riprendere in mano l'interesse nella lotta di emancipazione nazionale e sociale. Proprio in quella fase si conosce uno sviluppo della cultura popolare basca, la cosiddetta primavera culturale basca.

LA IV ASSEMBLEA E LE PRIME SCISSIONI
La IV Assemblea si svolge nel luglio 1965 con la presenza di 20 delegati. In questo si tiene una discussione che coinvolge molti campi, portando all'emanazione di varie risoluzioni. Nel bilancio organizzativo si può evincere che l'organizzazione del tempo conta tra i 150 e 200 militanti, quasi tutti con un'età compresa tra i 17 e 25 anni. Esistono già diversi funzionari.
Viene rivisitata pienamente la concezione di strategia armata, abbandonando le teorie prese da altri contesti, estranee alla realtà basca. Non si parla più genericamente di guerre insurrezionali popolari, bensì si teorizza il ruolo centrale, acceleratore e detonatore dell'esplosione sociale, da parte di una minoranza organizzata. Il lavoro di questa minoranza seguirà un processo ascendente, definito precisamente con una scaletta. La concezione della “spirale azione-repressione-azione” sarà parte organica di questo processo ascendente. Al momento, in relazione al processo di lotta generale, si ritiene compiuta una prima tappa, per avanzare si dovrà inasprire l'attività militare che porterà inesorabilmente allo scorrimento di sangue. Di conseguenza, in base a questa teorizzazione avanguardista e avventurista viene rivista la struttura organizzativa.
Sul piano politico l'organizzazione conosce ancor di più un avvicinamento al marxismo, anche se non si arriverà ad assumerlo pienamente come dottrina ufficiale. Non mancano appelli rivolti alla piccola borghesia e alle classi intermedie. Il settore operaista conquisterà buona parte della struttura, grazie anche a diversi quadri direttivi delle altre tendenze obbligati all'esilio.
Nei Paesi Baschi l'azione repressiva della polizia si fa sempre più dura, gli ordini ora sono quelli di sparare a vista, anche sui militanti colti a fare scritte sui muri. La prima vittima di questa nuova svolta repressiva sarà un cittadino portoghese, scambiato per un membro dell'ETA, colpito a morte mentre cercava di attraversare il confine nei Pirenei. E di questi casi se ne conteranno ancora. Nel 1965 comunque si arriverà a contare 145 militanti incarcerati negli ultimi 4 anni, solo per far parte dell'organizzazione.
Nel 1966 si ha la prima, piccola, scissione dell'ETA. Il capo del ramo militare, assieme ad altri venticinque militanti, usciranno dall'organizzazione per differenze su vedute militari. Costruiranno il Gruppo Autonomo di ETA (in seguito riconosciuti con il nome “Los Cabras”) che lavorerà ad una campagna di addestramento per costruire un embrione di colonna guerrigliera.
Questa fuoriuscita, aggiunta ad ancora nuove detenzioni, lasceranno un campo libero ancora più grande al settore operaista, che controllerà l'ufficio politico dell'organizzazione. Da qui in poi la linea politica ufficiale espressa nei documenti e negli organi di stampa conosce un notevole allontanamento dalle posizioni storiche ed originarie di ETA. Cosa che provocherà il disagio e lo scontento di buona parte dei militanti di base dell'ETA e della base sociale dell'organizzazione, e provocherà poi una nuova, ma più grande, scissione in ETA.
Il settore operaista impone un giro politico che marginalizza la lotta di liberazione nazionale per finire in una centralità sindacalista e spagnolista. Data anche l'apertura di una fase riformista del regime franchista (riforma della censura, riforma sulle organizzazioni sindacali, amnistia per detenuti di guerra – mantenendo però in territorio basco costantemente una forte repressione) il gruppo operaista indica la strada delle riforme graduali per conquistare il socialismo. La lotta armata andrebbe relegata a funzione ausiliare. Ora la priorità è costruire l'unità della sinistra basca.
Visto il malcontento della base per la deriva in corso viene convocato d'urgenza nel novembre 1966, appena prima della già programmata V Assemblea, il comitato esecutivo, che all'unanimità approverà l'espulsione dei componenti dell'ufficio politico.
In opposizione all'ufficio politico si coagula un nuovo gruppo di avanguardie.

ETA-BERRI, ETA-BAI E NUOVE BASI
Lo scontro si amplia nella V assemblea, nel dicembre 1966, e gli operaisti, partigiani dell'ufficio politico, una volta assunta la sconfitta, completano la scissione. Questi però, a differenza del piccolo gruppo uscito precedentemente nello stesso anno, rivendicheranno la legittimità della sigla dell'organizzazione, rinominandosi ETA-Berri (e chiamando l'altra ETA, quella uscita maggioritaria dalla V assemblea, ETA-Zarra o ETA-Bai). ETA-Berri dimostrerà inizialmente una buona capacità politica ed organizzativa, ma non arriverà mai ad essere un movimento politico con influenza di massa. Le accuse che lancerà a ETA-Bai sono quelle di essere un movimento piccolo borghese, radical-nazionalista. Eta-Berri nel 1967, fondendosi con gruppo di studio di gesuiti, formerà la ORT (Organizaciòn Revolucionaria de Trabajadores), organizzazione maoista molto attiva in seguito.
Dopo la scissione la V Assemblea continua fissando i punti politici che demarcano la differenza dagli operaisti appena espulsi, e criticando e correggendo quindi le posizioni assunte dall'organizzazione nel periodo precedente. Un profondo dibattito ideologico che porterà, al termine dell'assemblea, all'abbandono dall'organizzazione anche del gruppo culturalista. Il settore culturalista, opposto al settore nazional rivoluzionario, chiedeva l'abbandono della lotta armata perché riteneva che la situazione dei Paesi Baschi fosse differente da quella dei paesi del terzo mondo, inoltre criticava ETA di essersi trasformata in un'organizzazione marxista senza spazi di democrazia.
Il gruppo maggioritario uscito dalla V assemblea detta quindi la nuova linea politica: creazione di un Fronte Nazionale indipendentista, l'alleanza con la borghesia basca, rimandando ad una seconda tappa, dopo la conquista dell'indipendenza, il problema sociale. Il proletariato viene comunque riconosciuto come l'unico soggetto che può risolvere allo stesso tempo “le due forme dello sfruttamento dell'attuale capitalismo: l'oppressione nazionale e l'oppressione sociale”[1], ma allo stesso tempo occorre un “lavoro comune tra la borghesia basca ed il proletariato basco per costruire in comune la casa (Euzkadi= Liberazione Nazionale) e dopo aver fatto la casa le parti si scontreranno nel problema sociale”[1].
Da qui una rifondazione dell'organizzazione, per prepararsi a nuovi salti qualitativi, che dovrà passare per forza dalla necessità della convocazione di una seconda parte della V assemblea per dotarsi di un programma d'azione più definito.
ETA si trova ora in una condizione di forte debolezza dovuta, oltre alle scissioni appena consumate, anche per la continua repressione dello stato, che, oltre ai vari militanti rivoluzionari, colpisce addirittura i preti progressisti. Di contro, al suo interno, l'organizzazione presenta una più omogenea condivisione politica che consentirà un percorso di rafforzamento basato nella lotta indipendentista, lanciando, come deciso nella V assemblea, la campagna BAI: l'idea del Fronte Nazionale, nello specifico una manifestazione per l'unità patriottica. L'influenza dell'ideologia maoista si fa sempre più profonda. Già un anno dopo la V assemblea, nel 1967, ETA conta di una notevole forza e un consistente peso nel movimento operaio (attraverso un lavoro politico e sindacale). In questo anno riuscirà a distribuire 20.000 copie di Zutik (il numero 48), una diffusione tra le più grandi di sempre.
Il 7 giugno 1968 segnerà una data spartiacque: Txabi Exebarrieta (23 anni), uno del leader più influenti di ETA, fermato ad ad un posto di blocco, reagirà sparando ad un agente, uccidendolo. Poco dopo, nella fuga, sarà colpito a sua volta, mortalmente. Sarà uno shock per la società basca. Txabi si trasformerà in un mito.
ETA, alla luce di questi fatti, valuterà ora che si può avanzare nel processo di lotta, arrivare alla tappa che prevede azioni dirette contro gli agenti dell'oppressione.
Ed infatti il 2 agosto 1968 si eseguirà la prima azione armata mortale premeditata di ETA, contro un capo commissario e torturatore: Melitòn Manzanas. Come dichiarato da ETA ora “l'esecuzione non era solo tecnicamente possibile, ma politicamente conveniente”[2]. La teoria della spirale azione-repressione-azione entra nel vivo.
A seguito dell'azione mortale premeditata la ripercussione sarà enorme. Il regime imporrà lo stato d'emergenza, verranno soppressi diritti civili ed un onda reazionaria colpirà la popolazione basca. L'organizzazione in un primo momento uscirà rafforzata dal prestigio di quest'azione, contando solo poche detenzioni. Alla fine del 1968 ETA, infatti, raggiunge la sua massima forza di sempre: 600 militanti e diverse decine di funzionari. Ma sarà appena dopo che dovrà scontare le cadute di diversi leader dovute alla azione repressiva del regime, portando quasi allo smantellamento l'organizzazione. Così nel 1969 tutti i membri della direzione si troveranno detenuti o in esilio, lasciando l'organizzazione e l'attività in uno stato di impasse, un'organizzazione praticamente smantellata. Sorge una nuova direzione, composta da giovani quadri intermedi, e vicina a posizioni operaiste. La recente ondata repressiva (a titolo esemplificativo: un giovane, per aver distribuito Zutik, sarà condannato a 10 anni di prigione) darà motivo di una nuova riflessione interna profonda.

GLI SCONTRI DEL SESTO CONGRESSO, BURGOS, ETA V ED ETA VI
Il 1970 risulterà un anno mite per la lotta, dove ETA rilancia la campagna del Fronte Nazionale, indirizzata prevalentemente al PNV e ad EGI (e settori della borghesia), senza nessun successo. Per l'organizzazione, come nel passato, resta la prospettiva socialista, ma passando per una prima fase di liberazione nazionale: “nelle nazioni private della loro sovranità politica, come il Paese Basco, la lotta di classe prende la forma della lotta di liberazione nazionale” [3].
Ma la direzione, nel giugno dello stesso anno, spinta anche dai sentimenti e dai contributi della base, compierà un giro di 180 gradi. L'idea del Fronte Nazionale sarà accantonata, ci si indirizza invece verso la trasformazione di ETA in un partito della classe operaia. Nei documenti usciti dalla direzione in vista del prossimo congresso si parla comunque di alleanze con forze patriottiche, e non ci sarà nessuna rottura con la teorizzazione dell'attività armata sebbene emerge una certa prudenza. Grande è la confusione e l'incertezza.
L'organizzazione sarà investita da un'alluvione di discussioni, di critiche ed autocritiche, dove le questioni ideologiche saranno riprese quasi da zero. Queste sfoceranno negli scontri della VI Assemblea, nel settembre del 1970.
Sorge una corrente, minoritaria, composta dalla direzione del Fronte Militare e da alcuni vecchi dirigenti (il “gruppo dei cinque”) con posizioni anticolnialiste e terzomondiste (non marxiste), fedeli alla linea uscita dalla V Assemblea. Questa corrente lavorava per contrastare la deriva, secondo loro, dell'organizzazione verso l'abbandono del nazionalismo e della lotta armata e l'approdo nuovamente a posizioni spagnoliste e liquidazioniste (avvertivano e denunciavano il pericolo che la direzione andasse a ripercorrere la stessa strada che 4 anni prima portò alla scissione di ETA-Berri). Il Fronte Militare arrivò a decidere di operare senza il consenso della direzione, e reclutando propri militanti.
Un'altra corrente d'opposizione fu quella delle “Cellulas Rojas”, di stampo marxista-leninista, che opponeva una diversa visione ideologica e criticava la direzione di non abbandonare la politica del Fronte Nazionale e della lotta armata.
La VI assemblea, in poco tempo, senza neanche cominciare a discutere i documenti, vede lo sfaldamento delle tre correnti: il gruppo costruito dal Fronte Militare dichiara illegale l'assemblea, adducendo difetti di forma, e manifesta la rottura con la stessa; l'assemblea, a sua volta, approva l'espulsione del gruppo; le “Cellulas Rojas”, dopo il rifiuto dell'ipotesi di accordo fatta dalla maggioranza per una direzione in comune e continuare il dibattito, dichiararono la rottura con l'organizzazione. Si estingueranno presto senza nessun peso reale.
Il gruppo del Fronte Militare e dei cinque vecchi dirigenti, ora separati dal resto dell'organizzazione, rivendica il nome di ETA e farà appello a mantenere l'organizzazione dentro il quadro della V assemblea, denunciando la corrente uscita maggioritaria di essere spagnolista e marxista-leninista. Questa scissione sarà conosciuta come ETA V Asamblea Askatasuna ala hil (libertà o morte), e quest'organizzazione si rimetterà subito al lavoro per ricostruirsi, riprendendo la teoria del Fronte Nazionale e la teoria di liberazione nazionale basata sul modello dei paesi coloniali (sposando posizioni etniciste).
La parte che rivendicherà valida e legittima l'ultima assemblea sarà conosciuta come ETA VI Asamblea Iraultza ala hil (Rivoluzione o morte), che da lì comincerà un progressivo allontanamento dalle posizioni originarie di ETA, provocando l'allontanamento di molti suoi militanti. ETA VI, dopo l'elezione della nuova direzione ed alcune decisioni di carattere tecnico, decidere di svolgere una seconda parte della VI Assemblea per definire la parte ideologica. Si realizzerà in qualche modo nel dicembre del 1972, in un piano diverso da quello voluto originariamente, causa le costanti trasformazioni in atto dell'organizzazione. Dopo quell'assise l'organizzazione decide di distinguersi formalmente con la denominazione ETA (VI) (prima la firma di entrambe le organizzazioni restava semplicemente quella di ETA).
Molta parte della militanza aspetterà per decidere con che ETA stare, controllando di continuo l'evoluzione dei due gruppi. Tra le organizzazioni inizia la battaglia per la legittimità di ETA.
La situazione s'incendia nell'agosto del 1970. Viene annunciato un maxi-processo contro ETA, conosciuto come processo di Burgos, per cui si chiede, per l'esecuzione di Meliutòn Manzanas, la pena di morte per 6 militanti, per altri 11 militanti condanne da 12 a 70 anni. Il regime ha scelto il pugno duro. Ma dall'altra parte la risposta del movimento basco si pone all'altezza dello scontro, trasformando contemporaneamente ETA nell'espressione dell'identità collettiva basca. Si verificano le più grandi mobilitazioni della storia del popolo basco.
Mentre si sviluppa l'onda di questa mobilitazione ETA si trovava già scissa in due organizzazioni distinte, entrambe debilitate. ETA VI controllava la struttura e la maggioranza della militanza, ma era carente di armi e di fondi. Situazione opposta a ETA V che, in risposta al processo, arrivò a sequestrare e a tenere in ostaggio il console onorario della Repubblica Federale Tedesca (rilasciandolo in un secondo momento, non senza critiche interne).
Nel dicembre 1970 si ha l'inizio vero e proprio del processo, e da qui parte l'escalation di mobilitazioni che supereranno le frontiere arrivando in tutta Europa.
A fine dicembre il regime rimarca la linea dura confermando le le pene, ma questa linea non è sorretta da una reale forza della dittatura. Le pressioni popolari e diplomatiche di quei giorni costrinsero Franco a commutare le pene di morte in ergastoli. La crisi del dicembre 1970 era l'inizio della fine della dittatura.
Il regime impara una lezione: la repressione si sposterà su altre strade, i militanti rivoluzionari sarebbero stati eliminati fisicamente appena ce ne fosse stata l'occasione, senza passare per processi e tribunali.
C'è da dire che i militanti processati non riconoscevano legittima ETA V, ed anzi l'attaccavano direttamente, politicamente (da sinistra) e personalmente. Per loro era ETA VI (seppur non conoscendo per completo la linea della direzione) l'unica organizzazione legittima.

ETA VI IN EVOLUZIONE
Ma anche in ETA VI venne il tempo in cui affiorano critiche e divergenze interne. La confusione è molta, la mancanza di agibilità democratica gioca contro.
ETA VI, aldilà delle critiche infondate che gli venivano mosse da destra da ETA V riguardo derive spagnoliste (critica volta a identificarli come replica dell'esperienza degli operaisti di ETA-Berri di quattro anni prima), cominciò progressivamente un allontanamento dal solco storico di ETA, marcando sì una linea marxista-leninista ma non solo. Prima attraverso cambi metodologici di lotta (sospensione dell'attività armata) e critiche generiche all'ETA del passato, poi pubblicamente con articoli teorici. Una rilettura della teoria marxista, una messa in discussione dell'azione armata, l'attenzione della dirigenza e di quadri intermedi verso questioni di carattere più generale, estranei alla realtà basca. Si vuole sorpassare l'ideologia che fin qui ha caratterizzato l'organizzazione: il nazionalismo borghese, così definito da ETA VI.
Un cambio non senza prezzo: crescente è il flusso di militanti che, critici della nuova linea, sceglie di andare (o ritornare secondo i punti di vista) in ETA V.
Nel 1971 si ripropone in terra basca la questione del Fronte Nazionale: la grande forza espressa nelle mobilitazioni contro il processo di Burgos indirizza le forze politiche basche a sfruttarne la scia per rivendicare altre questioni democratiche. Nessuna forza vuole restare marginalizzata, e si avviano i negoziati per costruire il Fronte Nazionale. ETA VI, pur criticando in un primo momento l'idea del Fronte, parteciperà ai dibattiti, in modo tattico: partecipare a queste riunioni “serve perché risulti chiaro, e negli interessi della rivoluzione, il problema del Fronte e la rottura con i cliches frontisti metafisici che noi stessi abbiamo creato nella nostra storia”[4]. Parte della direzione comunque rimaneva sfavorevole a questa ipotesi di partecipazione. ETA VI proporrà così al tavolo alcune rivendicazioni avanzate miste a rivendicazioni tipiche marxiste-leniniste: “distruzione violenta dello stato e imposizione dei consigli popolari armati”; “diritto alla separazione e riunificazione nazionale esercitato attraverso un Governo Popolare Basco formato da Consigli Popolari”; “socializzazione senza indennizzo dei beni dell'oligarchia, degli imperialisti e di altri controrivoluzionari”[4]. Le riunioni termineranno presto date le differenze di fondo con le altre forze. ETA V invece resterà al tavolo fino in fondo. Ma il progetto di Fronte Nazionale abortirà.
Nel marzo del 1971 si ha la detenzione di diversi membri di ETA VI, tra cui molti della direzione. Molti andranno in esilio.
La linea politica di ETA VI di questo periodo potremo identificarla giustamente nel marxismo-leninismo, sebbene l'organizzazione non lo espliciti direttamente. E di fatto l'organizzazione non è ancorata a livello organizzativo, e nemmeno ideologico, a nessuna corrente m-l, e meglio a nessuna corrente in generale. La linea politica segue una continua evoluzione progressiva, e non stupisce che allo stesso tempo alcuni membri della direzione allaccino contatti con la Ligue Communiste Révolutionnaire (LCR), sezione francese della IV Internazionale.
Proprio per la diffidenza e la contrarietà a questi rapporti tra alcuni dirigenti e la LCR si forma nell'organizzazione una piccola tendenza, conosciuta come El Bloque (o Barnuruntz), che nell'agosto del 1971 arriva ad assaltare la sede di ETA VI di Baiona con lo scopo di prender possesso degli archivi. Questa tendenza verrà subito espulsa.
Non c'è da stupirsi se, dopo questi fatti, ancor più perplessità regna tra i militanti di base.
E' nel settembre del 1971 che ETA VI annuncia ufficialmente, nel suo organo Zutik, la rottura con la sua storia: “non si tratta di un passo in avanti in un'evoluzione interrotta, bensì letteralmente un taglio: la rottura di ETA con il nazionalismo (...), il taglio con l'interclassismo inerente all'ideologia nazionalista”[5]. L'oppressione nazionale è “una manifestazione della lotta di classe”, per questo “solo la democrazia totale (che implica il socialismo) potrà risolvere definitivamente l'oppressione nazionale”[5]. Introdurre la lotta contro l'oppressione nazionale “dentro il processo globale per la lotta per il socialismo”[5], contro la tradizionale tesi del “facciamo prima un Euskadi libero e poi risolviamo le contraddizioni sociali”. L'opzione definitiva, separazione o confederazione, dovrà quindi realizzarsi secondo l'interesse globale socialista. Da qui la rivendicazione del diritto di autodeterminazione del popolo basco, inteso nella concezione marxista.
Anche se un certo apparato militare veniva mantenuto, l'azione della lotta armata, considerata “attivismo minoritario” già con la VI Assemblea, si abbandonò senza risoluzioni politiche perché considerata unita alla rottura col nazionalismo. Per una vera discussione teorica su questo tema si dovrà aspettare un anno e mazzo, dove ne esce punto di vista non contrario alla violenza armata in generale, bensì al modello sostenuto da ETA V. Da ora piena dedizione della militanza al lavoro politico nelle fabbriche, nelle città e nei centri d'istruzione. E da qui parte un'immersione conoscitiva nel mondo trotskista, ben accessibile alla direzione in esilio in Francia.

MINOS E MAYOS
Dopo aver ripreso fiato dalle detenzioni ed essersi ricomposta e ricresciuta, nel luglio del 1972, ETA VI conosce un'ulteriore scissione: si scontrano i cosiddetti Mayos e Minos (rispettivamente “maggioritari” e “minoritari”, del Comitato Nazionale). La rottura con il nazionalismo non aveva lasciato posto ad un nuovo definito orientamento politico per la propria lotta contro l'oppressione nazionale, ancor meno un progetto globale anticapitalista di fronte alla crisi del regime franchista. Quello che restava era invece una certa confusione e diverse contraddizioni. Il punto centrale, su cui si sviluppa la divisione tra i due settori riguarda la cosiddetta “tattica della trasformazione” di ETA VI in un partito operaio, sulle diverse visioni, sui suoi contenuti.
Il settore dei Minos restava legato ad una visione e prospettiva che partiva dalla propria realtà e dalle proprie esperienze. I Mayos intendevano avanzare indagando anche nelle teorie marxiste esistenti, avvalorando altre situazioni internazionali, farle proprie. Secondo quest'ultimi sarebbe un fallimento cercare di definire un progetto rivoluzionario da sole esperienze proprie. I Minos inoltre non vedevano di buon occhio le relazioni di diversi membri della direzione con la LCR francese.
Il Comitato Esecutivo nel marzo del 1972 emana un bollettino nel quale viene affrontato il tema centrale del ruolo e della costruzione del partito leninista, non solo nel territorio basco, si pone la necessità di avere un riferimento strategico centrale, una linea chiara e precisa (“mai avuta nel passato”) e un'analisi teorica più profonda su diversi versanti per la costruzione di un partito rivoluzionario. Un mese dopo, un membro dell'esecutivo e due della direzione, che vivevano in esilio e da tempo avevano relazioni con la LCR e la IV Internazionale, si spinsero a dichiarare apertamente la loro adesione al trotskismo e fecero appello a ETA VI di far propri alcuni dei principi che la IV Internazionale sosteneva. Nasce la “tendenza marxista rivoluzionaria di ETA”. Questa presa di posizione polarizzò il dibattito preparatorio dell'Assemblea (la seconda parte della VI Assemblea che si era deciso di organizzare ancora subito dopo la prima parte di due anni prima) e si arriva alla scissione al Comitato Nazionale del 1972 con entrambe le due parti che contavano l'appoggio di metà dell'organizzazione.
Il settore dei Minos si dissolse però presto, diversi di loro confluiranno in varie altre organizzazioni (di diverso stampo), e in ETA V. I Mayos invece, che legittimamente, dal punto di vista democratico, portavano avanti il nome di ETA, realizzarono la seconda parte della VI assemblea in dicembre. Dalle risoluzioni di questa si afferma la necessità di un unico partito rivoluzionario per tutto lo stato spagnolo, negando allo stesso tempo che ETA VI rappresentasse l'asse centrale per farlo. Vennero riconosciute altresì prioritarie, proprio per questo obiettivo, le relazioni con la LCR (Liga Comunista Revolucionaria), nata nello stato spagnolo nel 1971.
Occorre evidenziare che la capitolazione alle nuove teorizzazioni castriste e movimentiste degli anni sessanta e settanta da parte del Segretariato Unificato della IV Internazionale, nel 1969 (in occasione del suo IX congresso mondiale), ha facilitato il processo di approdo di ETA VI al trotskismo. La IV Internazionale giustificava la guerra di guerriglia ed anzi la poneva centrale nella lotta per il potere in America Latina. In “Combate”, la rivista teorica della LCR, apparvero infatti articoli favorevoli a qualche tipo di propaganda armata. Per un periodo fu una possibilità contemplata anche dalla LCR, ma mai compiuta.

L'UNIONE
Il 14 maggio 1973, si realizzò il “protocollo d'intesa ETA-LCR”, che avviava un percorso orientato alla fusione delle organizzazioni. E fu nel novembre del 1973, attraverso il III Congresso della LCR e la VII Assemblea di ETA, svolti quasi parallelamente, che si ha la fusione delle organizzazioni. La nuova formazione si chiamerà ufficialmente LCR-ETA(VI). Venne eletto un Comitato Centrale unificato e si formò un Ufficio Politico con rappresentanti delle due organizzazioni. L'organizzazione del paese basco disporrà comunque di un'autonomia tattica ed organizzativa, apporterà alla sezione della IV Internazionale un buon numero di militanti radicati nelle fabbriche, e nelle carceri.
Il congresso della LCR adotterà una risoluzione sulla questione nazionale e coloniale: una discussioni iniziata da tempo ma che non aveva visto ancora una posizione ufficiale. E così ne esce un'analisi ed una politica di intervento riguardo la questione delle nazionalità oppresse che si inserisce di fatto nella concezione tipica del marxismo rivoluzionario sulla questione. Dopo un'attenta analisi sulle relazioni tra le classi nella terra vasca e nello stato spagnolo, e sulle contraddizioni tra autodeterminazione del popolo basco e capitalismo, si rivendica il libero diritto democratico all'autodeterminazione contro l'effettiva oppressione nazionale da parte dello stato spagnolo. Possibile solo con il superamento dell'attuale sistema capitalistico. Sostenere un'autodeterminazione di classe, allacciata alla battaglia contro l'oppressione politica ed economica, che attraverso lo “Sciopero Generale Rivoluzionario” possa porre all'ordine del giorno l'instaurazione di un governo dei lavoratori: unico soggetto in grado risolvere il problema dell'autodeterminazione. Combattere lo spagnolismo, ma allo stesso tempo il nazionalismo basco. Unificare la classe operaia dello stato spagnolo. Dichiarando il fine della Repubblica Socialista Federale e degli Stati Uniti Socialisti d'Europa, allacciando anche rivendicazioni minime e transitorie (“insegnamento della lingua basca finanziato dallo stato, bilinguismo nell'istruzione, difesa contro la repressione di tutti i militanti nazionalisti”). Negli stessi documenti si analizza la questione della rivendicazione dell'autodeterminazione della Catalogna e della Galizia (non avendo caratteri uguali alla realtà basca questi temi suscitarono maggior dibattito).
Sulla questione poi della costruzione del partito rivoluzionario le posizioni, espresse nel documento principale, sembrano quasi anticipare quelle espresse dal X Congresso della IV internazionale, dove si scorge una certa fiducia sulla nuova avanguardia di massa, indirizzando il lavoro di egemonia verso questo settore. Si dichiara allo stesso tempo che “l'attualità del lavoro all'interno del PCE, soprattutto su scala locale, può essere perfettamente all'ordine del giorno”[6].
I documenti del congresso di ETA (VI) furono per gran parte elaborati sulla base di testi e documenti congressuali della LCR e senza nessuna visione autocentrata della propria realtà territoriale, anzi. La lotta contro l'oppressione nazionale nei Paesi Baschi si inserisce nella concezione del tema delle nazionalità oppresse del marxismo rivoluzionario, nel solco dell'analisi che fa la LCR, qui sopra esposta, ma in maniera meno approfondita. Per poter avanzare e portare a termine questa lotta generale, in opposizione a tutte le altre ipotesi fallimentari (nazionalismi di vario tipo), si dichiara conseguentemente che occorre procedere alla fusione organica con la LCR e con la IV Internazionale. Senza eludere difficoltà che permangono nella costruzione di quest'ultima, in particolare si fa riferimento ai problemi in piena discussione riguardo il tema della lotta armata in America Latina e la radicalizzazione dell'avanguardia in Europa.
Il documento congressuale di ETA (VI) affronta anche il tema dell'autodifesa operaia (concepita correttamente) e delle milizie rivoluzionarie (che siano capaci tra le altre cose di “sviluppare azioni di propaganda armata capaci di educare l'avanguardia e aprire una prospettiva più ampia alla lotta attuale delle masse”[7]). Temi che la LCR non sviluppa.

ETA V, OPERAZIONE OGRO ED LCR-ETA (VI)
Invece ETA V, dopo la scissione da ETA VI, cercò di riprendere la continuità dell'ETA delle origini, quella, secondo loro, della V Assemblea e del nazionalismo rivoluzionario. Fu capace di ricostruirsi pian piano. L'aiuto arrivò da diversi militanti che abbandonavano ETA VI e dalla fusione, nel 1972, con EGI (la giovanile, da tempo autonoma, del PNV). Con questi apporti l'organizzazione arrivò a contare circa 500 militanti. L'attività ora si concentrava soprattutto nelle azioni armate (71 nel 1972) ma andando ad interessare anche l'arena operaia, sull'onda della combattività del settore. Sequestri importanti, in sostegno alla lotta operaia, faranno acquisire a ETA V forza, importanza e credibilità per porsi come l'erede storico della sigla ETA. Gli stessi sequestri porteranno, allo stesso tempo, grandissimi introiti all'organizzazione. L'organizzazione conoscerà comunque perdite dovute alla repressione, uccisioni sommarie da parte della polizia, paralizzando per un periodo l'attività politica. L'organizzazione ora separata in due fronti, quello militare e quello operaio, rivendicherà l'adesione all'ideologia marxista.
Il 20 dicembre 1973 accadde un avvenimento cruciale, per la storia di ETA, per la storia della Spagna. Proprio ETA V fu l'artefice di questo evento attraverso l' ”operazione Ogro”: un attentato spettacolare nel quale fu letteralmente fatto saltare in aria Luis Carrero Blanco, il presidente del governo e l'uomo designato come futuro successore di Franco (ormai vecchio e indirizzato verso la morte).
Inizialmente l'operazione era studiata (da più di un anno) come sequestro, dell'allora vicepresidente Carrero Blanco, come moneta di scambio per la liberazione dei compagni incarcerati di ETA. Si cambiarono le intenzioni quando, nel giugno 1973, fu nominato presidente del governo al posto di Francisco Franco, decidendo per la sua l'eliminazione intesa come azione di lotta contro la sopravvivenza di un “franchismo senza franco”, un'operazione intesa come “un avanzata sull'ordine fondamentale nella lotta contro l'oppressione nazionale e per il socialismo nel Paese Basco e per la libertà di tutti gli sfruttati e oppressi nello Stato Spagnolo”[8].
La nuova LCR-ETA (VI) si scontra subito con questo avvenimento cruciale, mettendola alla prova. L'organizzazione conoscerà un intenso dibattito nella sua direzione (ci vien da pensare non solo tra membri ex LCR e ex ETA), arrivando a posizioni di accordo riassunte in un documento. “Un appoggio politico espresso dal primo momento della nostra organizzazione all'azione di ETA V. Tanto per lo stimolo che l'esecuzione di Carrero significherà per le masse, (...) come per l'effetto che la sua scomparsa avrà nella classe dominante, gli effetti dell'attentato ci sembrano positivi. Per questo, il nostro appoggio all'azione è totale”[9]. Viene criticata comunque la linea militarista-terrorista di ETA V, da un lato riaffermando che la storia la fanno le classi sociali e non gli individui, dall'altro giustificando in particolari casi l'azione terrorista. Di più, si rivendica la trasformazione dei picchetti di autodifesa, al tempo in crescita, in milizie armate attraverso “azioni di propaganda armata. Cioè: azioni esemplari, necessariamente minoritarie”[9].

IL PRIMO CONGRESO LCR-LKI
Per arrivare al primo vero congresso di unificazione, nell'agosto del 1976, LCR-ETA (VI) passerà per nuove analisi e aggiustamenti sulla tattica (Sciopero Generale Rivoluzionario e unità d'azione dei rivoluzionari per conquistare la direzione del movimento operaio, ancora piegato alle forze riformiste). Passerà per un innalzamento della conflittualità sociale, fatta di grandi scioperi e lotte operaie che nel finire del 1974 daranno nuova forza alle organizzazioni dell'estrema sinistra, mentre il PCE si ostina a giocare un ruolo controrivoluzionario. Passerà per nuovi tradimenti dell'estrema sinistra (di stampo m-l e maoista) che si accoderà al modello di transizione pacifica delle forze del regime, quindi obbligando l'organizzazione ad accantonare la sua politica della “alleanza dei rivoluzionari”. Poi nuove mobilitazioni in terra Basca. La morte il 20 novembre 1975 di Francisco Franco e la successiva mobilitazione antifranchista. Rapide trasformazioni politiche e sociali. E nuovi crimini del regime.
Nel 1976, nella nuova fase e nel nuovo contesto, l'asse rivendicativo dell'organizzazione stava nella “dissoluzione dei corpi repressivi, la legalizzazione immediata di tutti i partiti operai, l'abolizione della monarchia juancarlista e la convocazione immediata di elezioni libere, a suffragio universale, per l'assemblea costituente”. [10]
Riguardo al tema dell'emancipazione del Paese Basco e delle altre nazionalità, si difendeva il diritto di autodeterminazione, prendendo le distanze dalle altre opzioni di collaborazione di classe che esprimevano le altre forze dell'estrema sinistra. “I marxisti rivoluzionari sono partigiani di una forma federale della strutturazione dello stato. Questo perché pensiamo che è la formula che meglio combina l'esistenza di una amplia autonomia politica delle nazionalità con il mantenimento di un unico stato – che ci sembra più favorevole - per l'avanzata fino alla rivoluzione socialista rispetto all'esistenza di vari stati separati”.[11] Però, si dice, un'unione libera potrà esserci solo se verrà fatto valere il diritto di autodeterminazione dei popoli. “Non un governo provvisorio, non l'Assemblea Costituente Centrale. Solo il popolo basco decide.”[11] “Di fronte all'argomento della necessità di una struttura politica provvisoria per organizzare l'effettivo potere all'autodeterminazione, poniamo la rivendicazione che esige la convocazione immediata, su base di un suffragio universale, di un'Assemblea Nazionale Sovrana.[11] Solo nel 1989 l'organizzazione basca rivendicherà l'indipendenza.
Nell'agosto del 1976, quindi, si realizza il I Congresso di LCR-ETA (VI), che di fatto ebbe carattere costituente. Il documento presentato si intitola “Costruire un partito comunista rivoluzionario” e analizza la situazione politica e sociale spagnola, articola la tattica, e gli assi per la costruzione appunto di un partito comunista rivoluzionario. Scritto nel contesto della traiettoria, intrapresa dal X Congresso del Segretariato Unificato della IV Internazionale (1974), dell'abbandono della costruzione di partiti leninisti, dell'adeguamento alla direzione centrista e piccolo-borghese dei movimenti.
Il congresso approva una linea già marcata nel periodo precedente, senza svolte né tanti nuovi concetti. Lo sciopero generale (dopo la morte di Franco non più Sciopero Generale Rivoluzionario) è la principale parola d'ordine di agitazione dell'organizzazione, ritenuta centrale nel processo di abbattimento della dittatura. L'asse rivendicativo si concentra nella convocazione immediata di elezioni per un'assemblea costituente; elezioni municipali libere; piena legalità per tutti i partiti operai; libertà di associazione, manifestazione, sciopero, informazione; proclamazione della Repubblica da parte dell'assemblea costituente; sostegno alla lotta contro l'oppressione nazionale e per il diritto di autodeterminazione dei popoli oppressi, sempre intesi nel quadro marxista-rivoluzionario disegnato nella fase precedente. Inoltre spinta all'auto-organizzazione delle masse e rivendicazione del Governo dei Lavoratori. Tattica del Fronte Unico e lotta per la conquista della direzione del movimento operaio ancora piegato alla collaborazione di classe.
Le rivendicazioni transitorie (Governo dei Lavoratori, creazione dei consigli operai, intervento nell'esercito..) sembrano però scollate dall'intero programma di rivendicazioni, poste in un piano superiore rispetto alle rivendicazioni democratiche, inoltre si ha la mancanza di altre rivendicazioni transitorie centrali.
Una nota: pochi mesi prima del congresso si formò una tendenza, denominata “T1”, che criticava la direzione di aver intrapreso una svolta a destra, quindi rimarcava l'importanza della rivendicazione dello “Sciopero Generale Rivoluzionario”, l'importanza della dinamica dell'autoorganizzazione e degli scontri violenti. Questa presenta un testo alternativo sul tema dell'autodifesa. Alla fine del congresso la T1 annunciò la dissoluzione come tendenza.
Per la prima volta nella sua storia l'organizzazione approva una risoluzione sull'oppressione della donna. Le altre due risoluzioni riguardano la gioventù (creazione dell'organizzazione giovanile FJCR) e la questione nazionale (riprendendo concetti già espressi).
Nello stesso congresso si dà mandato alla Direzione Centrale di verificare la linea uscita dall'imminente congresso della Liga Comunista (ex scissione della LCR del 1972 e organizzazione simpatizzante della IV[12]) sull'ipotesi, già allo studio, dell'unificazione con la LCR (effettivamente conclusasi nel 1978). Lo stesso compito nei riguardi della Liga Socialista Revolucionaria (organizzazione morenista, scissasi da LC nel maggio 1976). Altre attenzioni rivolte al Organización Comunista de España (Bandera Roja) (di ispirazione maoista) e all'Organización de Izquierda Comunista de España (organizzazione centrista, poi approdata al maoismo), con l'inizio di discussioni e relazioni indirizzate ad un processo di unificazione (non sbocciato, se non in altre forme una quindicina di anni più tardi).
Per ultimo alcuni dati[13]: l'organizzazione al tempo contava alcune centinaia di militanti e simpatizzanti, con un rapporto 40-60. Contava su una presenza statale, anche se disomogenea: il Paese Basco era il territorio dove l'organizzazione era più sviluppata, seguito dalla Catalogna e dalla Galizia, poi altri centri minori. La presenza femminile era scarsa: nella base pesava per un terzo, nel cc il 10%. L'Età media dell'organizzazione era di 23 anni. Il 28% di chi aveva partecipato al congresso era stato in carcere. La LCR disponeva del quindicinale Combate, la LKI Zutik!
Dopo questo congresso l'organizzazione statale tornò a chiamarsi LCR, mentre quella del Paese Basco LKI (Liga Komunista Iraultzailea).
Dall'altro versante invece la storia di ETA V (poi conosciuta e identificata nuovamente semplicemente come ETA), dopo l'attentato a Carrero Blanco continuerà, con altre repressioni, altre scissioni, altre trasformazioni, e sangue.


[1] Goiri, “El socialismo vasco y el Frente Nacional”, Zutik nº 44, Gennaio 1967
[2] ETA, Zutik n°50, dicembre 1968.
[3] ETA, Batasun langile: Maiatzaren lehena-1 de Mayo, Aprile 1970
[4] ETA VI, Kemen n° 6, organo di discussione interna.
[5] ETA VI, Zutik n°53.
[6] III Congreso de la LCR, “Construir el Partido Revolucionario”, Comunismo nº 7, dicembre 1973.
[7] Senza firma, “Construir el Partido con la LCR”, Zutik nº 61, novembre 1973, pp. 36-60
[8] Comunicato di ETA V del 20 dicembre del 1973
[9] Gainza, J., “La ejecución de Carrero: Un debate entre revolucionarios”, Combate nº 22, 12 gennaio 1974.
[10] Editoriale, “Pactos: con quién y a qué precio”, Combate nº 48, 29 marzo 1976.
[11] Fernández, J.A., ”18 de abril. Aberri Eguna”, Combate nº 48, 29 marzo 1976
[12] Dal 1972, quando la Liga Comunista si scisse dalla Liga Comunista Revolucionaria, permasero in Spagna due organizzazioni simpatizzanti della IV Internazionale (allora fatto inusuale). La situazione cambia nel 1978 quando, dopo la riunificazione delle due organizzazioni, l'organizzazione ufficiale si presenta come LCR - IV Internazionale.
[13] I Congresso LCR-ETA(VI), “Construir un Partido Comunista Revolucionario”, 1 agosto 1976.

Elder Rambaldi

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